Faccio alcune premesse.
Contrariamente a ciò che molti pensano (in un’illusione comprensibile), il diritto non è una scienza esatta. Non si finisce mai di imparare, di stupirsi. E le soluzioni più ovvie e corrette appaiono, talvolta, a chi, immune da pregiudizi e calcificazioni del proprio pensiero, ha, appunto, una mente più fresca e disponibile.
Mi sono imbattuto, non per caso, nel sito intitolato La Rivoluzione che, per quello che ho compreso io, fa dell’anti-copyright la propria battaglia principale, se non esclusiva. Io non so chi ci sia dietro. Il titolare del dominio non necessariamente è l’estensore degli scritti presenti. Di certo, però, dico che, pur ricordando quanto appena scritto, certe materie sono molto delicate e dovrebbero essere trattate da persone competenti. Ripeto che non conosco la cultura giuridica di chi scrive in quel blog.
Ci sono due post (linkati a scarichiamoli.org). Uno un po’ generico, l’altro più approfondito e argomentato. Mi ci sono perso un po’ anche perché ero convinto che il testo del primo fosse diverso, all’origine. Probabilmente, mi sono sbagliato.
Ad ogni modo, a mio parere entrambi – questo il senso del titolo e del contenuto del mio post – sono sbagliati e, soprattutto, pericolosi. Perché qualcuno, più ingenuo e desideroso di trovare una soluzione in un certo senso "vantaggiosa e comoda", potrebbe anche farci affidamento. Ma qui parliamo di diritto penale, mica di bruscolini.[[SPEZZA]]
Nei contributi segnalati – questo il succo – si dice che una legge del 1981 (la 689/81, per la precisione) avrebbe depenalizzato l’art. 171 lda vigente sino a quel momento. Non, dunque, la lettera a-bis) che è quella che riguarda il P2P e le altre forme di messa a disposizione. Novità del 2005.
Risultato? Lo sforzo del legislatore del 2005 di rendere penalmente rilevante la messa a disposizione abusiva di opere protette, senza fine di lucro, sarebbe in contrasto, per violazione (non indicata) dell’art. 3 Cost., con il resto dell’art. 171, comma 1, a detta dell’estensore di esclusiva pertinenza amministrativa.
Ma non è così e, anch’io, ve lo metto per iscritto. Presentandomi e qualificandomi (senza, perciò, definirmi infallibile).
Una breve digressione. Cosa sono le aggravanti e le fattispecie autonome sulla cui distinzione si fonda la tesi de La Rivoluzione? Molto semplicemente: le aggravanti sono "qualcosa in più di non essenziale" rispetto ad un’ipotesi base, le fattispecie autonome sono "qualcosa di essenzialmente diverso".
Giusto per stare in Rete, segnalo questo scritto di Massimo Mannucci, valente magistrato livornese che cita alcuni pilastri del diritto penale. Soltanto incidentalmente, segnalo che la Cassazione ha già risposto al dubbio di Mannucci, ma con un’argomentazione. secondo me, discutibile. Comunque, il valore, quanto meno generale, del pur sintetico scritto di Mannucci rimane.
Contrariamente a quanto ritiene La Rivoluzione, teleologia non significa soltanto bene tutelato dal legislatore, ma, molto più ampiamente, intenzione del legislatore, oggettivamente inteso.
Sicché l’indagine sul bene tutelato – oltre ad essere discutibile nelle conclusioni concrete – è un quasi inutile affanno, specie se altri elementi palesi sciolgono il nodo.
Personalmente, ancor prima di un canone teleologico, penso possa essere sufficiente il dato letterale. "Se i reati di cui sopra" richiama, chiaramente, le fattispecie del comma 1. E potrebbe bastare. Il resto è specificazione che nulla aggiunge, di essenziale, alle condotte, appunto, del comma 1, ma, semplicemente, accorda una maggiore tutela ad ipotesi particolari che, tutte, rientrano nel diritto d’autore.
Atteso che l’art. 171, nelle aggravanti, prevede la pena detentiva, l’art. 32 l. 689/81 non opera coi suoi effetti depenalizzanti.
Déjà vu, incidentalmente, in una sentenza della Consulta del 1986 che, evidentemente attesa la semplicità della questione, non ha inteso dilungarsi troppo.
Tirando le somme.
La presunta discriminazione degli internettiani cade se diamo per buono quanto ho appena esposto (e non soltanto, per la verità).
Sull’iniquità della causa di estinzione, si può anche discuter. Ma l’oblazione (ammesso che quella sia tale) non è certo istituto di ieri.
Soprattutto, però – ed è ciò che mi preme veramente – stiamo bene attenti a prendere per oro colato le tesi presenti in Rete.
