Yearly Archives: 2008

FIMI risponde a SIAE

Si prendono per benino… FIMI risponde alla diffida SIAE e presenta un documento molto interessante che smorza non di poco la “notifica” alla Commissione Europea.

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La Rete chiama, Cassinelli risponde

Nel caso non lo sapeste già per conto vostro, faccio presente che l’on. Roberto Cassinelli, estensore del recentissimo pdl (o ddl) cd. “salvablog” sta partecipando ad una discussione su Facebook, nel gruppo Salva i Blog!

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Internet è neutra come una pistola

Milano, l’altro giorno, il 13 novembre. Ero ad una tavola rotonda a cercare di dire qualcosa, al seguito di ben più illustri relatori, su comunicazione, regole e deontologia.
Ho sottolineato come, in genere, la tecnologia (dunque anche Internet) fosse da considerarsi neutra. E, francamente, l’ho buttata lì, pensando di dire una cosa scontata nella sua ampia condivisibilità.
No, ci ho sbattuto il muso. Contro alcuni miei esempi (l’automobile che può uccidere nella mani di un ubriaco, ma che salva la vita se è usata come ambulanza), mi sono sentito fare – credetemi – quello della pistola.
La pistola può essere un oggetto bello e di valore in una collezione, ma quando è carica uccide.
Non ho ribattutto. In primis perché conosco alcune vicende personali di chi ha fatto l’esempio (che capisco non ami tanto Internet), in secondo luogo perché, francamente, trovo che l’accostamento sia tanto sballato da essere, di fanno, non commentabile.

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SIAE diffida FIMI

Soltanto per dare la notizia, purtroppo non ho tempo per approfondire.
Qualche tempo fa, FIMI ha divulgato il suo j’accuse contro il bollino SIAE.
Oggi, SIAE risponde con una diffida formale.
Mah… rettifiche OK, ma addirittura una diffida…
Evidentemente, la posta in gioco è molto alta, per tutti.

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Annuncio ritardo

Oggi avrei voluto portare Il Minottino 1.1.0 con me a Milano, per la Tavola Rotonda AIGI.
Purtroppo, le novità sul ddl-pdl editoria hanno fatto slittare il tutto (era praticamente ultimato, ma devo scrivere qualcosa di meditato sulle ultime novità). Mi scuso, ma, peraltro, presto potrebbe esserci una nuova sorpresina. Vediamo un po’ se è fattibile.

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Ddl editoria: one more thing

