neXt > Cosa ci insegna la storia delle foto rubate ai vip
Lunedì 1° settembre è partito neXt quotidiano, ma ne ho già parlato.
Il giorno dopo ho scritto il mio primo, piccolo contributo, credendo in un prodotto nuovo, non tenuto all’obbedienza verso i grandi gruppi editoriali.
E’ una scommessa anche per me.
Ecco il mio primo contributo, telegrafico.
(da neXt quotidiano del 2 settembre 2014)
Doveva accadere, prima o poi. Qualcuno sospetta si tratti di una trovata pubblicitaria o che le cose non siano andate esattamente come riferito in prima battuta. Sta di fatto che il problema c’è, eccome: ed ha le sue belle implicazioni giuridiche. Parlo del “Celebgate”: centinaia di account riconducibili ad altrettante VIP violati e saccheggiati, con conseguente diffusione di migliaia di immagini (fotografie e video) intime.
Ma cos’è il “cloud”? Pochi lo sanno, eppure lo abbiamo tutti sul nostro smartphone, sul nostro computer. Cloud significa nuvola e il “cloud” è, appunto, un sistema composto da nuvole-spazi Web nei quali vengono caricati e decentrati tutti i nostri dati affinché li possiamo raggiungere da qualsiasi dispositivo. La posta elettronica, in certe sue specifiche configurazioni, ne è il primo esempio, non è difficile capirlo. Il problema è che ben pochi sanno di mettere in cloud i propri dati perché i nostri sistemi sono spesso impostati per farlo di “default” e senza che l’utente ne sia consapevole. Spesso, peraltro, è possibile evitare tali funzionalità soltanto andando a scavare nei meandri del sistema.
Ma, a ben vedere, indipendentemente dai precisi contorni della vicenda che rimane un po’ fumosa ed ambigua, lo “scandalo” sta avendo due effetti positivi. I produttori di software (delle app per smartphone, in primis) si troveranno costretti a rivedere i propri prodotti, rendendoli più sicuri, in un certo qual modo più “etici”. Gli utenti, invece, da oggi saranno più consapevoli e non esiste alcuna politica di sicurezza senza, appunto, consapevolezza. Brutto da dirsi, ma la tecnologia non è per tutti.