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Category Archives: Diritto d’autore
Urbani: i nodi vengono al pettine
Oggi vengo a sapere di un decreto penale di condanna per p2p (art. 171, comma 1, lett. a-bis) l.d.a.).
Ora, per una serie di motivi (lunghezza e onerosità di un dibattimento e inutilitá di altri riti) io penso che, di regola, sia più consigliabile accedere all’oblazione sui generis prevista dalla stessa norma (vista anche la condanna irrogata col decreto – 3.000 euro e gli effetti completamente estintivi rispetto a quelli parziali del decreto – che è pur sempre condanna, eh…).
Ma il nodo viene al pettine perché, a leggere la norma, questa oblazione può essere chiesta soltanto prima del dibattimento (ok, come quella vera e propria) oppure… prima del decreto penale (stortura che ho sempre denunciato).
Insomma, non si potrebbe opporre il decreto e, contestualmente, chiedere questa oblazione…
Io qualche idea l’avrei (interpretazione costituzionalmente orientata, ultimo termine sempre col dibattimento, ecc.).
Qualcuno vuol contribuire con qualche idea brillante?
Mettere a disposizione e immettere
Quinta, sempre molto attento e aggiornato, segnala questa notizia (americana) e titola ““mettere a disposizione” non e’ distribuire, secondo una corte USA e senza prove di distribuzione, non c’e’ violazione del copyright“.
Penso, pero’, che la questione meriti qualche chiarimento affinche’, da noi, non ci illuda piu’ di tanto.
Anzitutto, come premesso, la faccenda riguarda gli USA e non e’ proprio detto che quella legge sia uguale alla nostra.
In Italia, infatti, vale una regola molto precisa che e’ questa (arcinota, visto che viene definita’ – un po’ impropriamente – come “legge Urbani”)
“Salvo quanto previsto dall’art. 171-bis e dall’articolo 171-ter, è punito con la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma:
[omissis]
a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta, o parte di essa (3);“.
Benissimo, questo e’ il punto di partenza e, per quello che ci riguarda qui, i nodi sono due: mettere a disposizione del pubblico e immettere in un sistema di reti telematiche.
Mettere a disposizione del pubblico e’, secondo me, come esporre su una bancarella. E, in effetti, client come eMule consentono, di base, proprio questo: rendere visibile agli altri utenti una sorta di catalogo/esposizione.
Pero’ la legge chiede di piu’, vale a dire l’immissione in un sistema di reti telematiche. Attivare eMule e connetterlo a un server comporta, di per se’, l’immissione di opere (protette o non protette) in Rete?
Io penso che la risposta sia negativa dal punto di vista tecnico perche’, a ben vedere, e’ il downloader che, con la propria richiesta, fa transitare il file per la Rete. A rigore, l’uploader lo offre soltanto (prima parte della norma). Quanto conta, pero’, l’azione del downloader a fini di responsabilita’ dell’uploader? Il profilo giuridico potrebbe essere diverso.
Ricordo comunque che, in Italia, esiste pur sempre la figura del tentativo e non possiamo fare a meno di confrontarci con essa.
La vera storia del “P2P legale”
Su Penale.it potete trovare la richiesta di archiviazione (la decisione del Giudice la richiama integralmente) su un caso di P2P di cui si e’ parlato poche settimane fa.
Leggendola, si capisce che quello che ha detto la stampa (legalita’ del P2P, comunque) non e’ completamente corretto.
Questo e’ quello che traggo io dalla lettura della suddetta richiesta:
– il P2P, di per se’, non e’ illecito (ed e’ bene ricordarlo);
– lo scambio avviene senza intermediari, cioe’ non si puo’ chiamare in causa un terzo (mero supporto tecnico);
– non e’ certa la rilevanza penale delle condotte di dowload e upload.
E su quest’ultimo punto dissento (anche se si dovrebbe sapere qualcosa di piu’ circa il tempo del commesso reato, pre o post Urbani).
La morale, a parte quella strettamente giuridica, e’ sempre quella di leggersi prima i provvedimenti, poi commentare.
