Category Archives: Diritti digitali

Udienza… – UPDATED

Sinceramente, non ci pensavo quasi più. Avevo depositato la richiesta di riesame a fine ottobre e sono passati circa 50 giorni.
Fatto sta che ho appena ricevuto notifica della fissazione di udienza di riesame reale per il sequestro dei siti www.k2smokes.ch e www.rebelsmokes.com. Il 19 dicembre p.v., alle 11.55, a Milano.
La cosa simpatica è che sono indicato come indagato (probabilmente per una svista) e mi hanno pure nominato un difensore d’ufficio. Eppure ho chiaramente scritto che sono persona avente diritto alla restituzione.
Purtroppo, non so ancora se potrò andare personalmente, ma vi terrò informati.

Aggiornamento del 19 dicembre 2008, ore 16:16: Come anticipato, non mi è stato possibile partecipare all’udienza. Ho nominato un Collega al quale ho chiesto di rifarsi ai motivi a suo tempo depositati. Il Collegio si è riservato. Ho anche saputo che la stessa sorte (riserva) hanno subito le discussione sulle impugnazioni presentate dai provider.
Vedremo un po’. Stay tuned.

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Oops!… I Did It

Come qualcuno avrà letto, sostanzialmente in tempo reale, su FaceBook, ho depositato il riesame, a mio nome, per la questione dell'”oscuramento” dei siti di sigarette stranieri (c’è dietro una storia di contrabbando, va detto, e tre persone sono state arrestate, a quanto pare).
Ora, oltre a rimetterci la faccia (ma non potevo certo tirarmi indietro…), posso aspettarmi alcune cose, in ordine sparso:
– che considerino la cosa carta straccia senza dare alcun seguito (improbabile, ma non è questione di presunzione);
– intempestività dell’impugnazione (personalmente, ho fatto riferimento a PI e proprio in quel momento ho saputo della cosa, è la verità – e vi ho fatto riferimento);
– carenza di legittimazione (potrei non essere ritenuto persona avente diritto alla restituzione);
– questioni concernenti la difesa tecnica (non ho nominato alcun avvocato che, secondo me, non serve, in quel caso);
– rigetto nel merito per ritenuta sequestrabilità mediante oscuramento-inibizione (e sarebbe un gran problema, non soltanto per me);
– accoglimento;
– varie ed eventuali.

Vedremo.

(QUI la copia col depositato in una versione leggermente modificata rispetto quella pubblicata sul post)

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Chiediamo il dissequestro? – UPDATED

AGGIORNAMENTI: Li antepongo perché sono molto importanti, sebbene anticipati.
Domenica 26 ottobre 2008, ore 10:00
Uno stretto carteggio con Stefano Quintarelli mi ha indotto a fare qualche modifica all’atto di impugnazione e ad aggiungere qualche precisazione. Insomma, quelle cose che un avvocato dà per scontate e che, però, non necessariamente risultano di immediata comprensibilità per il “profano”. Vediamo un po’.
1) Ho aggiunto i motivi. Si potevano anche riservare (come nella prima versione), ma, in effetti, avrebbe costretto le persone a depositare, prima dell’udienza, i motivi presso la cancelleria del Tribunale per il riesame di Milano oppure a presenziare all’udienza per depositarli in quella sede (a pena di inammissibilità). Cose che si possono anche evitare se, appunto, si inserisce anche soltanto un motivo nell’atto.
2) L’unico motivo che, al momento, si può ragionevolmente indicare (visto che non conosciamo gli atti) è quella relativo al “sequestro mediante oscuramento”. Ecco perché ho riportato il passaggio dell’ordinanza di annullamento nella questione di The Pirate Bay. Il punto è quello, specie se lo vediamo nella nostra prospettiva di utenti Internet.
3) Ribadisco che si può tranquillamente eleggere domicilio in un luogo ove si ha la possibilità di ricevere gli atti. Significa, molto semplicemente, “mandatemi gli atti in questo posto”. Non arrivano gendarmi.
4) Qualcuno mi ha suggerito di farmi nominare e/o di fare eleggere domicilio presso il mio studio. Al di là delle difficoltà pratiche (anche per me), non sono qui per accaparrarmi clientela, pro bono o a pagamento.
5) Ho usato l’espressione “a vostro rischio e pericolo”. Potrebbe spaventare qualcuno. Semplicemente, non posso assumermi responsabilità per questa cosa sia perché non ho incarichi professionali specifici (e non voglio averli, v. sopra), sia perché la questione è tanto “originale” che, malgrado le mie convinzioni, tutto può succedere. Ma, alla peggio, può succedere che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile o rigettata. Il che comporterebbe soltanto le spese (qualche decina di euro). Nessun pregiudizio.

