Eluana: la decisione della Consulta
che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’ammissibilità di un conflitto avente ad oggetto atti giurisdizionali sussiste «solo quando sia contestata la riconducibilità della decisione o di statuizioni in essa contenute alla funzione giurisdizionale, o si lamenti il superamento dei limiti, diversi dal generale vincolo del giudice alla legge, anche costituzionale, che essa incontra nell’ordinamento a garanzia di altre attribuzioni costituzionali» (ordinanza n. 359 del 1999; nello stesso senso, tra le più recenti, sentenze n. 290, n. 222, n. 150, n. 2 del 2007);
che la medesima giurisprudenza afferma che un conflitto di attribuzione nei confronti di un atto giurisdizionale non può ridursi alla prospettazione di un percorso logico-giuridico alternativo rispetto a quello censurato, giacché il conflitto di attribuzione «non può essere trasformato in un atipico mezzo di gravame avverso le pronunce dei giudici» (ordinanza n. 359 del 1999; si veda altresì la sentenza n. 290 del 2007);
che, peraltro, questa Corte non rileva la sussistenza nella specie di indici atti a dimostrare che i giudici abbiano utilizzato i provvedimenti censurati – aventi tutte le caratteristiche di atti giurisdizionali loro proprie e, pertanto, spieganti efficacia solo per il caso di specie – come meri schermi formali per esercitare, invece, funzioni di produzione normativa o per menomare l’esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è sempre e comunque il titolare;
che entrambe le parti ricorrenti, pur escludendo di voler sindacare errores in iudicando, in realtà avanzano molteplici critiche al modo in cui la Cassazione ha selezionato ed utilizzato il materiale normativo rilevante per la decisione o a come lo ha interpretato;
che la vicenda processuale che ha originato il presente giudizio non appare ancora esaurita, e che, d’altra parte, il Parlamento può in qualsiasi momento adottare una specifica normativa della materia, fondata su adeguati punti di equilibrio fra i fondamentali beni costituzionali coinvolti;
che, pertanto, non sussiste il requisito oggettivo per l’instaurazione dei conflitti sollevati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i ricorsi,
dichiara inammissibili, ai sensi dei commi terzo e quarto dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, i ricorsi per conflitto di attribuzione sollevati dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica nei confronti della Corte di cassazione e della Corte di appello di Milano, di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il l’8 ottobre 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’8 ottobre 2008.
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Gianni:
Ottobre 9th, 2008 at 13:33
Mi sono sempre chiesto perchè alcuni partenti di vittime da coma/paralisi totale scelgano di andare per tribunali quando basta parlare con un medico…
Loro vogliono affermare un principio che nel nostro paese esiste già: la libertà di staccare le macchine.
Certo nessun tribunale ti mette per iscritto “Puoi staccare le macchine”, ma… non serve, ecco il punto.
E’ cosa risaputa e certamente lo sanno anche loro, quindi perchè tutto questo inasprimento legale ?
Daniele:
Ottobre 9th, 2008 at 13:36
Interessante riflessione. Forse un po’ cinica (ma mi sembra che opini anche il cinismo altrui), ma molto interessante.
Accanimento giudiziario?
vong:
Ottobre 9th, 2008 at 14:47
sarò banalissimo: perché
1. non è detto che tu trovi un medico disposto a farlo.
2. se non si afferma il principio c’è la possibilità concreta che si affermi il principio contrario, della serie: e quando mai si è fatto di staccare le macchine? da oggi, con una legge, chiariamo che non si possono staccare.
sinceramente mi sembra una prova di grande altruismo penare 16 anni e più invece di staccare una spina con un medico consenziente e “buonanotte a tutti”.
Gianni:
Ottobre 9th, 2008 at 19:56
In Italia affermare principi non serve.
E’ la politica a decidere anche in presenza di principi e Principati.
Un paziente che non vuole vivere non viene fatto vivere.
Quando il medico non vuole decidere e il paziente non vuole vivere, parla con un altro medico, oppure si presenta domanda di trasferimento in altra struttura, sempre nei confini nazionali.
La cosa è nota nell’ambiente, tanto che mesi addietro c’era pure un illustre “personaggio” che pubblicizzava sui media nazionali le sue cliniche.