Eutanasia di un bollino
Devo dire che, malgrado l’importanza fondamentale della sentenza della Corte di Giustizia che ha dichiarato “illegale” (e per illegalita’ intendo contrario alle norme sovranazionali, comunque vera e propria illegalita’) il contrassegno SIAE, tutto sembra essere passato sotto silenzio.
La SIAE pretende sempre e i processi continuano laddove, eppure, molte norme incriminatrici ruotano intorno a detto contrassegno (per il software, a causa della sciagurata legge 248/2000).
Ora, mi capita tra le mani un decreto di citazione dove si contesta il reato di cui all’art. 171-bis l.d.a. ma, stranamente, non si fa alcun riferimento al contrassegno (malgrado la netta formulazione della disposizione).
Ecco un estratto dell’imputazione:
“perche’, al fine di trarne profitto, deteneva a scopo commerciale e imprenditoriale nr. 41 prodotti software dei quali non era titolare di licenza d’uso”.
Sarei grato a chi mi spiegasse la rilevanza, in penale, della mancanza di licenza su software detenuti.
P.S.: Non so perche’, ma ho la netta impressione che il magistrato che ha scritto quel capo di imputazione conosca benissimo la sentenza e tenti di sostituire il contrassegno con la licenza. Che non e’ proprio possibile…
Sempre su degrado e bassa risoluzione
Senza presunzione, eh… Dopo uno scambio di opinioni con Quinta, ero arrivato a scrivere questo: “Degradata, se proprio vogliamo trovare il cavillo, e’ qualsiasi riproduzione di un originale non digitale (es.: la fotografia di un affresco), mentre per le opere originariamente digitali esistono tecniche senza compressione o lossless. Le compressioni lossy sono tutte in qualche modo degradanti, per definizione.
Pero’, un algoritmo destinato alla pubblicazione su Internet e’, di regola (e per tante ragioni, anche di banda), a “bassa risoluzione” e “degradato”“. Ed io e Quinta non siamo stati i soli a fare questo genere di considerazioni.
Ora, non capisco tutto questo baccano per l’articolo di Repubblica.
Posted in Diritto d'autore
Tagged art. 70, bassa risoluzione, degradato, stefano quintarelli
8 Comments
Illegalita’ da contrassegno illegale
“Gli arresti, per detenzione di materiale audiovisivo sprovvisto del marchio Siae e illecitamente riprodotto per la vendita illegale. sono stati eseguiti soprattutto nei Castelli Romani” (via Corriere).
Ora, questi signori non saranno dei santi (sempre ricordando che esiste un principio di non colpevolezza), ma qualcuno mi spiega come si possono arrestare delle persone per detenzione (la duplicazione e’ un altro paio di maniche) di un qualcosa (i supporti) perche’ privi di un bollino dichiarato fuorilegge? Ma siamo impazziti?
Sempre che non ci sia stata notifica, nelle more…
Definizioni da dare
Legenda
Lei = immagine del mosaico ravennate di Teodora (Basilica di San Vitale)
Lui = mp3 di una canzone di Serge Gainsbourg
Lei: Sei un vecchio degradato!
Lui: Taci tu che sei a bassa risoluzione…
La battuta (ok, un po’ penosa e anche lievemene cervellotica…) per parlare, ancora una volta, della riforma dell’art. 70 l.d.a. (a proposito, la legge e’ stata pubblicata qualche giorno fa). Ad oggi, non e’ ancora in vigore (ma lo sara’ a brevissimo), pero’ tutti comprendono che anche quando lo sara’ rimarra sempre il problema delle definizioni delegate al Ministero.
Abbiamo i seguenti problemi:
– definizioni limitate all’uso didattico e scientifico o anche al degrado, alla bassa risoluzione e forse anche al lucro?
– e cosa si dovra’ intendere con tutti queste termini (due o cinque che siano)?
Ed e’ chiaro che la lingua e il diritto vigente non possono essere violentati.
Ieri ho citato l’articolo di Alessandro Longo su Repubblica. Molto contrapposte le idee di Andrea Monti ed Enzo Mazza. Intanto (ma temo sara’ vano, non me ne vogliano…) da tempo Guido Scorza e Luca Spinelli lavorano ad un wiki per il testo del decreto (che, a quanto si capisce dalle parole di Mazza, e’ gia’ pronto, immodificabile).