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Scusa, ma non capisco la tua preoccupazione. Sulle riviste girano tesi molto più strampalate di quella di La Rivoluzione. quello che dice ha alcuni problemucci, fra cui quello di elevare la 689 (benemerita) a norma di rango quasi costituzionale. Vabbé. Ma perché ti turba il fatto che uno cerchi di fare interpretazione casalinga? Per il timore che qualcuno segua le singolari tesi interpretative di La Rivoluzione? Ma se lo fa commette un crimine ben peggiore punibile con la lapidazione e scorticatura: credere che quello che si legge in rete sia roba seria.
mi pare che si stia ripetendo con il diritto ciò che è già accaduto con la medicina.
Solo che non è sufficiente leggersi le voci di Wikipedia per diventare medici, e lo stesso vale per il diritto.
Questo atteggiamento è decisamente pericoloso, mica per i tecnici (o per i medici) ma per gli utenti.
Buonasera Minotti,
mi fa piacere che lei per caso sia venuto a conoscenza del mio sito dopo che io le ho inviato un’e-mail in cui le parlavo, guarda caso, della sentenza della Corte Costituzionale, del furto con strappo… insomma c’è telepatia tra noi e mi fa piacere. 🙂
Nell’e-mail le dicevo che la Corte Costituzionale ha detto che si tratta di circostanza aggravante e che per questo non ha luogo la depenalizzazione.
Ma la Corte Costituzionale non spiega perché non può trattarsi di fattispecie autonoma.
Per questo ho chiesto a lei, Minotti, di spiegarmelo.
Quindi, se non vogliamo fare petizioni di principio, occorre spiegare.
Le spegazioni che lei dà mi lasciano un po’ perplesso.
Lei non condivide la Cassazione quando dice che il furto con strappo è una fattispecie autonoma di reato: ne prendo atto.
Per le analogie che le evidenziavo nella mia e-mail, non mi stupisco se ora lei non condivide la mia interpretazione.
Quando parlo di criterio teleologico parlo del criterio più seguito dalla giurisprudenza di legittimità:
questo non lo affermo io ma la Cassazione:
http://www.filodiritto.com/notizieaggiornamenti/20ottobre2002/CasssenSUP26351truffaaggravataerogpubbliche.htm
“Secondo questo criterio” – dice la Cassazione – “quando la fattispecie penale tutela un bene giuridico diverso rispetto a quello tutelato dalla fattispecie penale di riferimento, siamo di fronte a unautonoma figura di reato e non a una circostanza aggravante.”
Significa che occorre esaminare lo scopo, ossia occorre capire verso quale bene giuridico sia finalizzata la tutela che il legislatore ha accordato.
Nel blog sono sintetico sul punto e lei mi tira le orecchie pensando che io confonda scopo con oggetto.
Non è così, mi creda.
Lei preferisce invece un’intepretazione letterale.
Mi permetto di consigliarle la lettura della sentenza che le ho linkato: vi troverà scritto che i vari criteri letterali (dal criterio del nomen iuris, al criterio topografico… ) non sono certamente quelli più opportuni.
Io lessi, Minotti, su PI la sua spiegazione della differenza tra circostanza aggravata e fattispecie autonoma, ma la trovai riduttiva.
In sostanza lei dice che se una fattispecie dice A e una dice A+B, la seconda fattispecie è aggravata.
E’ davvero un po’ troppo riduttiva come spiegazione.
Detto questo, Minotti, lasci che intanto la ringrazi per lpattenzione che mi ha dato.
Se vogliamo discutere serenamente (senza partire subito dicendo “al lupo al lupo”) sull’impossibilità di considerare fattispecie autonoma il comma 3, io sono a sua disposizione.
Smontando la mia intepretazione salveremo certamente gli Internettiani, che dopo averla letta saranno certamente passati dalle 5 ore di p2p illegale alle 5 ore e 2 minuti primi. 🙂
Grazie ancora, spero in una sua riposta.
Solo un paio di precisazioni.
La prima (sciocca): ho scritto “per caso” anziché “non per caso”.
La seconda (salata): leggo ora nei commenti che Minotti prende con le molle l’ermeneutica teleologica perché “il fine si adatta sempre a quello che più ci garba”.
Mi pare di capire che Minotti non ponga in connessione, come la Cassazione, fine e bene giuridico e che dunque lasci tutto al libero arbitrio.
Ma probabilmente ho capito male.
@ Nicola Grossi
Sono in aeroporto, con un palmare, mi riesce un po’ difficile rispondere come vorrei, ma ci provo.
Ho citato la Cassazione sulle nuove (si fa per dire) figure di furto non perché me l’ha citata lei, quanto perché l’ho pubblicata io per penale.it. E ricordavo pure lo scritto di Mannucci del quale condivido molto. Ecco perché la Cassazione, nella sua semplicità, non mi convince. E non ho detto che rigetto quella tesi, è cosa molto diversa.
Ho anche letto la sentenza su Filodiritto, ma non è corretto leggere una singola sentenza e trarne dei principi generali.
Per la teoria generale del diritto Oche potre anche aver dimenticato, visto che ho dato l’esame vent’anni fa), il canone primo è sempre quello letterale ed ho piegato perché si può anche non andare oltre. E, comunque, ritengo che il bene protetto sia il medesimo, almeno per la prima condotta.