Domenica 26 ottobre 2008, ore 10:31: rileggendo un po’ alcuni atti, mi sono accorto che il GIP non ha ordinato l’oscuramente mediante inibizione, ma soltanto l’oscuramento. Dunque, è chiaro che l’inibizione è stata voluta da altri soggetti. Per questo motivo, ho leggermente corretto l’atto con precisazioni sul punto.

Domenica 26 ottobre 2008, ore 14:08: ho fatto qualche ulteriore riflessione su un post successivo, questo. Al momento, il testo dell’impugnazione è invariato, ma è probabile un aggiornamento in serata.

Domenica 26 ottobre 2008, ore 21:34: piccole modifiche ai motivi anche per giustificare la legittimazione.

Lunedì 27 ottobre 2008, ore 9:07: Direi che il testo dell’atto può dirsi consolidato e definitivo.

Saranno possibili ulteriori aggiornamenti nella stessa giornata di domenica.
Segue il testo del post.

*********

Premetto: è una provocazione, ma non meno di quella di chi ritiene che un sequestro preventivo possa essere “pacificamente” realizzato mediante un oscuramento di un sito collocato all’estero (con ridefinizione del DNS, direi) e di coloro che pensano (secondo me erroneamente, magari mi sbaglio) che il provider costretto ad “oscurare” sia legittimato ad impugnare.
Leggo, nel codice di procedura penale (art. 322), che soltanto “l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione” possono impugnare il decreto di sequestro definitivo.
Se vogliamo raccogliere questa “originale novità” di un sequestro disposto, in quel modo, su beni non materiali, andiamo sino in fondo, sino a riconoscere che un abbonato Internet ha diritto alla “restituzione” di quel bene. Poi, se la restituzione non può essere disposta è un altro paio di maniche, ma io, con un laido abbonamento TI, voglio quel sito, anche se non mi interessa di comprare le sigarette di “contrabbando” (questa è la contestazione). Voglio accedere, ne ho diritto. Punto.
In questa provocazione, propongo, a vostro rischio e pericolo (come spiegato nelle note) un atto d’impugnazione.

ECC.MO TRIBUNALE PER IL RIESAME DI MILANO

Richiesta di riesame ex artt. 322 e 324 c.p.p. 

Il sottoscritto………………………….. nato a ……………………………… il …………………………………. e residente in ………………………………………………., elettivamente domiciliato in ……………………., nella qualità di persona che ha diritto alla restituzione in quanto titolare di connessione Internet con contratto di accesso alla Rete stipulato con il provider …………………………………… (e come meglio specificato nei motivi) 

DICHIARA 

di interporre richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 22 settembre 2008 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano dott. Andrea Ghinetti (proc. pen. nn. 42486/06 RGNR – Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nonché 9502/06 RGGIP Tribunale di Milano) con il quale veniva disposto il vincolo, mediante “oscuramento”, dei siti Internet già raggiungibili agli indirizzi www.k2smokes.ch e www.rebelsmokes.com. 

