Sed Lex > Quando il Ministro viola la legge (con premessa)
Contrariamente a quello che faccio di solito, questa volta non mi limito a copiare e incollare quanto pubblicato su PI. E’ necessaria una premessa.
Ieri, dopo aver ultimato il pezzo, l’ho fatto leggere ad un amico il quale, per magica combinazione, stava scrivendo sul medesimo argomento. Ha letto il mio contributo e, molto schiettamente, mi ha detto che mancava di sentimento. Gli ho risposto, ammettendo l’addebito, che, in quella sede, non potevo/volevo fare polemica e, anzi, dovevo fare il distaccato giurista.
Mi sono pentito subito dopo di questo mio “volar basso”. Avrei fatto meglio ad alzare il tiro, con parole piu’ dure ed esplicite. Perche’? Perche’ in uno stato di diritto e’ inconcepibile che un Ministro violi cosi’ sfacciatamente e impunemente la legge. Dovrebbe rendercene conto invece di lodare e lodarsi. E, invece, e’ ancora al suo posto.(da Punto Informatico del 4 luglio 2007)
Roma – C’è ancora molto consenso intorno all’oscuramento (rectius: all’inibizione per IP) del sito di “orgoglio pedofilo”. La raccolta di firme organizzata da E-Polis ha avuto un successo che, forse, neppure i promotori si aspettavano. Soprattutto, è riuscita a convincere il Ministro Gentiloni ad attivare, sembrerebbe per la prima volta, le procedure previste dal decreto che porta il suo nome. Soddisfazione e ringraziamenti alla Polizia Postale.
Successivamente, il Vice Presidente della Camera, Giorgia Meloni, ha chiesto la stessa cosa per un altro sito. Addirittura, in attesa di un intervento dell’Autorità, si è appellata all’iniziativa privata. Tutto come se fosse la cosa più normale, più giusta, più legale per combattere i possibili effetti della cd. “pedofilia culturale”.
Infine, negli ultimi giorni si è avuta notizia che l’on. Luca Volontè ha domandato l’inibizione per il sito del gioco “Operazione: Pretofilia” anche perché il gioco stesso, comunque ritenuto provocatorio e offensivo, comprenderebbe scene pedofile. Neppure realmente “virtuali”, secondo i creatori del gioco, anzi a bassissima risoluzione e con protagonisti stilizzati. E sembra che la richiesta sia stata inoltrata. Ma, almeno, questa volta ci sarà pur un giudice a Catania!
Malgrado queste istanze, da molte parti, però, si è parla senza mezzi termini di censura. Ecco un esempio. Ci si esprime in termini generali e astratti, beninteso, e non per difendere la pedofilia, quanto per stigmatizzare un presunto arbitrio. Timori, per la verità, già emersi all’indomani della pubblicazione del Decreto Gentiloni. Veggenza? Paranoia?
Dal canto mio vorrei occuparmi degli aspetti più strettamente giuridici cercando di dare una risposta a chi, comprensibilmente, nutre dei dubbi. Siamo certi che, al di là del fine istituzionale che non è qui in discussione, sia tutto perfettamente legale? Vado subito alle conclusioni, poi argomento. La mia opinione, dando per scontata la validità di certe premesse (cioè che sui siti non sia presente materiale pedopornografico), è no.
Il citato decreto Gentiloni riguarda la pedopornografia, non la pedofilia.
Sul punto non c’è alcun dubbio e, tra le righe, lo ammette lo stesso Ministro. Si tratta di una norma conseguente la creazione del Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia per effetto dell’art. 14-bis della legge 269/98 (come modificata l’anno scorso). Dunque, riguarda il filtraggio dei soli siti di pedopornografia, giova sottolinearlo.
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