Il resto, non sono mie affermazioni, legga bene, ma battute tra l’ironico e il disincantato del Collega Etienne64.
Mi peroni, ma non voglio contribuire ad illudere la gente. Ci ha già pensato la stampa con la presunta sentenza sul P2P.
Cordialità.
test
@N. Grossi
Lei è liberissimo di proporre tutte le interpretazioni possibili e come ho scritto in un primo commento, la Sua tesi non è nemmeno spregevole.
Però alcune osservazioni si impongono.
1. Bene giuridico e ratio sono due cose diverse. E’ un po’ difficile dirla tanto in breve, ma la ratio e cioé il fondamento dlele interpretazioni teleologiche grosso modo (è dal tempo dei romani che la nozione è ambigua) coincide con la volontà del legislatore (a sua volta diversamente intendibile come volontà sistemica o volontà storica) e cioé con il fine POLITICO perseguito dal legislatore. Il bene giuridico, invece, NON è il fine della norma, ma è l’entità (il bene della vita, per usare un’espressione piusttosto in voga) lesa dalla condotta assunta come criminale.
A dire il vero all’inizio del ‘900 ci fu una corrente tedesca che sostanzialmente unificò ratio e bene giuridico: ma non ha avuto molto successo e più o meno è morta là.
A che serve il concetto o nozione di b.g.? Essenzialmente a due cose: I) a selezionare i beni della vita per cui può essere predisposta una tutela penale II) A risolvere i conflitti apparenti di norme (art.15 c.p.) dacché per aver conflitto apparente vi deve essere, prima di tutto, medesimezza del bene giuridico. Come corollario serve a stabilire se si è in presenza di una fattispecie aggravata o di una fattispecie autonoma (Riferimento biblio sintetico: Romano, Commentario c.p. vol.I sub pre 39).
Sicché, il Suo ragionamento mi pare debole proprio in punto “fine”.
@ etienne64
La mia tesi non è spregevole, bene, la ringrazio per l’aggettivo.
Tuttavia lei dice: che è un crimine “credere che quello che si legge in rete sia roba seria”.
Mi chiedo se il concetto valga solo per me o valga anche per lei, Minotti e compagnia scrivente. 🙂
Battute a parte, andiamo alla questione e mi permetta di ringraziarla per l’apertura al dialogo.
Dal punto di vista della ratio, mi permetta di dirle che sta dando delle informazioni parziali.
Esiste la volontà del legislatore e la volontà della legge.
La volontà del legislatore è l’intenzione del legislatore storico, la volontà della legge è la vera e propria ratio legis, ossia la ragione, il motivo, lo scopo per cui una certa norma è stata emanata (sunto da “La disciplina legale dell’interpretazione”, in “Le fonti del diritto e l’interpetazione” di Riccardo Guastini ed. Giuffrè).
Premesso questo (che comun que si impara a scuola, quindi lo do per omesso, non per non conosciuto), è innegabile che le norme penali vengono emanate per tutelare diritti (patrimoniali o della persona).
La Cassazione, descrive l’interpretazione teleologica (non genericamente, ma quando essa ha ad oggetto la ricerca della natura aggravante o autonoma di una fattispecie! non mi metta la discussione sul piano generale perché è fuori luogo) non come la mera ricerca della volontà del legislatore (altrimenti avrebbe ragione Minotti quando dice che ognuno ci vede quello che più gli garba! uh se avrebbe ragione!) ma come la ricerca del bene giuridico cui è finalizzata la tutela accordata dal legislatore.
Che vuola fare il legislatore/la norma: ha lo scopo di tutelare lo stesso diritto o un diritto diverso? Se tutela un bene giuridico patrimoniale, lo scopo è quello di tutelare un bene giuridico patrimoniale, se tutela un bene giuridico personale, lo scopo è quello di tutelare un bene giuridico personale.
E’ ovvio che lo scopo è sempre quello di tutelare un bene giuridico, ma bisogna capire di quale bene giuridico si tratta e dunque capire se il bene è lo stesso o è un bene diverso.
Mi segue?
La Cassazione quindi dice:
“quando la fattispecie penale tutela un bene giuridico diverso rispetto a quello tutelato dalla fattispecie penale di riferimento, siamo di fronte a un’autonoma figura di reato e non a una circostanza aggravante”.
Ecco cosa significa interpretazione teleologica quando si tratta di accerare la natura autonoma o aggravata di una fattispecie.
E noi stiamo parlando proprio di questo, non di massimi sistemi.
Quindi vorrei capire se lei è d’ccordo con la descrizione che la Cassazione (e non solo! ci mancherebbe altro!) fa dell’interpretazione teleologica quando serve a capire se la fattispecie è autonoma o aggravata.
Se è d’accordo con la Cassazione è d’accordo con me.
Se non è d’accordo con la Cassazione non è d’accordo con me.