MOTIVI 

Contrariamente a quanto assunto dal GIP, il sequestro preventivo su siti Internet non può essere “pacificamente” disposto mediante oscuramento, in particolare se detti siti sono collocati su server localizzati all’estero (come risulterà in atti) e il loro oscuramente può avvenire, come in effetti è avvenuto, soltanto mediante l’inibizione, operata dai provider nazionali su ordine dell’Autorità, di accesso da parte di utenti italiani (o che, comunque, si avvalgono di provider nazionali) e non con una materiale apprensione del server.
Ostano insormontabili ostacoli di carattere logico e giuridico.
Come, infatti, osservato da una recente ordinanza emessa dal Tribunale per il riesame di Bergamo in un caso del tutto analogo, un decreto di tal contenuto “lungi dal costituire materiale apprensione di un bene, si risolve in verità in una inibitoria atipica, che sposta l’ambito di incidenza del provvedimento da quello reale – come detto ambito proprio del sequestro preventivo – a quello obbligatorio, in quanto indirizzato a soggetti indeterminati (i cd. provider), cui è ordinato di conformare la propria condotta (cioé di non fornire la propria prestazione), al fine di ottenere l’ulteriore e indiretto risultato di impedire connessioni al sito in questione” (Tribunale per il riesame di Bergamo, Ordinanza 24 settembre 2008 – dep. 3 ottobre 2008 pubblicata su
http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1520).
D’altro canto, ad ulteriore riprova dell’impossibilità di poter ricondurre l'”oscuramento” de quo agli schemi di un sequestro preventivo, misura cautelare “reale”, va osservato che l’ordinamento conosce distinte forme di inibizione tassative, limitate nell’àmbito e di competenza di soggetti diversi dal giudice penale (es.: Decr. Min. Comunicazioni 8 gennaio 2007 in tema di pedopornografia).

Si precisa che, al fine della valutazione della tempestività dell’impugnazione, lo scrivente ha avuto notizia del ridetto sequestro soltanto a seguito dell’articolo “Italia, in arrivo nuove forme di censura” pubblicato il 17 ottobre 2008 sul quotidiano telematico Punto Informatico (http://punto-informatico.it/2442295/PI/News/italia-arrivo-nuove-forme-censura.aspx).

Si aggiunge, altresì, che, in effetti, mediante connessione con l’operatore ………………. i siti indicati risultano irraggiungibili, dunque realmente “oscurati”, e che da tale privazione di accesso discende il diritto alla “restituzione” che legittima l’impugnazione.

Se è vero, infatti, che l'”oscuramento” disposto limita il diritto del singolo utente Internet in quanto non gli consente la libera visione di quanto si è inteso “sequestrare”, lo stesso è chiaramente persona interessata alla restituzione di quanto in vincolo. 

Con riserva di ulteriori motivi, chiede sin d’ora l’annullamento del ridetto decreto. 

Elegge domicilio in …………….. 

Con osservanza.

Data 

Firma

NOTE 

– illustri Colleghi ritengono che la richiesta vada gestita con un avvocato dotato di procura speciale; secondo me no, ma navigando così a vista in questa bizzarra vicenda, sottolineo questo dubbio, dunque l’eventuale necessità di rivolgersi ad un avvocato; 

– l’impugnazione può essere depositata presso un qualsiasi tribunale o giudice di pace d’Italia (da QUI tutti gli indirizzi) che provvederà a trasmetterla al riesame milanese. Chiedete dell’apposito ufficio (di solito chiamato “ufficio impugnazioni”, appunto). Se, però, volete depositarla a Milano, dovete farlo presso la cancelleria del Tribunale per il riesame di Milano. Potete anche chiedere che, su una copia, sia apposta la certificazione dell’avvenuto deposito. Acquistate una marca da 3,10 euro; 

– portate con voi un documento, per l’identificazione;

– il termine per l’impugnazione è di dieci giorni, secondo me decorrente, per chi non ha ricevuto notifica del provvedimento, dall’articolo di Punto Informatico (che è il giorno della conoscenza del sequestro eseguito). Dunque, scadrebbe il 27 ottobre 2008, lunedì. Anche se prendessimo il giorno del post di Marco D’Itri (citato da Punto Informatico), la scadenza sarebbe la stessa (perché il 26 ottobre 2008 è festivo e si passa al giorno seguente); 

– dovete eleggere domicilio perché, altrimenti, le vostre notificazioni saranno fatte presso la cancelleria del Tribunale per il riesame di Milano e non vi si può andare tutti i giorni a vedere se ci sono delle comunicazioni; eleggere domicilio significa, molto semplicemente, scegliere un posto dove vi faranno avere, in primis, la fissazione dell’udienza; può essere anche il luogo di residenza o quello del lavoro, non c’è problema; se avete un amico avvocato presso cui eleggere domicilio, tanto meglio; 

– al domicilio eletto vi sarà inviata la comunicazione della fissazione dell’udienza di discussione, sempre che non considerino carta straccia questa impugnazione ;-); 

– così, potrete avere accesso al fascicolo per la visione degli atti ed estrarre copia; 

– visto che c’è tempo sino a lunedì, ai signori seriamente intenzionati a depositare la richiesta (io sono uno di quelli) suggerisco di attendere gli eventuali aggiornamenti di questo post; potrebbero esservi novità rilevanti.

