Chez Massimo Mantellini trovate notizie interessanti diffuse da Simone Gambirasio.
Peccato che, almeno per 3, non si spieghi la presenza del pecettone di sequestro su un sito di un privato straniero (verificata ora).
Che, personalmente, conforta i miei sospetti: che gli ISP hanno ricevuto ordini dalla GdF (PM e GIP sono soltanto pedine inconsapevoli) e tra le stellette vanno cercati i colpevoli.
Aggiornamento del poco dopo: A due commentatori (che ringrazio per l’attenzione) i conti non tornanano. E, anch’io, avevo qualche dubbio. Ci si riferisce a questa frase della risposta di Fastweb.
“Ci preme infine precisare che l’architettura di rete che FASTWEB utilizza per la fascia residenziale della propria clientela è basata sul concetto di NAT (tecnica che consiste nel modificare, mediante router e firewall gli indirizzi IP dei pacchetti in transito, assegnando loro un altro indirizzo IP che viene utilizzato per le connessioni dirette al di fuori della rete FASTWEB): si può avere visibilità solo degli IP di navigazione (appunto IP di NAT), e pertanto non risulta tecnicamente possibile risalire ai dati anagrafici dell’utente FASTWEB che ha effettuato la navigazione“.
Ora, io, coi miei buoni limiti, l’ho capita così: che la rete Fastweb (residenziale) assegna un solo IP per tutte le connessioni che escono da un dato sistema che implementa la tecnica NAT. Qualcosa del genere, al suo tempo, mi era stato detto da un investigatore. Poi, però, io ho visto procedimenti (per roba su P2P) dove gli utenti sono stati immediatamente compiutamente identificati proprio grazie ai log di Fastweb. Peraltro, le ultime modifiche in tema di data retention introducono un vero e proprio obbligo di conservazione (con corrispondente sanzione amministrativa per l’omissione) specificando molto bene quali sono i dati da conservare.
Dove sbaglio? C’è qualcuno che può aiutare?
25 Responses to Qualche spiegazione sul redirect di TPB – UPDATED