@etienne64
scusi se prima ho scambiato minotti per lei:
era lei a dire che l’interpretazione teleologica porta dove più ci garba 🙂
Cave consequentiaribus, diceva Leibnitz.
“E’ innegabile che le norme penali vengano emanate per tutelare diritti”.
E’ negabile, invece, eccome. Lo sosteneva nell’ottocento l’ottimo A. Fuerbach (il papà del noto filosofo). Ma poi la tesi è passata di moda. E ci sono delle buone ragioni.
Siamo su un blog e dobbiamo essere ultrabrevi.
A battuta, quindi:
1. se “scopo” della norma penale è la tutela del diritto (soggettivo), perché dovremmo aggiungere una nozione in più, quella di bene giuridico? Occam si rivolta nella tomba, poverino.
2. Qual’è il diritto soggettivo tutelato, p.es. dall’ineffabile art.650 c.p.? O facciamo una catena lunga un kilometro di diritti “impliciti” o non troviamo proprio nessun diritto soggettivo. Troviamo invece, questo sì, un “bene giuridico” e cioé l’efficenza della P.A: in determinate situazioni particolarmente rilevanti.
3. Genericamente, è falso, falsissimo, che il diritto penale tuteli un diritto soggettivo, se per tutela intendiamo il soddisfacimento dell’interesse giuridicamente tutelato. Il soddisfacimento del diritto sogg. lo fa il luminoso, bellissimo, sublime diritto civile e che … (espressione poco acconcia a un distinto professionista di 43 anni par mio).
4. Ma lo dice la Cassazione. Un vecchio giudice del lavoro soleva dire che la Cassazione spesso dice cassate. Giusta o sbagliata la dotta teoria, Deo gratias non siamo in ordinamento di common law e niente mi impedisce di pensare e scrivere (anche su riviste serie, è un sottile piacere fare note a sentenza demolitorie, evidnetemente condiviso se me le publicano) che la Cassazione ha preso un abbaglio.
Nel caso del furto la Cass. ha fatto prevalere di brutto la voluntas legis: sicocme tutti erano tanto arrabbiati per la (supposta) pochezza delle pene per il furto (ah, povero Antolisei… niun ti caga…) si sono inventati ‘sta menata della fattsipecie autonoma,sperando di evitare il bilanciamento delle circostanze. Siccome le fattispecie sono evidentemente delle mere aggravanti ad effetto speciale (non è isolando dell aggravanti che le si elevano a fattispecie autonoma) la Cass. per far contento il legislatore si è dovuta inventare con una motivazione a dir poco “stringata” il pseudoragionamento dell’interpretazione teleologica. Salvo che, se avrà voglia di faresi una ricerchetta, la stessa cass. in una marea di sentenze (non vorrà mica che la ricerca la faccia io, spero) ha esaltato il criterio letterale.
Ultima notazione: se fa il sunto di Guastini, autore che tanto mi piace, lo dovrebbe leggere un po’ meglio. Infatti, Guastini, nel Trattato Iudica Zatti da Lei citato, presenta la “volontà del legislatore” e la “volontà della legge” come due varianti del medesimo argomento che, coincidono pari apri con i mei termini “volontà storica” (legislatore) e “volontà sistemica” (volontà della legge). Ah, e non per nulla Guastini, sulla scorta dell’insegnamento di Vallauri, evidnezia le valutazioni politiche retrostanti alle interpretazioni di questo tipo.
Le parrà strano, ma qualche volta mi capita pure a me di occuparmi di diritto.
Con simpatia
*si gode la discussione con i pop corn in mano*
Leibnitz, Occam, A. Fuerbach (il padre)… apprezzo molto la sua cultura, anche se temo che lei sia andato un po’, come dicevo prima, sui massimi sistemi e la dialettica e molto poco sulla sostanza particolare.
Prendo atto invece della risposta concreta alla domanda concreta: secondo lei la Cassazione ha preso un abbaglio e si è inventata “la menata della fattispecie autonoma”.
Lei non ci crederà, ma questo genere di affermazioni mi conforta. 🙂
Per quanto riguarda il “caso Guastini”, lei parla di volontà storica e sistemica, certo, ma subito dopo unifica sotto “fine politico”.
Il fine politico, invece, si rileva solo dai lavori preparatori (es. atti parlamentari) e riguarda la volontà storica, non anche quella sistemica.
Ma questo lei lo sa perché, contrariamente a quanto ho fatto io, ha letto bene il Guastini.
Con simpatia
Kaelidan mi fa notare che ho scritto qual’é…. perdono, mi è scappato nella foga, faccio tre metri di cornicette per giusta ammenda….
Visto che non riesco a postare su La Rivoluzione (non so per quale motivo), rispondo qui al tenutario di detto sito non senza notiziarvi che Guastini aveva proprio la cattedra di teoria generale a Genova e che era – ed e’ – l’autore di quel testo che sarebbe oramai *vecchio* di vent’anni e che, pero’, vedo citato.
