Radiocarcere e la riforma della Giustizia

L’ordinamento giudiziario deve essere modificato. L’intervento legislativo non è risolutivo in tutti quei casi in cui il non funzionamento è generato dalla erronea applicazione della legge. L’errore non può non produrre effetti e soprattutto non può non essere oggetto di valutazione. Non necessariamente l’errore deve essere il frutto di un illecito disciplinare.  Un assoluzione certifica un errato rinvio a giudizio, un annullamento una decisione sbagliata. La valutazione dell’errore deve avere un rilevanza nella selezione, soprattutto in quella che determina avanzamenti in carriera e la scelta dei capi ufficio. Errore che deve avere una rilevanza pure relativamente alla verifica attitudinale, la quale peraltro non può avere cadenza quadriennale e deve avere come basi non, o non solo, le relazioni astratte dei capi ufficio, ma il concreto lavoro svolto. Diverse devono essere le valutazioni di due pubblici ministeri che hanno formulato un numero x di rinvii a giudizio, dei quali in un caso hanno prodotto una maggioranza di condanne e in un caso hanno prodotto una maggioranza di proscioglimento. Ovviamente la valutazione non  deve essere solo di tipo quantitativo-statistico, ma pure qualitativo, nel senso di non premiare quel magistrato che abbia scelto solo procedimenti semplici abbandonando quelli complicati. L’ufficio inoltre dovrebbe essere organizzato gerarchicamente. Il dirigente, il capo dovrebbe avere i necessari poteri e la conseguente responsabilità. L’esperienza insegna che vi sono uffici giudiziari organizzati ed efficienti, diretti egregiamente a fronte di uffici radicati nel caos.  Gerarchicamente si dovrebbe organizzare l’ufficio del pubblico ministero, dove il sostituto risponderebbe al procuratore della repubblica e questo al procuratore generale.

L’obbligatorietà dell’azione penale. I numeri relativi ai processi che si concludono con dichiarazioni di prescrizione dimostrano come l’obbligatorietà dell’azione penale non sia più presente nel nostro sistema. Non si deve pertanto eliminarla, ma prendere atto che non esiste più. Occorre allora scegliere quali reati perseguire e chi deve operare questa scelta. Sembra ovvio che questa scelta non debba essere fatta a seconda della categoria del reato. Gravità del reato e probabilità di raggiungere una condanna potrebbero essere i parametri su cui orientare la scelta.

La separazione delle carriere. Una riforma che conduca ad una dipendenza dell’ufficio del pubblico ministero dal potere esecutivo non sarebbe sicuramente auspicabile. La separazione delle carriere non deve avere però necessariamente queste caratteristiche. Ed in questo caso si deve discutere  circa il risultato di una separazione dell’organo dell’accusa dall’organo giudicante. La discussione deve avere come obbiettivo la verifica del se questa riforma conduca ad un processo più giusto. La domanda è relativa al se è preferibile un  pubblico ministero che provenga dai ranghi della giurisdizione o un pubblico ministero che provenga da un’autonoma carriera. Astrattamente non sarebbe neanche utile discutere. E’ ovvio che un pubblico ministero formatosi da giudice dovrebbe offrire più garanzie. La verifica pragmatica, l’esperienza dimostra però che il pubblico ministero è allo stato un parte orientata al solo risultato di una condanna, nonostante abbia avuto formazione comune all’organo giudicante. Difficile allora giudicare negativamente una eventuale separazione delle carriere che rafforzi la terzietà del giudice rispetto alle parti. Non necessario appare però istituire un secondo Csm.

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