Pur consapevole di trattare un tema critico, francamente non avevo previsto certi sviluppi. Mi sembra che la questione sul ddl editoria sia andata un po’ oltre non soltanto rispetto alle mie  intezioni (sarebbe il meno), quanto con riferimento all’obiettività dei fatti.
Così, nel caso interessi, preciso meglio la mia posizione, per punti:
– ogni tanto faccio le mie belle ricerchine sui siti di Senato e Camera sperando di covare qualche bel disegno di legge rilevante in tema di telematica. A giugno mi ero accorto che, come promesso, Ricardo Franco Levi aveva ripresentato il “suo” ddl, ma il testo è stato reso pubblico soltanto di recente e l’ho trovato perché stavo revisionando Il Minottino;
– bene fa Luca Spinelli a ricordare che la cosa, comunque, non riguarderebbe soltanto i blog. Infatti, pensando alle mie cose, ho anche guardato a Penale.it che ha una redazione, dei banner e un editore. E vedremo un po’ cosa fare, se si presenterà la necessità di una decisione. Comunque sia, nei miei post ho parlato soltanto di blogosfera sia perché i lettori di questo blog sono prevalentemente blogger sia perché è lo stesso Levi, nella relazione al ddl, a parlare espressamente di blog (e visto che l’anno scorso proprio i blogger l’avevano massacrato);
– ancora, non sono convinto che la mera presenza di banner o ads obbligherebbe alla registrazione al ROC, ma l’ho già spiegato;
– appartengo probabilmente alla schiera degli ingenui perché non penso che il ddl sia un atto intimidatorio e/o di censura;
– e penso ciò anche perché, contrariamente a quello che si dice in giro, il ddl di questa Legislatura non è uguale a quello della scorsa; anzi, contiene, non soltanto per quello che ci interessa, significativi aggiustamenti; penso se ne debba dare atto come è giusto dire che Berlusconi non c’entra;
– e, comunque, sono assai poco paranoico perché, malgrado quel che può far comodo pensare, la punibilità (penale o civile) della diffamazione telematica è del tutto pacifica, esiste già a prescindere da questo ddl;
– verò è che l’applicazione del regime della stampa (ma occorrerà vedere con quali modalità concrete) comporta un aggravamento di pene e un dilatarsi di alcune responsabilità (direttore – che non si sa che fine farà con l’eventuale riforma -, editore e stampatore) ai limiti dell’attribuzione oggettiva, ma non si tratta, in concreto, di effetti così deflagranti come si pensa (il che non significa che siano da sottovalutare, ovviamente);
– detto tra noi, poi, il portare tutto su un server all’estero non garantisce, di per sé, l’impunità;
– in definitiva, le mie critiche puntano sull’assenza di chiarezza, su certe ambiguità, su una “generale genericità”; ma c’è da dire che il ddl prevede anche una delega per la riforma dell’intero settore e che, pertanto, la cosa dovrebbe essere valutata nella sua completezza (lo stesso reato di “stampa clandestina” potrebbe essere rivisto perché, oggi, fa riferimento alla registrazione presso il Tribunale); e anche se non sono d’accordissimo su una delega per una riforma così delicata;
– ché, poi, come ha fatto notare qualcuno mi sembra nei commenti, non è proprio detto che passi atteso che si tratta di un ddl di un Deputato dell’opposizione; ma è giusto tenere alta la guardia.

P.S.: a questo punto, penso proprio che dell’argomento si parlerà durante la tavola rotonda di domani, a Milano. Mi riferiscono di un’ottima affluenza, ma dovrebbero esserci altri posti.

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Contrassegno SIAE: diciamola tutta

Venerdì scorso molti avranno letto su Punto Informatico questo articolo dedicato agli esiti della “madre di tutti le cause” sul contrassegno SIAE.
Oggi mi è ricapitato davanti e mi sembra un po’ cambiato rispetto alla prima versione, quella di venerdì. Parmi ci sia, in più, la precisazione SIAE, in fondo. Che precisa che c’è stato un proscioglimento per prescrizione e non, come si dice, nel merito. Il che, secondo la SIAE, “lascia inalterata la sussistenza del reato”.
Vero sì e no. Bisognerebbe dirla tutta. Ci provo.
Il contrassegno è stato cassato anche dal Tribunale di Forlì-Cesena. Va detto, anche se SIAE non ne parla espressamente. Assoluzione perché il fatto non sussiste.
Rimanevano altri due reati, udite udite contestati soltanto quest’anno, a maggio, dopo che Corte di Giustizia UE e Cassazione italiana s’erano pronunciate, inequivocabilmente, sul contrassegno.
Nel maggio di quest’anno s’è contestata l’asserita riproduzione abusiva di opere dell’ingegno con un’evidente cambio di strategia rispetto alla prima accusa di mancanza del contrassegno.
Il giudice ha pronunciato la sentenza di fatto senza procedere al dibattimento. Dunque, se è vero che una prescrizione non è un’assoluzione nel merito, va anche detto che il giudice, correttamente, ha omesso di addentrarsi nel merito proprio perché non poteva farlo (visto che non ha assunto prove) e come, invece, succede quando la sentenza viene emessa a seguito di un dibattimento. Il giudice poteva proseguire, l’imputato poteva rinunciare alla prescrizione, ma probabilmente ha prevalso il buon senso.
Insomma: nessun giudice ha speso una sola parola sulla sussistenza del reato (che, invece, è rimasta una mera ipotesi dell’accusa).

