SIAE: ultima corsa
Sempre in relazione al “mitico” bollino SIAE, segnalo questa notizia rilanciata proprio da SIAE (già riportata nei commenti al post precedente).
La notizia sembra “vera”, nella misura in cui io non ho sotto gli occhi la sentenza palermitana e mi dispiace dubitare.
In effetti – per andare dritti al punto – quel giudice può aver pensato che la sentenza della Corte di Giustizia fosse applicabile soltanto ai supporti contenenti opere d’arte figurativa (che era quanto apparentemente contestato al signor Schwibbert). E’, d’altro canto, una tesi già notoriamente sostenuta da SIAE (e, probabilmente, dagli avvocati di parte civile che, verosimilmente, si sono costituiti in quella sede siciliana).
Ma il giudice di Palermo ha sbagliato e vediamo perché.
Il caso posto all’attenzione del Giudice di Forlì e, poi, della Corte di Giustizia delle Comunità Europee riguardava supporti contenenti non soltanto le opere d’arte figurativa (come vuol farci credere SIAE con l’unica difesa possibile per il contrassegno), ma anche un accompagnamento musicale e addirittura un film. Ciò è chiarissimo dalla lettura delle conclusioni dell’Avvocato Generale e la Corte ne ha sicuramente tenuto conto.
Al di là di ciò – e al di là del fatto che anche in assenza di un provvedimento della Corte il giudice italiano ha l’obbligo di disapplicare la propria legge contrastante con quella sovranazionale – la portata della decisione era comprensibile a tutti ed è la seguente: la regola tecnica (il contrassegno, nel nostro caso) non è opponibile se non è stato notificato dopo l’entrata in vigore delle relative Direttive UE. Ogni bollino, dunque, non soltanto quelli apposti su supporti contenenti determinate opere.
Ne consegue che tutto ciò che, sino alla notificazione, è imperniato sulla mancanza del bollino diventa inapplicabile. Molto chiara, sul punto, la recente Cassazione:
“le fattispecie della L.633/1941 che puniscono la immissione sul mercato di supporti privi del necessario contrassegno Siae sono gli artt. 171 bis comma 1 e comma 2, l’artt. 171 ter comma 1 lett.d (lett.c prima della novazione introdotta con la L.248/2000). Nel caso in cui la condotta contestata riguardi esclusivamente l’apposizione del marchio Siae, la disapplicazione della norma nazionale, incompatibile con quella comunitaria, comporta davanti alla Corte Suprema l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata”.
Ecco perché la sentenza palermitana è sbagliata, come un po’ strana è quella notizia tanto sbandierata da SIAE, proprio ieri, quando si è avuta notizia della decisione della Cassazione.
Ancora, dopo la sentenza della Corte di Giustizia, l’obbligo di apposizione del contrassegno non sussiste più, per nessun supporto (tranne che per i libri). Congelato, di fatto, l’art. 181-bis l.d.a., tutto ricade anche sulle succitate norme penali incriminatrici.