Guarda un po’…
Segue risposta a questo post
http://www.blogger.com/comment.g?blogID=18782148&postID=117012189391235336&isPopup=true
*********************
Guardi, lei avra’ scelto me come interlocutore, ma non viceversa.
Ho scritto quel post non per rispondere, in modo affrettato, alla sua email, ma perche’ la sua teoria mi era gia’ stata segnalata.
Comunque, senza fare il martire del lavoro, non ho il tempo di scrivere post chilometrici come i suoi. Per controbattere chi? A prescindere dal grado della sua cultura giuridica che non ci e’ noto (ma mi permetta di dirle che, malgrado la pericolosa perentorieta’ delle sue affermazioni, non sembra elevato), il rischio e’ quello di combattere contro chi non ama sertirsi smentire e che non la piantera’ di postare in ogni dove (e anche per email – per il futuro si astenga, per cortesia) se non con la vittoria finale, per sfinimento.
Io non voglio stare a questo gioco e pensi quello che vuole di me.
Perdoni la franchezza, ma a parte quello che, forse, riusciro’ a scrivere sul mio blog, dovrebbe rivedersi un po’ l’art. 12 delle Preleggi, la relativa elaborazione, la distinzione tra diritti morali e patrimoniali nel diritto d’autore (non personali – anche se puo’ essere soltanto una questione terminologica).
Eviti di prendere una singola sentenza su un singolo reato per celebrare la vittoria, assoluta, dell’argomento teleologico, in ogni caso.
Le fornisco un’ulteriore spunto, una cosa che mi e’ venuta in mente ora, dunque da verificare non a quest’ora dopo una trasferta in giornata che mi ha portato a 800 Km. da casa e domani si riparte per altri 300.
Secondo lei, che bene si tutela impedendo una rivelazione del contenuto di un’opera altrui prima che lo stesso sia reso pubblico? Giusto per seguire, senza troppa convizione (mia) l’essenzialita’ della diversita’ (presunta) dei diversi beni tutelati.
Quanto alle Non notizie = cazzate, e’ una sua impressione, sua terminologia.
Contrariamente a quello che pensa lei, sono io quello che perde tempo…
Infine, per veder trionfare la sua tesi, le consiglio di autodenunciarsi e scrivere da solo la propria autodifesa.
Sinceramente, non posso escludere una suo accoglimento, l’ho gia’ detto.
Cordialita’.
Daniele Minotti
@ Minotti
“Gentile” Minotti, mi pare che abbia perso un po’ le staffe… sarà stata la giornata faticosa. Quindi sorvolerò sul quadretto davvero poco carino che sta facendo della mia persona.
Ma potebbe essere segno di assenza di argomenti e in effetti pare proprio così.
Mi limito quindi a rispondere ai nuovi argomenti che propone.
1. La distinzione tra diritti morali e personali è puramente terminologica (come lei stesso dice).
L’articolo 12 delle preleggi è il canone dell’esegesi.
E questo che significa? Che l’ermeneusi non esiste?
Esiste. Semplicemente si tratta di capire quale strada sia meglio seguire nel caso specifico.
L’ermeneusi èoggi ben più accreditata dell’esegesi quando si tratta di capire se una fattispecie è autonoma o no.
Lo dice la Cassazione nel 2002, perfettamente consapevole
del fatto che esistono le preleggi del 1942.
2. Non prendo una sentenza, le prendo TUTTE e le chiedo (per la seconda volta): quello che la Cassazione dice, ossia che il criterio teleologico è il più accreditato in giurisprudenza quando si tratta di capire se una fattispecie è o non è autonoma, corrisponde a verità oppure no?
E’ un dato di fatto, non un’interpretazione legata ad una sentenza particolare: o è vero o non è vero.
A me pare che questa cosa lei non la digerisca affatto: ma ha davvero poco senso che lei mi ordini di non ricordarglielo più.
3. Il diritto di inedito. E, come scrivo sul blog, è assolutamente logico che sia così. Ci sono 3 condotte nel comma 3 e 3 sono i diritti morali imprescrittibili.
Col riferimento all'”opera non destinata alla pubblicazione” si tutela il diritto di inedito. Quadra tutto anche sotto il profilo logico.
Invece secondo lei che bene si tutela? Mi dica.
4. Sul blog c’è scritto “CAZZATE, DICO IO”. Quindi CAZZATE lo dico io, non lei, giusto? Le torna l’esegesi?
5. Si ricordi Minotti che “TESI SBAGLIATE E PERICOLOSE” l’ha scritto lei, non io. Cioè lei prima dice “al mondo” che certamente la mia tesi è sbagliata e pericolosa e poi dice a me che lei non esclude il suo accoglimento. Non ci trova nulla di contraddittorio? Nemmeno sotto il profilo esegetico?
Sul libro citato: ha mai letto “L’Interpretazione” di Lina Bigliazzi Geri? Tanto per citare libri di persone che conoscevo io.