Al di là delle mie parole, la sentenza è qui sotto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Dispositivo Sentenza con motivazione contestuale

Il Tribunale monocratico di Forlì – Sezione distaccata di Cesena

In persona del Giudice Onorario D.ssa Barbara De Virgiliis

Alla pubblica udienza di mercoleì 5 novembre 2008

Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

Nel procedimento penale contro:

SCHWIBBERT KARL JOSEF WILHELM n. 06/05/63 Monaco di Baviera (Germania), res. xxxxxxxxxxxxxxxx, eletto dom.to c/o difensore avv. Andrea R. Sirotti Gaudenzi di Cesena.

Libero presente

IMPUTATO

Del delitto p e p dall’art. 171 ter, comma 1, lett C) L. 633/41 perché, quale legale rappresentante della ditta “KJWS Srl”, deteneva per la vendita n.873 compact disk ed altrettanti 308, contenenti rispettivamente opere dei pittori De Chirico e Schifano, tutti privi del contrassegno SIAE. In Cesena, il 10 Febbraio 2000.

(capo di imputazione contestato all’udienza del 21/05/2008)

del delitto p ep dall’art. 171 ter, comma 1, lett. A)e B) L. 633/41 perché, quale legale rappresentante della ditta “KJWS Srl”, abusivamente riproduceva n. 1873 C.D. riproducenti opere del pittore De Chirico senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione come accertato in Cesena il 10 Febbraio 2000.

–         Con l’intervento del P.M. Dott. Massimo Maggiori

–         Nonché dell’avv. Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena – difensore di fiducia

* * *

MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTI

In seguito a decreto di citazione, l’imputato era tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 171-ter lettera c) L.633/1941 – fatto accertato in Cesena in data 10.02.2000.

All’udienza del 14.12.2004, il difensore dell’imputato eccepiva questione pregiudiziale; il Giudice con ordinanza motivata come agli atti, accoglieva l’eccezione mandando gli atti alla Corte di Giustizia.

Con sentenza 08.11.2007 la Corte di Giustizia Europea (a cui si rinvia) dichiarava, in sintesi: l’illegittimità della normativa nazionale sull’apposizione del contrassegno SIAE statuendo che il contrassegno costituisce una specificazione tecnica e pertanto poiché lo stato italiano non ha mai ottemperato all’obbligo previsto, ne discende un vizio procedurale nell’adozione delle tecniche e l’inapplicabilità delle stesse, non opponibili ai privati.

All’udienza del 21.05.2008 il pubblico ministero procedeva a nuova contestazione a carico dell’imputato chiedendo di integrare il capo di imputazione con l’aggiunta dell’art. 171-ter lettera a) e b) L. 633/1941 fatto accertato in Cesena il 10.02.2000 (data del sequestro, doc. agli atti).

Il processo veniva rinviato dando termine a difesa.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte di Giustizia, a parere di questo giudice, per quanto riguarda l’imputazione di cui all’art. 171-ter comma 1 lettera c) l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

Si precisa, che ai sensi della sent. Corte costituzionale n. 170 del 1984, il giudice italiano è tenuto a disapplicare la normativa nazionale che configga con quella comunitaria, con tutte le relative conseguenze anche sul piano penale, come nel presente caso, dove l’apposizione del contrassegno SIAE sul supporto è requisito per la rilevanza penale o meno dei fatti di cui al reato 171.ter lettera c).

La soluzione per cui si opta è stata avvallata anche dalla Corte di Cassazione, sent. 12.02.2008, n.13810 e n.13816, la quale ha affermato che, dopo la decisione del giudice comunitario viene vanificata la rilevanza penale di tutte le fattispecie di reato che includono come elemento costitutivo della condotta tipica il contrassegno SIAE.

“In concreto il fatto di reato non sussiste quando i contrassegni Siae mancanti non sono validi sotto il profilo comunitario”.

La Corte ha poi ritenuto, con la decisione citata, che la formula assolutoria da adottare debba essere quella che si fonda sull’insussistenza del fatto.