Infine, io sono un pochino cinico perchè di persone malate al limite ne ho viste per tutta la vita, ma lo Stato è ancor più cinico: da un lato tende la mano pubblica a quei personaggi che si battono contro l’eutanasia, dall’altra tende la mano privata a quei personaggi che a loro volta tengono d’occhio la spesa sanitaria pubblica e il ricovero in cliniche private.
Di una sentenza non c’era bisogno 20 anni fa, così come oggi.
franco:
Ottobre 11th, 2008 at 04:54
LA CORTE COSTITUZIONALE AVALLA LA FORZA DEL GIUDICE CREATIVO
Una pronuncia storica quella della Corte Costituzionale che avalla la “potenza legislativa” del giudice a fronte dell’inerzia del Parlamento.
Le avanguardie del diritto esultano!
http://www.studiolegaleelia.it/vis_dettaglio.php?primo_livello=menu&id_livello=189
Gianni:
Ottobre 11th, 2008 at 19:10
Proprio quando la meta si avvicina, ecco che, coincidenza delle coincidenze, succede questo:
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/eluana-eutanasia-3/eluana-grave/eluana-grave.html
Dopo tanti anni di coma stabilissimo.
Che coincidenza.
Daniele:
Ottobre 11th, 2008 at 23:15
Non so, ma vedo una grande (e vergognosa) speculazione sulla vicenda. Quasi mi pento del post che voleva proporre una visione al di la’ del caso singolo (che riguarda i singoli, nel loro dolore).
Ci mancavano pure le avanguardie e i giudici creativi…
Daniele:
Ottobre 12th, 2008 at 00:11
@vong
Sai, son cose piuttosto relative. Realmente difficile dare una risposta definitiva specie per chi le vive, con qualche ruolo. Lasciando da parte chi ne fa il proprio cavallo di battaglia senza esserci dentro (v. supra).
E non e’ una banalita’, spero lo capiate.
Gianni:
Ottobre 12th, 2008 at 02:44
Io per ora capisco e vedo due realtà, quella legale e quella pratica.
Lontanissime, davvero.
luciano bubbola:
Ottobre 12th, 2008 at 10:01
Come piccolo e sconcertato spettatore davanti ad un caso umano e privato così drammatico, non riesco a capire le posizioni ‘ufficiali’ delle varie istituzioni politiche, scientifiche e religiose.
Rimane fuori da tutto ciò l’umanità (nel senso più alto e nobile), ciò che gli antichi chiamavano con profondo senso etico PIETAS.
Buona domenica
Luciano Bubbola
franco:
Ottobre 12th, 2008 at 17:27
Date a Cesare quel che è di Cesare e alla morte quel che è della morte.
Ben vengano i giudici che giungono con le loro sentenze a dare quella dignità alla morte che i politici rifiutano di dare.La vera pietas è appoggiare sentenze coraggiose che avallino l’eutanasia ipocritamente rinnegata dalla classe dominante.
luciano bubbola:
Ottobre 12th, 2008 at 18:32
L’ho sempre sospettato che nei politici non ci fosse ‘pietas’, né il coraggio di fare un passo indietro davanti ai dolori umani…
Luciano Bubbola
Daniele:
Ottobre 12th, 2008 at 22:12
Non sono soltanto i politici a speculare su questa vicenda dolorosissima.
Lo abbiamo visto spesso, in questi giorni.
luciano bubbola:
Ottobre 12th, 2008 at 22:50
E’ vero, caro Daniele, e questo fa ancora più rabbia… ormai siamo alla cooptazione (molto squallida!) a tutti i livelli, anche a quello etico!
Luciano Bubbola
Daniele:
Ottobre 12th, 2008 at 22:53
Etica? E dove sta l’etica? Io vedo soltanto preti e preti laici, tutti autoreferenziali.
luciano bubbola:
Ottobre 12th, 2008 at 22:58
Stavolta hai ragione al 200%: non c’è niente di peggio che sentire predicare i ‘preti laici’ con i loro ‘vangeli apocrifi’!
Notte
Luciano Bubbola
p.s. – anche per quello che giustamente sottolinei, caro Daniele, mi sento sempre più un “ateo non praticante” (come disse Gorbaciov in visita al Papa).