Nel frattempo è cambiato qualcosa. Comunque, ripropongo qui una cosina che ho scritto per Lsdi.
Alla fine, sulla “salva-Sallusti” passa la linea Berselli, grande mediatore al Senato. Disinnescata, speriamo definitivamente, una messe di emendamenti demenziali, liberticidi, giustizialisti e anche dilatori, in Aula approda un ddl sulla diffamazione abbastanza snello viste le premesse, composto da due soli articoli, sebbene complessi, vertenti su rettifica, pubblicazione della sentenza di condanna, responsabilità civile e sanzioni.
Niente legge bavaglio, ma qualche non trascurabile problema per il Web rimane, come vedremo.
Un testo, d’altro canto, che, come concordano in molti, sembra fatto apposta per il caso Sallusti, ma in ritardo: non tanto per la cancellazione delle pene detentive (di cui, se passasse la linea, Sallusti beneficerebbe comunque), ma per la più complessa disciplina sulla rettifica a suo tempo negata.
Vediamo insieme i punti salienti.
– Rimane l’obbligo delle rettifica (che non è una novità di questo ddl), ma non vi si potranno aggiungere commenti, talvolta, causa di ulteriori discussioni.
– La rettifica deve essere pubblicata anche sulle edizioni telematiche di quotidiani o periodici, ma di certo ciò non si estende ai blog, tanto meno a Wikipedia (per cui, in particolare, esiste un problema di “veridicità” della rettifica influente sulla voce dell’ enciclopedia).
– Scompare il precedente limite di trenta righe (peraltro, decisamente incoerente con il Web) e si impongono lo stesso rilievo e la medesima collocazione.
– Molto interessante anche la possibilità per l’autore di ricorrere al giudice per la pubblicazione della rettifica qualora il direttore abbia omesso di ottemperare.
– Infine, un ritocco adeguamento per le sanzioni pecuniarie (amministrative) conseguenti l’omessa pubblicazione di rettifica.
– La pubblicazione della sentenza di condanna, è ora prevista anche su un altro giornale quotidiano o periodico avente analoga diffusione quantitativa o geografica e a spese del giornale ove era stata pubblicata la notizia dichiarata diffamatoria.
– Nonostante la pubblicazione possa avvenire anche per solo estratto, deve essere per esteso qualora ciò sia richiesto dalla persona offesa.
Queste regole si applicano espressamente anche alla trasmissioni televisive e radiofoniche.
In punto di responsabilità civile, si esplicitano specifici criteri per la determinazione del danno: diffusione quantitativa e geografica, gravità dell’offesa ed effetto riparatorio della rettifica. E’ cancellata, invece, la possibilità di una riparazione pecuniaria ulteriore rispetto al risarcimento dei danni patrimoniali e non.
E veniamo, dunque, alle questioni sanzionatorie che, come sappiamo, hanno determinato la presentazione del ddl in quanto la cancellazione della pena detentiva prevista per la diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di un fatto determinato (art. 13 l. 47/48) salverebbe Sallusti dal carcere.
– Dalla reclusione da uno a sei anni congiunta ad una multa non inferiore 500.000 lire, si passa alla sola multa da 5.000 a 50.000 euro con la conseguente pena accessoria della pubblicazione della sentenza. E vi è anche un effetto premiale (sconto di pena sino a due terzi) in caso di pubblicazione della rettifica richiesta dalla persona offesa.
– La stessa diminuzione di pena si applica all’autore che ha fatto pubblicare la rettifica pur nell’inerzia del direttore. Quest’ultimo, invece, per questa sua condotta patirà un aumento di pena.
– E’ sempre disposta al trasmissione della condanna al competente ordine professionale, chiaramente a fini disciplinari (comunque, non fissati rigidamente come volevano alcuni emendamenti caduti).
– Rimane sostanzialmente invariata la responsabilità per omesso controllo, ma con due importanti novità circa la pena irrogabile al direttore: divieto di applicare l’ attenuante specifica se l’autore è ignoto o non identificabile e aumento di pena qualora l’autore sia un giornalista sospeso o radiato.
– Il ddl si chiude, infine, con una revisione dei reati di ingiuria e diffamazione previsti dal codice penale con l’aumento delle sanzioni pecuniarie in entrambi i casi e l’ esclusione della detenzione (alternativa alla multa) relativamente al secondo reato.
In proposito, bisogna sottolineare che queste ultime modifiche si applicano, ad esempio, anche ai blog in quanto la multa da 5.000 a 30.000 euro vale per la stampa, ma anche per “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” e tale è, pacificamente, una pubblicazione telematica amatoriale.
E questo è esattamente il primo riflesso negativo per la Rete. Se, tutto sommato, per la stampa tradizionale il ddl di legge costituisce un alleggerimento (esclusione delle pena detentiva, attenuante per la rettifica, esclusione della riparazione pecuniaria, ecc.) per il Web vale l’opposta conclusione.
Come già diversi concordano, i punti critici sono almeno quattro:
– per la diffamazione senza attribuzione di fatto determinato (art. 595, comma 3, c.p.), stampa e altre pubblicazioni Web sono assolutamente equiparate quanto a pena e anche la sanzione minima (5.000 euro) non è uno scherzo per un blogger che non ha alle spalle un gruppo editoriale e non gode di provvidenze pubbliche;
– per ciò che non è stampa (e un sito non registrato sicuramente non lo è) non valgono le regole sulla rettifica (e molti esulteranno); il che, però, significa che anche se, per onestà propria, un blogger dovesse pubblicare la rettifica richiesta dalla persona offesa non potrebbe mai godere dell’attenuante collegata, peraltro pari a non trascurabili due terzi (la classica “fregatura”);
– e ai sempre più comuni blog ospitati dai vari quotidiani online e gestiti in autonomia da firme autorevoli che disciplina si applicherà?
– la stessa domanda viene da porsi per i siti registrati come testata, ma che non hanno una corrispondente edizione “a stampa”, perché le regole sulla rettifica si applicano a quotidiani e periodici nonché alle “relative” edizioni telematiche e ciò rende lecito pensare che le suddette regole riguardino soltanto le realtà che non prescindono dalla carta, ancorché con edizioni Web.
La verità è che, pur apprezzando lo sforzo di taluni nello sfrondare una pasticcio di emendamenti, la fretta, la scarsa conoscenza delle dinamiche della Rete e anche la malafede di chi ha colto l’occasione per regolare dei vecchi conti sono nemiche delle cose fatte bene. Salluti si salva anche soltanto cancellando le pene detentive, non serve altro.
Un argomento delicato come la diffamazione va affrontato con calma e con la dovuta ponderazione.