Author Archives: Daniele Minotti

Anche i ciclisti craccano

Notizia fortissima (anche se i giornalisti confondono sempre hacker con cracker…): un ciclista ha bucato i computer della federazione per dimostrarsi non positivo al doping.
L’ho letta su FB nello status di Giovanni Ziccardi e con lui condivido: questa mi mancava 😉
QUI, dal Corriere.

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AGCOM e diritto d’autore

L’Autorithy di cui al titolo ha messo online un’interessante “indagine conoscitiva” su diritto d’autore e Rete.
Da leggere, QUI.

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Privacy & Social Network a Milano (autopromozione)

Monica Gobbato, amica e collega milanese, organizza sempre della cose carine e intriganti.
Questa volta lei ed io faremo due chiacchiere su privacy, social network e prova informatica nei rapporti tra coniugi (visto che, ultimamente, la cronaca ci ha consegnato casi un po’ scottanti).
Quando? Giovedì 25 febbraio 2010 alle ore 18.00 (a seguire ci sarà un cocktail).
Dove? A Milano presso la Galleria San Lorenzo di Via Sirtori, 31 (sì, è una galleria d’arte, avete letto bene).
L’evento è gratuito, ma i posti sono limitati. Dunque, occorre prenotarsi. Potete contattarmi.

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Dacci oggi la nostra giustizia quotidiana: spunti per una riflessione

Di solito non parlo di casi che tratto personalmente in qualità di avvocato. Questa volta, però, faccio un’eccezione perché, come anticipato nel titolo, il caso concreto può condurre a riflessioni di carattere generale.

Bene. Mi viene notificato un decreto di citazione diretta per questioni, ovviamente penali, di diritto d’autore. Riporto i capi di imputazione relativi al mio assistito.

Imputato Tizio

a) per il reato di cui agli artt. 171, 171 bis della L. 633/41 mod. dalla L. 248/2000, perché deteneva: n. 95 films e 17.693 brani musicali in formato elettronico, illecitamente duplicati e contenenti programmi per elaboratore riproducesti fonogrammi di opere musicali e sequenze di immagini in movimento tutelate dal diritto d’autore

b) per il reato di cui all’art. 171 ter della L. 633/41 mod. dalla L. 248/00, perché poneva in commercio o comunque deteneva: n. 95 films e 17.693 brani musicali in formato elettronico; supporti contenenti fonogrammi di opere musicali e sequenze di immagini in movimento per i quali è prescritta l’apposizione di contrassegno della S.I.A.E.

Tutto vero, non è uno scherzo. Questa è la trascrizione fedele e integrale.

Penso che chi capisce un minimo di diritto d’autore si sia già messo le mani nei capelli.

Passino i film e i brani contenti programmi per elaboratore riproducenti fonogrammi, ecc. (questa è proprio pesante, eh…).

Passi il fatto che sono contestate condotte non sempre presenti nella legge.

Passino i tre articoli di legge letteralmente buttati lì, senza correlazione coi fatti contestati (sia per condotte che per opere tutelate) e, soprattutto, che contengono una messe di ipotesi delittuose e dal trattamento ben distinto.

Passi che, per quei fatti contestati nel marzo 2006, il contrassegno SIAE, come sappiamo, era certamente inopponibile.

Passi un corno!

Tre imputati, tre avvocati. Una collega che non si è presentata, un altro collega decisamente disorientato sulla disciplina applicabile. Insomma, che è Minotti che deve cercare di fare qualcosa e, in prima battuta, pensa ad una questione di nullità del decreto di citazione per indeterminatezza del capo di imputazione (art. 552, comma 1, lett. c) c.p.p., per i tecnici).

La pongo, il pm, ovviamente, risponde che le condotte sono precisamente individuate e che le norme di legge sono indicate, commi e lettere non servono. Sic!

I giudice guarda il decreto, fintamente mostrando padronanza della materia, neppure si degna di aprire un codice per controllare la legge (che non è quotidiana, lo capisco) e, speditamente, conclude avallando la tesi del pm.