ATTENZIONE: l’azione giudiziaria che si prospetta è, come detto in premessa, una provocazione che, però, deriva da un “oscuramento” che si ritiene non rientri negli schemi del sequestro preventivo. Non do alcuna garanzia di successo, dunque, ognuno si assume le eventuali conseguenze, vale a dire la condanna alle spese del procedimento che consegue all’eventuale rigetto dell’impugnazione (comunque, poche decine di euro, per la verità, e non vi macchiate di certo la fedina penale 😉

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Cronaca e critica uti civis

Valeria Falcone mi invia una nuova infornata di sentenze da lei commentate. Ovviamente, in tema di stampa. So che l’argomento interessa, non soltanto a Carlo Felice. Trovate tutto a partire da QUI.
In particolare, ne segnalo una riguardante Internet. La Cassazione – nel caso qualcuno ne avesse sentita la necessità – ribadisce che anche in telematica occorre rispettare i classici termini di cronaca e critica: rilevanza sociale, verità e continenza (il “mitico” decalogo del giornalista – evidentemente non soltanto del giornalista). Ma i diritti di cronaca a critica esistono, per tutti e con qualsiasi mezzo.
Cito: “I diritti di cronaca e di critica, in altre parole, discendono direttamente – e senza bisogno di mediazione alcuna – dall’art. 21 Cost. e non sono riservati solo ai giornalisti o a chi fa informazione professionalmente, ma fanno riferimento all’individuo uti civis. Chiunque, per tanto, e con qualsiasi mezzo (sia anche tramite internet), può riferire fatti e manifestare opinioni e chiunque – nei limiti dell’esercizio di tale diritto (limiti, da anni, messi a punto dalla giurisprudenza) – può “produrre” critica e cronaca“.

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Rispondendo a Quinta

Stefano fa il classico “mumble-mumble” sull’ordinanza (non sentenza, mi si permetta la precisazione) del riesame bergamasco, quella su The Pirate Bay. Provo a dire la mia, riprendendo i suoi punti.

  • la sentenza non e’ chiara

Personalmente, invece, la trovo chiarissima. E’ sbagliata, ma è un altro discorso. Per punti, dice che il reato c’è (in capo a Suede & Co., in concorso con ignoti), che il giudice italiano può decidere (c’è giurisdizione) perché Alexa dice che ci sono tantissimi utenti italiani che hanno visitato la Baia dei Pirati (queste statistiche sono state fornite da FPM, giusto per dirlo, e a GdF, PM e GIP sono state benissimo). Che, soprattutto, c’è il reato.
Anche se, necessariamente, è tutto a livello indiziario, non mi sembra poco.

  • il reato “mettere a disposizione”, ammesso che si configuri con i file in questione, e’ stato commesso all’estero dove non c’e’ competenza italiana, in piu’ basate su nessun concreto reato rilevato ma su statistiche

Il reato prevede la messa a disposizione con immissione nella rete, giusto per chiarezza. A parer mio non c’è, però, la minima prova che vi sia stato qualcosa di penalmente rilevante tale da rientrare in ipotesi come quelle di cui agli artt. 171, comma 1, lett. a-bis) o 171-ter, comma 2, lett. a-bis). Per le misure cautelari (reali nel nostro caso, ma anche per quelle personali) basta molto meno di una prova. Fumus, indizio, chiamiamolo un po’ come vogliamo. Ma quello è, per legge. Malgrado ciò, ragionare soltanto sulla base di accessi italiani (ammesso che il fatto sia rilevante), mi sembra sbagliato e, come tale, neppure rientrante nel fumus.