In forza di tali considerazioni l’imputato va mandato assolto dal reato di cui all’art.171-ter lett. c). La Corte di Giustizia, al punto 45 della decisione (a cui si rinvia), ha ritenuto che debba  essere il Giudice nazionale a statuire sulle spese. Conseguentemente, tutte le spese sostenute per il procedimento celebrato avanti alla Corte di Giustizia saranno a carico delle parti soccombenti.

Quanto alla successiva imputazione contestata in data 21.05.2008, questo giudice sottolinea che i nuovi fatti contestati risultano accertati in data 10.02.2000 e pertanto per i sopra citati comportamenti non vi è stata alcuna sospensione del processo (la sospensione, infatti, è inerente solamente alla lettera c) della legge citata ) di conseguenza i reati sono estinti per decorso del termine di prescrizione si sottolinea che sia alla luce della previsione normativa dei nuovi art. 157 c.p. e ss., sia in riferimento alla normativa precedente, in vigore all’epoca dei fatti applicabili ex art. 2 co. 4 c.p in quanto più favorevole al reo, i reati contestati alle lettere c) e b) si sono prescritti.

PQM

Visto l’art. 129 c.p.p dichiara il non luogo a precedere nei confronti dell’imputato in ordine alla nuova contestazione di cui all’art. 171-ter lettera a) e b) per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione.

Visto l’art. 530, 1° comma, c.p.p. assolve l’imputato dal reato di cui all’art. 171-ter lettera c) perché il fatto non sussiste.

Tutte le spese di giudizio inerente la questione pregiudiziale saranno a carico delle parti soccombenti del procedimento celebrato davanti alla corte di Giustizia della Comunità Europea (causa C-20/05).

Cesena, 05.11.2008

Il Giudice

Avv. Barbara de Virgiliis

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Non sono del tutto d’accordo

L’ho già scritto ieri, nel post sul ddl editoria, discutendo con Luca Spinelli. Forse, alcune mie riflessioni meritano un post a parte.
Luca, che è sempre molto attento nelle sue ricerche, trae conseguenze decisamente più preoccupate rispetto a me che mi sono genericamente limitato a dire che non c’è una gran chiarezza.
Vedo due punti rilevanti.
Cominciamo col primo. Il ddl dice che se i soggetti “operano sulla stessa [Internet] in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro” non sono tenuti all’iscrizione al ROC con tutte le conseguenze del caso (e vedremo quali, è l’oggetto del secondo punto). Ma i blog possono godere di questa “esenzione”? (eggià… perché di eccezione alla regola si tratta).
Luca dice che, in realtà, si deve guardare al caso concreto (ed è il giusto approccio) sostenendo, ad esempio, che il blog di Grillo non sarebbe esentato e così anche tutti i blog che presentano pubblicità retribuita (es.: i comunissimi ads di Google). Ciò perché, secondo l’Agenzia delle Entrate, chi lucra, più o meno, da banner e simili sarebbe imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c. Sempre Luca, segnala questa pagina, ma, personalmente, io non ci leggo banner=impresa. Piuttosto, vedo delle considerazioni fiscali su un sito di un’impresa che, questa, si fa pubblicità, pagandola, su altri siti. Che mi sembra cosa ben distinta.
E’ vero che l’articolo fa riferimento anche alla figura dell'”intermediario”, ma penso che tale non sia l’eventuale blogger quanto, piuttosto, chi mette in piedi il programma di advertising con una certa organizzazione imprenditoriale (es.: Google).
Mi viene da fare un esempio: è imprenditore il proprietario di un edificio che concede, pur a pagamento, una facciata per apporvi un cartellone realizzato dall’agenzia Alfa per pubblicizzare il prodotto della società Beta? No, secondo me. Pagherà le imposte del caso su quegli introiti, ma non per questo diventerà imprenditore. A meno che non organizzi edifici (o altri supporti) per l’esposizione di cartelloni.
Alla fine, torniamo alla definizione di imprenditore ex art. 2082 c.c.
È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi“.
Dottrina e giurisprudenza sul punto sono realmente sterminate, ma, per i profili che ci interessano, tutte pongono l’accento sull'”organizzazione al fine de”. E non penso che detta organizzazione si possa scorgere nell’attività di un blogger “ordinario”.
Per dirla tutta, volendo un po’ pignoleggiare, non a caso il nuovo ddl fa riferimento al forme o prodotti che sono il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro. Dunque, è l’ipotetico blog, coi suoi contenuti informativi, a dover essere il frutto di detta organizzazione (non a caso parliamo di editoria). E mi viene da pensare a strutture complesse con redazioni o simili. Cosa che riguarda ben pochi blog che, addirittura, per i puristi blog non sono.
Seconda questione. Non condivido gli allarmismi dei più. Certo, il ddl parla di una figura simile a quella del direttore responsabile (“colui che ha il compito di autorizzare la pubblicazione delle informazioni“) che risponderebbe anche dei contributi altrui (i commenti?) e di applicabilità delle “norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa“.
Ma, attenzione: da un lato se io inserisco un contributo di un terzo, ne sono già responsabile in concorso; dall’altro, il reato di diffamazione, giusto per fare l’esempio più ricorrente, è già pacificamente adattabile ai blog e, in generale, alle pubblicazioni telematiche.
Uniche controndicazioni realistiche (se il ddl fosse per ipotesi applicabile a certi blog, cosa che non penso): burocrazia, spese e “controllo” (sempre che sia possibile controllare un blog soltanto a seguito dell’iscrizione al ROC).