Ora, quel giudice è una brava persona, cordiale ed educato. Non ti viene da maledirlo, però… non è stato un buon giudice. Penso che chi mastica la materia sia d’accordo con me.

La riflessione ad un livello più elevato e ancora più importante.

Ne parlavo l’altro giorno con una cara collega. Abbiamo, insieme, concluso che di fronte a certe storture della giustizia noi dobbiamo rimanere saldi sui nostri principi. L’avvocato non è un azzeccagarbugli, ma è il vero trait-d’union tra giustizia e cittadino. Ben più del magistrato. E qui non si deve cedere alzando le spalle.

Lei, però, a differenza di me si arrabbia anche e cerca di fare qualcosa (ha un ruolo istituzionale, a differenza di me). Beh, ha ragione lei. Colleghi, svegliamoci! Non è questione del singolo caso, non è per prendersela con quel magistrato (che, come detto, è una brava persona) e neppure con tutta la magistratura (qui non ci sono da fare battaglie di classe), ma di cercare di cambiare questa giustizia che non è al collasso soltanto per quello che, ogni anno (e pur giustamente), ci viene ripetuto all’apertura dell’anno giudiziario.

E i cittadini devono sapere. Ecco perché mi sono permesso di raccontare qui questa vicenda. Non drammatica (non parliamo di un omicidio), ma, comunque, significativa.

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Internet e stampa. Ci risiamo

Altra sentenza, fortunatamente non di Cassazione, passata un po’ in sordina. E’ su Penale.it.
Trattasi di una contestazione di diffamazione a mezzo stampa per alcuni commenti pubblicati sul forum di un certo sito, peraltro testata registrata prima degli accadimenti.
Il giudice, per quello che interessa in questa sede, fa i seguenti ragionamenti:
– anche i siti, per la precisione i “quotidiani on line”, sono prodotti editoriali ai sensi della l. 62/2001, dunque sono stampa e per i reati commessi mediante questo mezzo risponde anche il direttore;
– lo stesso direttore ha un obbligo di controllo anche sul contenuto del forum e se i commenti sono rimasti on line per parecchi, “non poteva non sapere”.
Vediamo un po’ perché entrambe le conclusioni sono sbagliate:
– vero è che la definizione di “prodotto editoriale” è assai ampia (lo sappiamo bene, sin dai tempi), ma, come spesso accade, ci si dimentica che il d.lgs. 70/2003 stabilisce che in capo al prestatore di servizi della società dell’informazione non vi è obbligo di controllo; soltanto incidentalmente va notato, come anticipato, che il sito in questione è (ed era) una testata registrata; il giudice poteva evitarsi tutto il discorso sulla l. 62/2001 saltando subito alle questioni di responsabilità del direttore; visto che della registrazione proprio non si parla, le conclusioni sarebbero state le stesse per un qualsiasi sito (cosa, ovviamente, sbagliata e pericolosa); meno male che la Cassazione ha, da tempo, spezzato l’equazione Internet=stampa (la pronuncia, allora, appare ignota al tribunale fiorentino);
– vero è che, ai sensi della legge sulla stampa, il direttore ha l’obbligo di controllo, ma non ci stancheremo mai di ripetere che un ambito Internet, a maggiore nei suoi contenuti “partecipativi” (come i forum), non è come un giornale col suo direttore, i suoi redattori, ecc.  I forum, pur nel contesto della testata, sono soltanto degli spazi concessi dal titolare del sito e di fatto “autogestiti” dagli utenti che se ne assumono ogni responsabilità. Peraltro, il fatto che i commenti fossero presenti da tempo, non sposta di un millimetro la questione perché tutti (tranne il giudice, evidentemente) sanno perfettamente quanto certi flussi siano ingovernabili e incontrollabili.
Nella sentenza di Cassazione citata sopra, io leggo qualcosa di più, proprio a conforto della tesi testé espressa e pur ipotizzando il caso di forum inseriti in una testata.
Va ampiamente citata: “Gli interventi dei partecipanti al forum in questione, invero, non possono essere fatti rientrare nell’ambito della nozione di stampa, neppure nel significato più esteso ricavabile dall’art. 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62, che ha esteso l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (legge sulla stampa) al «prodotto editoriale», stabilendo che per tale, ai fini della legge stessa, deve intendersi anche il «prodotto realizzato… su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico». Il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica. Si tratta quindi di una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui è soggetta la stampa (quale quello di indicazione di un direttore responsabile o di registrazione) o può giovarsi delle guarentigie in tema di sequestro che l’art. 21, comma 3, Cost. riserva soltanto alla stampa, sia pure latamente intesa, ma non genericamente a qualsiasi mezzo e strumento con cui è possibile manifestare il proprio pensiero. D’altra parte, nel caso in esame, neppure si tratta di un forum strutturalmente inserito in una testata giornalistica diffusa per via telematica, di cui costituisca un elemento e su cui il direttore responsabile abbia la possibilità di esercitare il controllo (così come su ogni altra rubrica della testata) “.