  • secondo i giudici il fatto che TPB presenti una licenza di 5000eur+ costo banda per il download a scopo di profitto, fa perdere a TPB il ruolo di mero intermediario tecnico (*)

Una cosa simile la dice il GIP copiano e incollando la richiesta del PM. Ma, nell’ordinanza del riesame, non ve n’è menzione, forse perché scavalcata da altre questioni.
In realtà, quei 5.000 + costo banda rappresenterebbero, secondo TPB, una sanzione per uso non conforme dei propri servizi. Il GIP (e, prima, il PM) da ciò hanno dedotto il lucro che caratterizzerebbe l’iniziativa (oltre alle questioni di pubblicità).

  • la GdF di bergamo ha inciampato disponendo un redirect verso un sito estero afferente i discografici, cosa non stabilita dai giudici

Più che inciampare, ha fatto qualcosa di illegale. Sfido chiunque. Se il mio capo mi dice di impedire l’accesso ad un luogo, io non sono autorizzato a deviare i visitatori verso un altro posto, per giunta senza possibilità di scelta (e, comunque, in modo non trasparente). Basta una metafora, non occorre essere Pisapia (padre). Sembra proprio una delle solite cose all’italiana. Tant’è…
Alcei, Altroconsumo e ADUC si sono rivolti al Garante. Il Partito Pirata ha fatto qualcosa di più depositando un esposto diretto alla Procura di Bergamo. Vedremo, ma non sono così ottimista.
Mazza, difendendo la posizione FPM, dice che non è colpa dei discografici che si sono limitati a mettersi a disposizione su richiesta della GdF. Sta di fatto che, come tutti sappiamo, sul decreto di sequestro non si parla minimamente di redirect che è cosa ben diversa dall’inibizione. Dunque, il problema sta in chi, malgrado un certo ordine, l’ha eseguito in modo essenzialmente diverso. Gli accertamenti del caso sveleranno chi ha deciso questa cosa, spero.

  • il tribunale del riesame  ha detto che “sequestro” non equivale a “filtraggio”, ma non ha valutato l’insussistenza della giurisdizione italiana; inoltre confermando la validita’ dell’impostazione del PM ha affermato la responsabilita’ dei motori di ricerca

Il riesame di Bergamo ha detto che il blocco non può rientrare nello schema di una misura cautelare “reale” (tale è il sequestro preventivo) che necessita dell’apprensione della res, ma, a mio modo di vedere, non ha generalizzato dichiarando la responsabilità dei motori.
Contrariamente, però, a quanto si legge in giro (e che ho scritto anch’io in un primo momento) il riesame ha dichiarato (pur senza particolari argomenti) la sussistenza della giurisdizione italiana. Alexa, come ricordato sopra, dice che ci sono visitatori italiani (da ISP italiani), dunque c’è giurisdizione. Peccato che visitare un sito non sia reato (neppure nel pedoporno, giusto per fare un esempio più scottante).

  • un errore di interpretazione della legge configura per gli ISP l’obbligo di diventare “sceriffi della rete”.

No. O, meglio, non proprio così. Per i motivi appena visti e anche perché il riferimento all’art. 14 d.lgs. 70/2003 è stato oltremodo superficiale. Quel richiamo deriva dalla denuncia FPM, ma nessuno dei soggetti coinvolti (FPM, PM, GIP e Riesame) ha saputo andare al di là di un apodittico “applicabile”. Il fatto è che, come detto da altri saggi in altri ambiti, le leggi nostrane non possono essere lette senza dare un'”occhiatina” ai considerando delle direttive da cui derivano. E’ il solito problema della grande ignoranza del diritto comunitario (di cui non sono immune).

(*) come la mettera’ youtube a sostenere che e’ solo un intermediario se adesso cambia il business model ?

Credo che si debbe interpretare nel senso che allo stato delle indagini non risulta che i fornitori di accesso italiani  (individuati come destinatari dell’ordine dell’AG)  abbiano promosso il P2P a scopo di di lucro.

e poi nel testo della decisione c’e’ questa frase:

…che il decreto censurato ha il contenuto di un ordine imposto dall’Autorità Giudiziaria a soggetti (allo stato) estranei al reato, volto ad inibire, mediante la collaborazione degli stessi, ogni collegamento al sito in questione da parte di terze persone;…

Mi scrive Paolo Nuti:

Credo che si debbe interpretare nel senso che allo stato delle indagini non risulta che i fornitori di accesso italiani  (individuati come destinatari dell’ordine dell’AG)  abbiano promosso il P2P a scopo di di lucro.

