SIAE, bugie e videotape (contrassegnati)

La Voce, che si definisce "primo quotidiano indipendente on line" (ma che io non conoscevo), se ne esce con un titolone shock: "Diritti d’autore: i supporti con opere tutelate vanno vidimati". L’articolo, poi, e’ tutto un programma, ma, a ben vedere, e’ copiato e incollato dal sito SIAE (senza citare la fonte…) che, finalmente, dice qualcosa. Di sbagliato. Vediamo perche’.[[SPEZZA]]
Il "fatto" e’ il solito, almeno per questo blog dove se ne e’ parlato in diversi post (gli altri media tacciono): la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee in tema di contrassegno SIAE.
E partiamo dal titolone. La Corte dice l’esatto contrario e, cioe’, che "l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno «SIAE» in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato". Tutto chiarissimo, ma non per la SIAE. Se la regola tecnica non e’ stata notificata, non puo’ essere opposta al privato, dunque l’obbligo decade.
Mi verrebbe da fermarmi qui, ma la pervicacia della SIAE impone di affondare il colpo sperando che porti al KO.
Se e’ vero che sul caso cesenate la decisione definitiva spettera’ al Giudice italiano, francamente non vedo come quest’ultimo potra’ giungere a condanna. Il motivo e’ sempre elementare: se c’e’ una norma che impone l’obbligo del contrassegno (art. 181-bis l.d.a.) e una che sanziona determinate condotte relative a supporti non vidimati se il contrassegno non c’e’ (artt. 171-bis e 171-ter l.d.a., ad esempio), alla luce dell’illegalita’ (va detto senza mezzi termini) del bollino, la norma sanzionatoria e’ inapplicabile. L’han voluta scrivere cosi’, tutta puntellata sulla benedetta pecetta, che, ora, il castello di carta cade inevitabilmente.
L’Araba Fenice, questa volta, non puo’ rinascere dalle proprie ceneri. A nulla vale sostenere che il caso di specie riguardava la fissazione, su supporti ottici, di opere figurative, lasciando intendere che per altre opere (software, video, audio, ecc.) l’obbligo sussisterebbe ancora. Da un lato, limpidamente, la Corte si e’ occupata di aspetti di carattere generale velevoli per ogni vidimazione imposta. Dall’altro, il processo ha per oggetto la contestazione dell’art. 171-ter l.d.a. (nella previgente lett. c) che, comunque, riguarda tutti i supporti audio-video. Ah… dimenticavo… I CD contenevano anche un accompagnamento musicale e un film. Forse la SIAE non ha letto bene gli atti di causa…
Inoltre, il mancato approfondimento, nel merito, va letto diversamente. La Corte ha sostanzialmente accolto in toto le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte stessa il quale scrive: "È quindi superfluo rispondere agli altri quesiti sollevati nella questione pregiudiziale, poiché la loro soluzione non è utile ai fini della soluzione della causa principale". Penso non necessitino di spiegazioni.
Circa l’argomento secondo cui la legge italiana sanzionerebbe, anche penalmente, l’utilizzazione abusiva di opere, va detto che da un lato non coglie il nocciolo della causa cesenate (che non ha mai riguardato un’utilizzazione abusiva, ma soltanto la mancata apposizione del contrassegno), dall’altro, come anticipato, le sanzioni penali scattano se il bollino non c’e’, indipendentemente dall’abuso. Che e’ una bestialita’, ma l’hanno voluta cosi’ e, ora, se la tengono.
Se, infine, un autore vuole marchiare le sue opere, e’ una sua libera scelta, ma, con le parole dell’Avvocato generale, "le autorità italiane non possono pertanto perseguire il sig. Schwibbert per non aver adempiuto l’obbligo di apposizione del contrassegno".

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