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No, sì, anzi no (post per geni del diritto)

Una decisione, non recentissima, della Cassazione che mi sembra sia passata un po’ in sordina.
Il caso concreto (anche se i processi per fatti commessi prima del 2000 penso siano già quasi tutti esauriti).
Classico ambulante extracomunitario sorpreso in un deposito di cd tarocchi, nel 1999.
Sino a quegli anni, venivano contestate le disposizioni specifiche del diritto d’autore (171 bis e 171 ter l.d.a., soprattutto), ma anche la ricettazione.
Poi è arrivata la legge 248/2000 che con il suo art. 16 ha fatto in modo che la ricettazione di quei supporti divenisse mero illecito amministrativo.
Alla fine, qualcuno si è accorto che era troppo comodo e, qualche anno più tardi (d.lgs. 68/2003), ha preso  l’art. 16 e l’ha fatto diventare art. 174-ter l.d.a. Con un testo quasi identico, ma non abbastanza, tanto che la Cassazione ha detto che, se l’uso non era privato, si poteva contestare nuovamente anche la ricettazione.
Dunque, uno potrebbe pensare: visto che il fatto era stato commesso quando ancora si contestava la ricettazione e considerato che, malgrado una legge “mediana” più favorevole, la ricettazione è nuovamente possibile, allora non si potrebbe pronunciare assoluzione. In sostanza, perché si è tornati al punto di partenza.
E invece no. Comunque, in virtù di quella depenalizzazione del 2000, l’imputato va assolto. Lo dice, come anticipato, la Cassazione fissando in principio valevole ben al di là del diritto d’autore.
In materia di successione di leggi penali, l’art. 2 comma terzo c.p. prende in considerazione tutti i mutamenti legislativi intervenuti, stabilendo che deve applicarsi la legge le cui disposizioni sono più favorevoli al reo; pertanto, una volta che sia entrata in vigore una legge più favorevole, questa deve essere applicata sempre, anche se, successivamente, il legislatore ritenga di modificarla in senso meno favorevole, ripristinando le pene più severe previste da altra legge anteriore che la legge mitior aveva a sua volta modificato“.

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Detenzione di software in ambito professionale

Mi si perdoni la presunzione. Pur non originariamente mia, è una tesi che sostengo da anni, sia negli scritti che in tribunale: l’art. 171-bis l.d.a. punisce la detenzione di supporti contenenti software non contrassegnati (ferme restando le note questioni sul bollino) soltanto a condizione che vi sia uno scopo commerciale o imprenditoriale. Un libero professionista  iscritto all’albo non è un imprenditore, dunque non può essere sanzionato penalmente.
D’altro canto, il mero fatto dell’installazione di programmi non può far presumere la duplicazione da parte del professionista stesso, eventualmente anche in concorso con ignoti.
Finalmente, la sentenza della Cassazione, pubblicata su Penale.it. Pur non essendo ovviamente mia, la “dedico” ad una persona, che sa bene tutti i perché. E’ una pronuncia – come dire – Benedetta…

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Personal Branding (autopromozione)