Credo che l’osservazione di Nuti sia teneramente ingenua, di una persona (buon per lui) che non frequenta i tribunali. Ognuno è sospetto. Questa è l’impostazione di ogni buon investigatore.

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Blocchiamoli, anzi redirect

Come tanti, ho letto questa notizia su PI, rimbalzata da Marco D’Itri.
Dico subito – e i commentatori non si offendano – che ci vorrebbe un po’ più di rigore (che riguarda anche Marco D’Itri che dovrebbe sapere che un sequestro preventivo è disposto da un GIP e non da un PM che soltanto lo richiede) perché diverse cose non mi quadrano:
1) sequestro preventivo – vista, sul punto, la figuraccia rimediata a Bergamo su The Pirate Bay (laddove il Riesame, pur salominicamente, ha detto che un blocco non rientra negli schemi del sequestro preventivo penale ex art. 321 c.p.p.), mi riesce difficile pensare che ci sia un nuovo tentativo, anche se la giurisprudenza di merito non fa necessariamente “giurisprudenza” come la Cassazione;
2) norme violate – non sono un esperto di monopoli e tabacchi, ma mi piacerebbe conoscere la norma penale violata (contrabbando? fiscale?, boh?);
3) sembra previsto un redirect che, nei fatti, non è peggio di quello fatto per colombo-bt o TPB perché, guarda caso, la AAMS sui tabacchi ci guadagna, alla faccia dei fumatori (e io sono un fumatore).
Follia. Ed è dir poco. Qui si naviga a vista nel diritto.
L’informatica fa dare i numeri (ancora, ricordo che è una mia battuta).

P.S.: Il post va dritto nella sezione “Diritti digitali” perché al di là dell’oscuramento di singoli siti, qui c’è in gioco la liberta di noi tutti, su cui alcuni (pochi e interessati come AAMS) pare decidano per tutti.

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Sequestro The Pirate Bay: le motivazioni dell’ordinanza di annullamento – UPDATED

Le pubblica il Circolo dei Giuristi Telematici. Così, finalmente, sappiamo di più.
Brevissime considerazioni a caldo:
– l’annullamento non è conseguito ad un “cavillo” (problemi di avviso al difensore) che era stato denunciato dai difensori (e che poteva anche essere un validissimo motivo, senza, però, andare al vero nocciolo della vicenda);
– il riesame di Bergamo ha ritenuto che sussista il “fumus” del reato contestato, cioè una sorta di “indizio” (dico così per evitare il legalese troppo stretto) che, eventualmente, in futuro potrà diventare prova;
– gli stessi giudici, però, dicono che quell’inibizione (che, poi, come sappiamo è stato anche un redirect…) non rientra nello schema del sequestro preventivo – misura cautelare reale; insomma, è una misura sui generis che, in quanto non tassativamente prevista, non può essere applicata.
Mezza vittoria o mezza sconfitta, difficile dirlo. Si sostiene che il reato potrebbe esserci, ma non può essere bloccato in quel modo. Certamente, però, il provvedimento pone un fermo paletto su tutta l’indagine in concreto (per non parlare del problema della giurisdizione che il tribunale ha ritenuto assorbita, dunque da non trattare).

Aggiornamentini della sera: Anzitutto, come fa giustamente notare Sandros nei commenti (e Mario Sapri che mi era sfugito), il riesame ha deciso anche sulla giurisdizione. Ditemi voi, però, se la seguente frase non rappresenta un triplo carpiato con avvitamento “che, atteso il concreto atteggiarsi del fatto come sopra tratteggiato, all’affermazione della sussistenza di fumus e periculum, deve conseguentemente affermarsi anche la sussistenza della giurisdizione italiana” (perché, visto che parliamo di Internet, ci vorrebbe qualcosa di più…).
Poi, ho anche capito-scoperto chi ha chiesto quel bizzarro sequestro (seppure giustificato con altre norme). Che la dice lunga sull’imbarazzante (per così dire) filiera dal denunciante-querelante per arrivare al giudice che dispone il “sequestro”. Mi sembra di averlo detto in passato: l’informatica fa dare i numeri.

