Mentre la FIMI si offende e minaccia, disordinatamente, azioni legali contro chi ritiene/afferma che l’industria dell’intrattenimento abbia responsabiità nel redirect delle connessioni verso The Pirate Bay, molte verità vengono a galla. E non sono bellissime per i discografici.
Poi, visto che, nei commenti ad un post precedente, Enzo Mazza mi ha dato un po’ del “leggerino” (per così dire) nell’accusare i discografici (cosa che non ho mai fatto) c’è qualche motivo in più per chiarire le cose (giudicate voi se un pur titolato manager con questo profilo Linkedin o queste altre credenziali può seriamente opinare la mia professione, le mie considerazioni giuridiche).
Diciamo, tornando al punto, che gli “indiziati” (ma, poi, vedremo di cosa) possono essere cinque, distinti (parto dal PM che, denunce-querele e indagini a parte, origina sicuramente il tutto):
– il PM che ha richiesto il sequestro;
– il GIP di Bergamo;
– la GdF che ha curato le indagini e, soprattutto, ha eseguito il sequestro;
– gli ISP che, tecnicamente, hanno operato il redirect;
– i titolari del server su cui le connessioni sono ridirezionate e che contiene l’avviso di sequestro (il cd. “pecettone”).
Escludiamo subito i primi due soggetti. Non per piaggeria o servilismo (non condivido una sola parola di quello che hanno scritto, peraltro in tandem malgrado un primo rigetto, ma sono critiche giuridiche che staranno altrove), quanto perché decreto e richiesta (quest’ultima sostanzialmente identica al primo) non contengono una sola parola in tal senso (e non poteva essere altrimenti, atteso che i magistrati, come il sottoscritto, non hanno determinate competenze tecniche). Parlano, molto semplicemente, di “inibizione all’accesso”. Che, se chiudi la porta di accesso ad un locale, non significa “deviare” forzatamente (e in modo non necessariamente trasparente) i visitatori verso un altro àmbito potenzialmente pericoloso e gestito da soggetti estranei all’Amministrazione della Giustizia, anzi potenzialmente interessati a determinati esiti. Inibire significa soltanto chiudere la porta. Punto. Tutto il resto è andare oltre. Qual è la differenza tra discrezionalità e arbitrio?
Saltiamo agli ISP. Tutti sappiamo che gli operatori hanno, tecnicamente, provveduto in modo diverso. E al di là delle scelte tecniche, la cosa rimane piuttosto inquietante perché dette scelte sono troppo distanti tra loro per rientrare nell’alveo, appunto, delle differenti opzioni (tecniche). Emblematico è il caso di H3G che (verificato ancora questa sera) attua un redirect su un server riconducibile alle Major contenente una pagina di avviso apparentemente formata dalla GdF.
Fastweb, in risposta a Gambirasio, dà qualche informazione aggiuntiva. Non completa, ma preziosa. Il provider parla di una “disposizione” (che, dove vige la lingua italiana, è sinonimo di “ordine”) ricevuta dalla Polizia Giudiziaria (nel caso concreto, la Finanza) di reindirizzare verso una pagina web (definita “di cortesia” – sic) da essa indicata. E, qui, penso che la cosa sia inequivoca anche se, come anticipato, nessuno ci dice quale sia la pagina (e il server). I 21, però, la stessa Polizia Giudiziaria ha cambiato ordine imponendo di deviare il tutto su un errore generico. Questo dice Fastweb.
Cosa sta in mezzo tra le prime disposizioni e il contrordine? Molto verosimilmente la scoperta, da parte di Sunde e Flora, di un redirect anomalo e imbarazzante. Notizia che non si è fermata sulle pagine dei due blogger, ma che ha avuto vasta eco su tutto il Web. Se non avesse meritato tale evidenza come sarebbero andate le cose? E per quanto tempo?
In mezzo, per la verità, sta anche un altro accadimento. Sconosciuto ai più perché di minore diffusione. L’Eco di Bergamo ha pubblicato, su Web, la notizia del “sequestro” di TPB con la reazione della Baia. Altro, sulla versione online liberamente accessibile, non mi risulta. Carta, invece, canta. Edizione del 19 agosto 2008 (guarda caso, due giorni prima del contrordine menzionato da Fastweb), pag. 11 – Città. QUI trovate l’articolo (gentilmente fornito dal Partito Pirata – è a fondo pagina), a firma Fabio Conti. Di seguito ne espongo il succo.
Scopo dell’articolo è, in primis, quello di riportare la “difesa” della GdF smentendo che ci sia una schedatura degli utenti (o una schedatura utilizzabile in giudizio, che è un’altra cosa). Ma le ammissioni sono immediate. La GdF ha “chiesto” a Ifpi di ospitare il comunicato del sequestro, ma “soltanto per una questione tecnica”. Perché, in un primo momento, la pagina doveva essere ospitata sul server FPM (Federazione contro la Pirateria Musicale, costola italiana di Ifpi, “figlia” di FIMI e, nel caso concreto, denunciate-querelante), ma siccome era stato oggetto di presunti attacchi, alla fine la richiesta è stata rivolta a Ifpi. Il che, per la verità, non sposta di molto il problema. Italiani o inglesi, piacerebbe sapere come sia saltata in mente quest’idea, volando bassi definibile almeno bizzarra, di ridirezionare le connessione rendendo possibile a privati (e basta la possibilità) tutta una serie di operazioni (non soltanto di raccolta) sui dati degli utenti (l’IP è un dato personale, se incrociabile – è pacifico).
Dunque, scagionati i magistrati (ma, a mio parere, era già facilmente immaginabile sebbene un maggior controllo da parte loro sarebbe stato doveroso), preso atto che (altrettanto prevedibilmente) gli ISP hanno soltanto obbedito a un ordine (ma rimane il mistero del diverso comportamento di H3G) è inevitabile guardare alla GdF (che, senza un ordine specifico del GIP, anzi, andando oltre, ha chiesto – non ordinato il redirect) e ai discografici che hanno accettato di fare qualcosa di quanto meno anomalo, mai visto. Per la verità, ci mancano due documenti rilevanti. Prima di tutto, l’ordine di esecuzione del decreto di sequestro redatto dal PM (ma, di solito, si tratta di poche righe “formali”, da escludere che il PM abbia aggiunto qualcosa). Poi, dovrebbe esserci anche il verbale di esecuzione del sequestro, atto proprio della PG. Ma, viste le ammissioni proprio della GdF, non penso che possa stravolgere le posizioni di responsabilità.
Sulla scorta di questi fatti obiettivi, FIMI ha ancora qualcosa da dire?
Il Garante, grazie ad ALCEI, dirà qualcosa, ma sarebbe opportuno che anche la Magistratura si attivasse in qualche modo.
Un’ultima cosa: io, come detto, non sono d’accordo con la tesi del PM poi accolta dal GIP. Ma si tratta di considerazioni giuridiche che, certamente, saranno formalmente esposte dagli ottimi Colleghi che sostengono la difesa Sunde. Di fatto, qualcuno è andato ben oltre il loro volere dei magistrati creando un serio pericolo per i cittadini. E, ora, i magistrati non possono far finta di nulla. Io, al posto loro, mi sarei arrabbiato, parecchio.
Ne rimarrà uno solo
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