Nel 2010 uscirà il libro sull’argomento di cui all’oggetto curato da Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti.
C’è anche un mio (soffertissimo) contributo, siete avvisati…

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Mediaset vs. Youtube: la decisione

Penso che molti abbiano avuto notizia della causa Mediaset vs. Youtube per la rimozione e/o il risarcimento correlato alla pubblicazione – ovviamente per mano dei vari utenti – di contenuti protetti dalla legge sul diritto d’autore. Parliamo di poco più di un anno fa.
Non voglio ricordare le spiacevolissime vicende che hanno condito la cosa. Sono irripetibili.
Però, non si può fare a meno di notiziare che oggi (cioè ieri) è arrivata la decisione romana che dà ragione a Mediaset.
Vorrei segnalarvi un articolo su Il Giornale che contiene un breve commento di Andrea (Sirotti Gaudenzi), qualcosa di giuridico.

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Fermiamo il decreto Maroni – Aggiornato

Allora, la questione è nota, ne hanno parlato tutti. Lo scopo di questo post non è quello di scroccare idee altrui e riproporle come mie. Soltanto, spero che, leggendomi, anche soltanto una persona in più si convinca che quello che vagheggia Maroni (perché soltanto domani si dovrebbe sapere qualcosa di più) è sbagliato, anzi pericoloso per la nostra libertà (non di quella di quattro imbecilli di quella o quell’altra parte). Dunque, i “saggi” che mi hanno preceduto sono tutti idealmente e cumulativamente citati.
Premessa. Certi reati (ad esempio, quelli che consistono in un’istigazione) esistono già. Saranno opinabili, ma esistono già, precisamente nel nostro codice penale.
Parimenti, la Magistratura può già disporre sequestri su siti illeciti (e lo ha sempre fatto). L’unico limite è che non si può sequestrare un sito all’estero in quanto non c’è la collaborazione internazionale necessaria.
Il problema, allora, diventa quello di rendere inaccessibili siti collocati su server all’estero. Per pedopornografia e gambling online, ciò si attua non con un sequestro stretto senso giuridico, ma con l’inibizione dell’accesso agli utenti collegati con provider Italiani, in pratica facendo modificare i DNS. Sono procedure previste dalla legge.
Recentemente, poi, si è radicata questa “moda” giuridicamente bizzarra di eseguire un sequestro (preventivo) mediante i medesimi interventi sui DNS. Ricordiamo il caso di The Pirate Bay, alla fine dissequetrato anche se, nelle settimane scorse, la Cassazione sembra aver lasciato uno spiraglio aperto per questo genere di sequestro. Altri siti di torrent e di vendita di tabacchi hanno seguito la stessa sorte.
A questa inibizione probabilmente pensa Maroni (come già, a suo tempo, il senatore D’Alia), ma vi sono almeno tre pericoli:
– se l’oggetto del provvedimento dovesse essere, ad esempio, un gruppo su Facebook, l’inibizione non potrebbe non riguardare tutto il social network;
– azioni di questo genere devono sempre passare per il vaglio della Magistratura; altre vie lascerebbero troppo spazio alla discrezionalità; e teniamo presente che qui è in gioco il diritto alla libera espressione del proprio pensiero, mica bruscolini;
– l’impugnazione di questi provvedimenti diverrebbe ardua, se non impossibile, consolidando un oscuramento anche se illegittimo.
Allora, visto che a casa Facebook si sono prontamente attivati per rimuovere tutti i gruppo all’indice, viene anche da domandarsi dove stia il problema.
La Rete ha più buon senso di quello che Maroni vuol far credere.

P.S.: Vi sono politici e media che istigano più all’odio che certi gruppi Facebook da ragazzini idioti…

Aggiornamento dello stesso giorno, ma dopo cena (diciamo quasi le 22.00): Maroni, in videochat col Corriere dice, anzitutto, che non sarà un decreto (fiuuuu… s’è sempre abusato dell’urgenza che non c’é), poi anche che saranno “soltanto” strumenti in più per la Magistratura con collaborazione dei “gestori” (scheriffi privati?). La fonte è il Corriere, ovviamente. Vedremo…

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