Minotti si difende perfettamente da solo.
Ma egregio Nicola Grossi, l’ha letta la sentenza Cass. SU che Lei cita nel suo blog? Ha letto che le stesse SU alla fine superano il criterio sontenticamnete chimato teleologico?
@ etienne64
Sta confondendo le acque (attività eristica, che, ammetto, le riesce bene): le SU dicono in quella sentenza che non si può trattare di fattispecie autonoma perché l’elemento aggiunto è un bene giuridico dello stesso tipo:
“La descrizione della fattispecie, insomma, non immuta gli elementi essenziali del delitto di truffa, né quelli materiali né quelli psicologici, ma introduce soltanto un oggetto materiale specifico – tradizionalmente qualificato come accidentale e cioè circostanziale — laddove prevede che la condotta truffaldina dellagente e la disposizione patrimoniale dellente pubblico riguardino contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo.”
e poi:
“Per le considerazioni sopra svolte, restando immutata la struttura essenziale del reato, non cambia neppure il bene giuridico tutelato, che è sempre il patrimonio del soggetto passivo.”
Ovviamente non ho citato la sentenza per estendere la validità dell’interpetazione ivi contenuta (sono d’accordo con Minotti su questo) e
fare un ragionamaneo ab contrario, che non può che avvalorare la mia interpretazione (il bene giuridico è sempre di natura patrimoniale).
L’ho citata perché parla di dati oggettivi, quelli sì estensibili:
ossia il fatto che l’inerpretazione teleologica è la più accreditata per capire se la fattispecie è autonoma o aggravata.
Guardi, Grossi. Io, tra le righe, glel’ho gia’ chiesto, ma non ho letto rissposte.
Dichiari, cortesemente, i suoi studi giuridici. Se e’ uno studente, quanti, quali esami ha sostenuto e, magari, con che risultati.
Se e’ un avvocato, di che materie si occupa normalmente (io, sebbene avvocato, non mi metto a dibattere di materie che non pratico).
Se e’ un hobbysta, ce lo dica chiaramente.
Se e’ un magistrato, altrettanto.
Se e’ un professore di materie giuridiche, ci dica quale corso e di dove.
Anche se, a leggere il database pubblico della lista no1984.org, tutti possono farsi un’idea delle idee, degli atteggiamenti, che qualificano la sua persona. Sempre che, ovviamente, chi si firma Nicola A. Grossi sia veramente lei (nel caso, non se la prenda con me).
Ecco l’archivio di gennaio, da leggere
http://lists.no1984.org/pipermail/tc/2007-January/thread.html
Da non leggere, invece, quando si dice che io non escludo l’accoglimento della sua tesi. Forse non ha capito il senso della mia frase…
Per il resto, come gia’ detto, non intendo ribattere e dica pure che non ho argomenti (in realta’, gia’ tutti esposti, ma lei non se ne fa una ragione). Dubito fortemente che lei possa essere il mio giudice (altrimenti, mi dica con quali meriti e titoli).
Eppoi, puo’ anche non sorvolare. Se dovesse seguire il mio consiglio di autodenunciarsi per saggiare la bonta’ della sua tesi, non dimentichi di segnalare al magistrato le mie parole. Sono certo che avra’ occasione di farsi una cultura anche su altri reati cui, mi sembra, sta pensando.
Per me la discussione e’ chiusa, per mille motivi. Quando lei rispondera’ alle domande di cui sopra, capiremo anche per merito di chi.
Cordialita’.
Daniele Minotti
Caro Minotti, si legga questo:
http://www.scarichiamoli.org/larivoluzione/?post=2006/11/prima-privacy-fit-in-ore.html
Non sarà certo con lei, Minotti, che io verrò a parlare della mia vita privata su Internet, che non ha nulla a che fare con la questione di cui si parla.
Potevo venirle a parlarle come professionista, come presidente, come privato cittadino… invece, caro Minotti, sono venuto a parlarle come utente della rete.
Le ho posto una domanda in privato (e se lei avesse riposto in privato sarebbe potuta nascere anche un’amicizia tra noi, chissà!), ma lei si è rivolto al pubblico, ha detto quello che ha detto e io ho detto quello che ho detto.
Le persone si faranno un’opinione. Dov’è il problema?
Lei mi parla di no1984.org (si sente con Gallus? io penso di sì, ma sono fatti suoi, non mi risponda, non mi interessa):
lo sa che ho ricevuto addirittura minacce di querela per avere detto “questa è una cazzata”?
E io dovrei venire a mettere in gioco anche la mia vita privata? etienne64 chi è? Come si chiama? Lei lo sa? Lo sa chi è? Io no. E non lo voglio nemmeno sapere. Mi basta sapere quello che dice per rispondergli, non mi servono i suoi dati anagrafici, l’elenco delle sue eventuali pubblicazioni ecc. ecc.
