Vista si “autotutela”
"La ratio di una siffatta integrazione, che incide anche sulla fattispecie del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni commesso mediante violenza sulle cose, risiede nella necessità di non lasciare privi di sanzione comportamenti di sicuro rilievo delittuoso e che appaiono assimilabili alle ipotesi di danneggiamento o di mutamento di destinazione. Si tratta, ad esempio, della «mutilazione» o del rendere, anche parzialmente, inservibili programmi informatici in ordine ai quali l’agente vanti pretesi diritti, ancorché si trovino nella disponibilità altrui, ovvero dell’impedire o dell’alterare il funzionamento di sistemi informatici o telematici, azioni realizzate con l’intento di esercitare diritti che potrebbero essere fatti valere innanzi al giudice, e per i quali si ricorra, invece, ad una sorta di autotutela, e cioè a quel «farsi ragione da sé medesimo» che la norma contenuta nell’art. 392 c.p. mira appunto a reprimere".
Quello riportato e’ un brano della Relazione al ddl 2773 – XI Legislatura dal quale sortiva la l. 547/93 in tema di reati informatici.