Sed Lex > Ma quell’IP di chi è?
(da Punto Informatico n. 2928 del 7 febbraio 2008)
Nelle ultime settimana si sono rincorse quattro importanti notizie, rilevanti sia sul piano della privacy che, in buona parte, anche su quello del diritto d’autore. Eccole riassunte di seguito.
I Garanti europei si occupano della natura dell’indirizzo IP, vale a dire se sia o meno dato personale.
La polacca Techland (sviluppatrice di videogiochi) ha ottenuto dal Tribunal de Grande Instance di Parigi un secco stop alle richieste di identificazione rivolte ad alcuni operatori di connettività.
La Corte di Giustizia UE ha sentenziato su un caso (spagnolo) che richiama molto da vicino la nostrana vicenda Peppermint.
La società svizzera Logistep AG (proprio quella che ha fornito la tecnologia a Peppermint e alla predetta Techland per l’individuazione di file sharing illecito) è nell’occhio del ciclone nel proprio paese.
Vediamo il tutto un po’ più da vicino, tirando qualche somma unitaria anche perché, come è facile immaginare da queste pur brevi premesse, le quattro vicende sono intimamente collegate.
La prima notizia, che circola ultimamente soprattutto tra gli informatici, non è certo una novità. Ad esempio, sin dal 2000 si è detto chiaramente “i fornitori di accesso Internet “registrino” sistematicamente la data, l’ora, la durata e l’indirizzo IP dinamico fornito all’utente Internet in un apposito file. Finché sarà possibile collegare il registro all’indirizzo IP di un utente, tale indirizzo deve essere considerato alla stregua di un’informazione personale” (pag. 12 del documento). E ciò vale espressamente per gli IP dinamici che, a maggior ragione, per quelli statici anche perché in virtù dell’art. 132 T.U. Privacy (e del decreto Pisanu recentemente prorogato) gli operatori ivi indicati sono tenuti a conservare i dati incrociabili con gli IP.
La nostra legge, d’altro canto, è limpida sul punto (come tutte quelle europee che discendono dalle medesime direttive). Ecco come è definito il dato personale (art. 4, lett. b), T.U. Privacy): “qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”.
Nulla di nuovo, dunque, anche se è comprensibile il disorientamento di alcuni. Fatto sta che da qui si parte per poter analizzare correttamente le successive tre notizie.
Il 24 dicembre 2007 (ma la notizia è arrivata da noi soltanto di recente anche grazie al blogger-giurista Doktor Faust), il Tribunal de Grande Instance di Parigi ha respinto la domanda di Techland volta ad ottenere, da diversi Internet provider, i dati anagrafici di alcuni utenti sospettati di aver condiviso un gioco sviluppato della software house polacca.
Forse l’ordinanza non è decisiva sui rapporti proprietà intellettuale-dati personali, ma afferma che, almeno per quanto emerso in corso di causa, non appare evidente la regolarità della raccolta (trattamento) degli IP che vanno considerati dati personali. Non è poca cosa.
Più di recente, invece, la Corte di Giustizia UE si è occupata di dirimere la controversia sorta tra Promusicae (un’associazione spagnola che riunisce diversi produttori musicali) e Telefonica (il noto operatore, sempre spagnolo). Come è già a conoscenza dei lettori di Punto Informatico, la prima si era rivolta ad un giudice civile madrileno in quanto la seconda si era rifiutata di cedere i dati dei presunti sharer. Come, da noi, per Peppermint, insomma.
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