Sono 4 anni che io faccio rete e propongo soluzioni innovative. Ma sono 3 anni che curo anche la mia riservatezza… nei limiti del possibile, perché spesso è inevitabile concedersi un poco, soprattutto agli amici.
Non voglio sentire il peso che altri sentono quando qualcuno dice loro che hanno scritto una cazzata.
Non lo voglio quel peso. Non voglio minacciare querele.
E soprattutto non voglio fare a chi ce l’ha più lungo, perché l’ultimo argomento che lei vuole utilizzare davanti all’uditorio a me pare che sia proprio questo.
Considerando che la sua opnione me l’ha data, considerando che siamo arrivati ad un punto morto (altrimenti le assicuro che avrei aggiornato il mio blog), considerando che quello che volevo da lei l’ho già avuto (velate offese personali incluse: secondo lei io non sono molto colto: è vero! non mi sono mai sentito tale! ma secondo me lei non è più colto di me) e che il suo ultimo argomento è l’argomentum ad personam, considerando che ho già un giudice penale che mi dice che la mia argomentazione è possibile, considerando che a breve apriamo in commissione cultura della camera la riforma della LDA nei punti relativi a sanzioni penali e TPM… beh, caro Minotti, stia bene! Io credo che riuscirò a vivere sufficientemente felice anche senza di lei.
Omnis animi voluptas, omnisque alacritas in eo sita est, quod quis habeat, quibuscum conferens se, possit magnifice sentire de seipso.
Si è posto male, Grossi. E lei non lo capisce, non lo vuole capire.
Ogni scienza è piena di tesi illuminate o, all’opposto, ridicole. Ma, nell’esposizione, ci vuole quello che lei ha dimostrato di non avere. Si faccia un po’ di sana autocritica anche perché il termine *cazzate* è più da osteria che da contesto scientifico. Non si stupisca se si offendono. E non sostenga che, rispetto a quello che lei dice in quella lista, i miei dubbi (che rimangono) sulla sua cultura giuridica sono velate offese. Prima di scagliare la prima pietra, valuti meglio quello che dice alla gente.
Potevamo essere amici? Per caso se le avessi dato ragione? Strano metro…
Ad personam, devo chiederle le credenziali. Io non parlo di medicina se non sono un medico.
Quanto al giudice penale, so perfettamente chi è, lo conosco da anni. Non condivido molte cose che dice, ma lo rispetto e non gli dico *Caro G., dici cazzate*. Nel rispetto che ho per lui, è stato anche invitato ad un convegno di Penale.it. Cerchi in Rete, si informi.
Un po’ di autocritica su tutto non guasta mai.
Cordialità.
Daniele Minotti
Vabbé, il popcorn genera obblighi non aggirabili.
In sintesi: il problema centrale della tesi del sig. Grossi è che applica la 689/81 a disposizioni promulgate successivamente alla 689/81. (1° mio commento). Poiché la 689/81 non è legge costituzionale o di rango comunque superlegale, il legislatore può benissimo sanzionare taluno penalmente con la sola multa e la 689/81 pro futuro.
2. Autonomia o meno. La stessa giurisprudenza citata da Grossi, dopo aver dato atto di un criterio “teleologico” alla fine compie la sua valutazione sulla struttura del reato e cioé fa una valutazione sull’ “in se” e non sul “fine a cui”. Vero, altre volte la Cass. ha fatto affermazioni “teleologiche”: ma è errato che il criterio teleologico sia l’unico accettato (anzi fa pure un po’ schifo).
3. Il sig. Grossi par non cogliere l’essenza della problematicità della ermeneutica giuridica e cioé l’esistenza (coesistenza, se piace) di molteplici metodi TUTTI ritenuti corretti, con l’inevitabile consenguenza della possibilità di differenti risultati metodologicamente corretti (Vallauri).
4. Mi infastidisce l’uso dell’argomentum ad hominem contrario e cioé accusare l’interlocutore di sofismo senza punto entrare nel merito dell’argomenbtazione. Egr. sig. Grossi, mi dispiace se ho citato Feuerbach: ma per i giuristi certi nomi sono come per i matematici i nomi dei dimostratori di certi teoremi. Nessuno se ne avrebbe a male se citassi il teorema di Cauchy o quello di Pitagora: se cito Feuerbach o Antolisei lei ritiene che voglia sovrastarla con una mia presunta maggior cultura. Sorry, le citazioni fanno parte dell’armamentario argomentativo del diritto.
E con questo, finito il popcorn (cazzo, ve lo siete pappato tutti, fetenti!), io concludo.
Rispondo al sig. etienne64, perché, a quanto pare, gli va di parlare della questione in oggetto e non di quella in soggetto (argomentum ad personam: poi le dico perché lei si sbaglia quando parla di argomentum ad hominem).
Bene, bene, bene.
1. Non ho alcuna intenzione di applicare la 689/1981 a disposizioni promulgate successivamente! Quindi, di cosa sta parlando? Mi sollazza.