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Schede pericolose

La R4 Revolution è una scheda che si inserisce nel comune slot dei Nintendo DS. Ha una vano per una micro-SD che serve per la memorizzazione. Il tutto è gestito da un sistema operativo ad hoc. Quando si accende il DS, il boot avviene da quella scheda, dunque parte il sistema operativo ivi presente.
A che serve? Il sistema operativo permette di gestire diversi tipi di file. ad esempio jpeg e mp3. Sicché il DS diventa un player. Ma esistono anche browser specifici che, tramite wi-fi, ci permettono di navigare e altre applicazioni homebrew totalmente libere e gratuite.
Molti, però, usano il tutto per gestire le “ROM”, vale a dire le “estrazioni” dei giochini, per DS, spesso (ma non esclusivamente) di provenienza illecita.
Insomma, con la R4 si può giocare a scrocco, basta procurarsi le ROM. Spesa media del dispositivo, diciamo intorno ai 30 euro con tanto di micro-SD da 2 Giga. La R4 Revolution non è l’unico dispositivo del genere, ma i prezzi non sono molto differenti.
Nintendo non ci sta, come riferisce SIAE. Scommettiamo che, malgrado gli usi pienamente leciti, ne uscirà fuori un caso simile a quello dei mod-chip per PlayStation?

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Come finiscono le cose

Ho appena avuto una bella notizia.
Un mio cliente era (lo è ancora, per la verità) indagato per pedoporno, precisamente per detenzione e diffusione (via eMule) di questi materiali illeciti. Per capirci, è l’indagine (una delle tante) di cui si è parlato in primavera, avviata dalla Procura di Savona. Qualcuno, si era anche pubblicamente lamentato per l’esistenza di fake, file dal titolo non inequivoco (o riferibile ad altro genere lecito), ma dal contenuto vietato. Anche il mio cliente aveva ipotizzato questa cosa (ma aveva preferito mantenere un profilo più basso per non essere additato) perché non è pedofilo, non lo è mai stato, neppure per “curiosità”.
Chiaro, però, che il fenomeno dei fake (che dovrebbe essere noto a chi opera nel settore), non ha alcuna rilevanza. Basta un solo monitoraggio, fatto un po’ così, e si finisce indagati, con tutto il materiale informatico sequestrato e con molte pene (anche economiche).
Poi, dopo l’analisi dei materiali, tutto si sgonfia perché nei reperti non c’è alcunché di pedopornografico. Dissequestro, richiesta di archiviazione e alla via così. Senza neppure tante scuse.

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