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Va detto

Grazie agli approfondimenti di lorenzodes, abituale e attento commentatore di questo blog, è venuta fuori una cosa molto interessante. Che riprendo in questo post per comodità.
Sicuramente, il “sequestro” di colombo-bt.org non ha goduto della ribalta concessa all’analogo provvedimento che ha colpito The Pirate Bay (malgrado gli sviluppi degli ultimi giorni).
Questione di comunicazione? Maggiore importanza della Baia dei Pirati? Non lo so.
Fatto sta che, a fine luglio, su P2P Forum Italia avevano già scoperto il giochetto del redirect di colombo-bt.org su un server riferibile a pro-music.org, peraltro abbozzando una serie di problematiche legali.
A maggior ragione, però, non riesco a comprendere il post di Marco D’Itri che parla di disposizioni recenti. Ne abbiamo discusso in un post precedente, ma io sono ancora dubbiso perché mi mancano i chiarimenti della fonte prima.
Per la cronaca, attualmente (verifica di ieri pomeriggio) colombo-bt.org non è ridirezionato da tutti i provider. Anzi, quelli che lo fanno sono una stretta minoranza. Peraltro, l’IP incriminato ora non fa più capo a pro-music.org, ma, genericamente, ad un provider UK. Ma che strano…

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Redirect anche per colombo-bt!!! – UPDATED

Un commentatore anonimo mi segnala che anche per colombo.bt.org gli ISP avrebbero ricevuto ordine di eseguire un decreto di sequestro con le stesse modalità di redirect utilizzate per The Pirate Bay.
La notizia appare sul blog di Marco D’Itri (e l’aveva segnalata anche Quinta).
In realtà, come spiega lo stesso D’Itri, non si trattarebbe di un nuovo decreto di sequestro, ma dello stesso che ha colpito colombo-bt nei a fine luglio. Soltanto che, ora, agli ISP si chiederebbe il reindirizzamento su un serve straniero.
In questo momento sono connesso con H3G (che per TPB faceva il redirect) e per colombo-bt c’è sempre la solita pecetta GdF, ma sul dominio originale. Dunque, almeno per questo provider, al momento nessun redirect.
Sono, però, gradite segnalazioni.

Aggiornamento del poco dopo, molto importante, e grazie allo scaltro lorenzodes: E’ assolutamente vero: anche per colombo-bt.org c’è un redirect (sembrerebbe disposto negli ultimi giorni, come ci informa D’Itri). Se, da un provider italiano (io ho provato con H3G, per il momento), digitate il dominio, vi ritrovate davanti la pecetta GdF, la solita di luglio. Ma, a differenza di quanto accaduto per The Pirate Bay (che svelava il redirect mostrando un IP e non il dominio www.thepiratebay.org), il dominio sembra essere ok, al suo posto. Insomma, se non scavate avrete la netta impressione di trovarvi tranquillamente sul server originale, pur “sigillato” con l’avviso di cui sopra.
Non è così e questa mossa è realmente subdola, direi illegale. Mi stupisce, peraltro, la sfacciata pervicacia di chi ha disposto quel redirect (e io non so chi sia, al momento) dopo la polemica che c’è stata per TPB. Come se fosse tutto a posto, come se fosse del tutto normale deviare il traffico telematico, in modo non trasparente anzi lasciando intendere una normalità che non c’è, verso server non garanti dell’imparzialità. Putroppo, chi ci deve rendere conto tace. Ci sarà un perché.
Comunque, per verificare, fate una prova molto semplice (anche per vedere cosa fa il vostro provider). Per Windows. Andate sul prompt di DOS e digitate questa stringa (senza virgolette, chiaramente) “nslookup www.colombo-bt.org”. Vi verranno fuori alcune informazioni tra cui l’IP associato: 217.144.82.26. Che, guarda caso, è lo stesso server su cui era reindirazzata la Baia dei Pirati (era 217.144.82.26/pb – dove pb stava evidentemente a significare una directory dedicata). L’IP appartiene ad un provider UK (Reactive). E’ facile immaginare il resto.

P.S.: La mia è soltanto un’analisi senza grosse pretese. Faccio l’avvocato, non l’informatico. Se qualcuno avesse altro da aggiungere o correggere…

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Libertà fasulle

Marco Scialdone è uno dei pochi (forse l’unico) che, senza avere un interesse da una parte o dall’altra, dice le cose per quello che sono.

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