Non notizie sulle indagini informatiche?
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D’altro canto, la privacy policy di Google (prolissima, ma non impeccabile) fa completo riferimento agli USA. Dunque, la S.r.l. italiana non c’entra, almeno per questi aspetti.
In piu’, se guardiamo bene i dati forniti dal nostro Nic e tracciando i nameserver, ci accorgiamo che i server di google.it sono negli States, non qui da noi.
Quelle macchine, verosimilmente, memorizzano anche i log che Google dichiara di mantenere. Idem, direi, per i dati di account.
Bene, se il server e’ negli Stati Uniti, per acquisire certi dati occorre una rogatoria, come dice giustamente Stefano Hesse, dirigente di Google (e blogger), in questo articolo pubblicato su Repubblica online. E non perche’ Big G faccia ostruzionismo e/o voglia nascondere qualcosa. Si deve fare cosi’, lo vuole la legge.
Tornando alla cronaca, il 14 viene annunciata l’individuazione della scuola della vergogna. Un coraggioso ragazzo di Torino avrebbe riconosciuto, nel video, i locali del suo istituto. Vinti, probabilmente, i timori di una ritorsione da parte dei suoi vigliacchi coetanei, va a riferire tutto all’autorita’. Ma questa, appunto, e’ la versione del Corriere. Anzi, per dirla tutta e’ la prima versione perche’ l’unico riferimento al giovane coraggioso e coscenzioso rimane su una Ultim’Ora. Anche un verifica con il motore di ricerca della testata (semplicemente con la parola down) fa uscire, sino al giorno 15, un report che contiene questa frase: "Uno studente ha visto gli spezzoni dei filmati mandati in onda dalle tv. Ha riconosciuto la classe e si è presentato alla procura di Torino". Ma, dopo poco tempo, il testo dell’articolo linkato e’ realmente sconvolto e, comunque, quel titolo e’ sparito anche dal motore di ricerca (verosimilmente per aggiornamento).
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