2. Ho già tentato di farle capire il motivo per cui ho citato quella sentenza (contiene un’affermazione oggettiva in merito all’utilizzo dell’interpretazione teleologica: o è vera o non è vera), ma, a quanto pare, lei non ci sente da quell’orecchio e preferisce confutare la tesi con un apagoge (squallidissimo mezzuccio eristico), sostenendo (cosa non vera) che la sentenza smentisce la mia stessa tesi.
Quindi lei parla di una cosa diversa da quella di cui io parlo, e facendo crerdere che sta parlando della stessa cosa di cui io parlo, cerca di confutare.
Tuttavia, anche volendo parlare di quello di cui lei parla,
le cose non stanno così come lei le commenta.
La sentenza, è bene citarla, dice:
“La descrizione della fattispecie, insomma, non immuta gli elementi essenziali del delitto di truffa, né quelli materiali né quelli psicologici, ma introduce soltanto un oggetto materiale specifico – tradizionalmente qualificato come accidentale e cioè circostanziale — laddove prevede che la condotta truffaldina dellagente e la disposizione patrimoniale dellente pubblico riguardino contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo. Tra reato-base e reato circostanziato intercorre quindi un rapporto di specialità unilaterale, per specificazione o per aggiunta, nel senso che il secondo include tutti gli elementi essenziali del primo con la specificazione o laggiunta di elementi circostanziali.
Per completezza, si deve rilevare come la specialità che caratterizza la fattispecie dellarticolo 640bis rispetto alla truffa semplice di cui allarticolo 640 sia in realtà duplice, giacché riguarda sia loggetto materiale della condotta dellagente e della disposizione patrimoniale del soggetto passivo (sovvenzioni ed erogazioni) sia la natura pubblica del soggetto passivo medesimo (Stato, Comunità europea, altri enti pubblici); mentre in rapporto alla fattispecie di truffa aggravata contro lo Stato o altri enti pubblici, di cui allarticolo 640 Cpv n. 1, quella specialità si riduca solo alloggetto materiale, posto che i soggetti passivi appartengono nei due casi alla stessa categoria pubblicistica (gli istituti comunitari sono considerati pacificamente di diritto pubblico: cfr. per tutte Cassazione sezioni unite Panigoni, succitata, rv. 203971).”
Basta leggere per capire, ragionando ab contrario, che se il bene giuridico protetto fosse stato di altra natura (cioè personale) non si sarebbe trattato di una circostanza aggravante.
Per sostenere quello che lei sostiene deve dire che la Cassazione di qualche riga prima smentisce la Cassazione di qualche riga dopo. Non mi pare proprio che sia così.
3. Affermazione molto generica per cui si potrebbe porvi contro qualsiasi affermazione specifica per dire che quell’affermazione generica, nel caso di specie, vale davvero poco. Ma l’ho già fatto, quando ho spiegato che il criterio teleologico è quello obiettivamente più utilizzato in giurisprudenza non in senso assoluto ma quando occorre stabilire se una fattispecie è autonoma oppure aggravata (proprio perché, come ho scritto [lei ha letto?] non si tratta di ragionare sulla base della volontà del legislatore storico o sistemico, liberamente dedotta, ma di considerare la natura del bene giuridico protetto => la volontà viene accertata sulla base di un dato oggettivo, non soggettivo).
Pertanto, per suo diletto (visto che le piace sempre generalizzare: tecnica anch’essa della peggior sofistica), le risponderò con una citazione altrettanto generica: quella di Paolo Grossi (in “Interpretazione ed esegesi”), che, ricordando l’opinione di Vittorio Scialoja, sottolinea come le ripetute violazioni dei testi antichi da parte dei Glossatori non fossero il frutto di “asinina imprudentia, ma di sensibilità alle esigenze della civiltà nuova.”
4. L’argomentum ad hominem e l’argomentum ad personam non sono la stessa cosa (è la seconda volta che lei mi prende sviste: nulla di grave, ma se proprio vuole atteggiarsi a fine conoscitore del diritto, eviti di prenderle):
l’argomentum ad hominem o ex concessis mira a porre il soggetto in contraddizione con quanto da lui affermato in precedenza; l’argomentum ad personam, invece, viene utilizzato quando ci si accorge che l’avversario è superiore e si finirà per avere torto; per questo si passa dall’oggetto della contesa al contendente e si attacca in qualche modo la sua persona.
Dopodiché, se vuole che anche io mi metta a citare più o meno fuori contesto tanti sommi sacerdoti del diritto, le basta invitarmi a farlo, le assicuro che non avrò alcun problema.
Ma per natura preferisco badare alla sostanza anziché alla forma, e alla ricerca, anziché all’uditorio.
Ecco, nell’argomentum ad personam di Minotti è anche insito un argomentum ad auditores.
Ha ragione lei. Contento?
Credo che la tesi non possa dirsi sbagliata… semplicemente è un’interpretazione possibile. Almeno, non mi pare che siano giunte dimostrazioni dell’impossibilità della tesi.