E qui entra in gioco Quinta che riflette sulla “relativita’” dei concetti di degrado e bassa risoluzione. Ma il “progetto” di Scorza e Spinelli prende in considerazione questo aspetto proponendo un abbassamento della qualita’ in termini percentuali, dunque in prospettiva relativistica (si puo’ dire?), pertanto, teoricamente, valevole da qui alla fine del mondo.
Altro nodo: didattica e scienza soltanto per le “istituzioni”. Questo sembra essere l’approccio di Mazza nelle dichiarazioni rese a Repubblica e che, addirittura, esclude i siti dei singoli professori (es.: Homolaicus). Ma e’ accettabile nel confronto con la Costituzione? Vediamo cosa dice all’art. 33, come suggerito: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento“.
Certo che aspettare che qualcuno faccia da cavia in un processo penale e’ molto triste. Ma, forse, questo atteggiamento svela soltanto quello che e’ gia’ sotto gli occhi di molti: la non tassativita’ della norma, con tutte le conseguenze del caso.
Cibi precotti
“La legge non ci preoccupa perché sappiamo già come sarà il decreto che fisserà i paletti”, dice Enzo Mazza, presidente Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana)” (da Repubblica segnalata da Luca Spinelli).
A me non sembra una battuta felice, eh… Mi sa tanto di “la legge la facciamo noi e ve la cuccate voi, cotta a puntino”.
P.S.: Beninteso che sono completamente d’accordo con Andrea, su Repubblica, circa l’universalita’ del diritto alla didattica.
P.P.S.: Ho cambiato il titolo perche’ questo mi piace di piu’…
Posted in Diritto d'autore, Ipse Dixit
Tagged andrea monti, enzo mazza, luca spinelli, usi didattici e scientifici
13 Comments
Logistep, IP e la giustizia elvetica
Quinta, commentando la decisione della Corte di Giustizia, scova una notizia riguardante Logistep AG, l’azienda svizzera che ha supportato l'”indagine” Peppermint (e non solo). Ma la leggo un po’ diversamente da Stefano. Ho trovato qualcosa anche in questo forum.
Ma andiamo un po’ con ordine.
Step #1: L’IP e’ dato personale se rientra nella definizione del TU Privacy (gia’ osservato in altro post, pur con la discussione nei commenti). La Svizzera non e’ UE, pero’ ha una legislazione molto simile alla nostra (anche per ragioni di collaborazione gia’ esistenti). Una mano a capire bene ce la da’ l’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT) che dedica all’argomento file sharing una pagina molto significativa. QUI, in francese, notizie sul testo della legge di revisione appena entrata in vigore. La definizione di dati personali (art. 3) e’, invece, “dati personali (dati)1: tutte le informazioni relative a una persona identificata o identificabile” (QUI la legge completa).
Step #2: La stessa Logistep e’ sostanzialmente ammissiva sul punto e se ne fa vanto “The user identification in all P-2-P protocols is fully accurate” (fonte).
Step #3: L’attività di Logistep e’ certamente trattamento che puo’ essere lecito o illecito.
Step #4: I dati “anagrafici” degli utenti possono essere recuperati soltanto nella giustizia penale.
Step #5: Logistep, per aggirare la legge svizzera, cerca di sollecitare procedimenti penali, viene in possesso di certi dati e li impiega nel civile malgrado le accuse in penale siano destinate a cadere.
Step #6: Logistep pare neghi che un IP sia un dato personale (un po’ contraddicendosi, secondo me).
Posted in Diritto d'autore, Privacy e dati personali
Tagged file sharing, logistep, p2p, peppermint
10 Comments
Macché furto… – UPDATED
Leggo su Repubblica (a firma Ernesto Assante e a proposito di file sharing): “che si tratti di “furto” è evidente, copiare una canzone senza pagare i diritti d’autore significa semplicemente privare i musicisti dei frutti del loro lavoro“.
Ed e’ il meme di tante campagne “di informazione” delle varie associazioni di major (che nessuna Autorita’ ferma).
Sara’ una mia deformazione professionale, ma copiare o scaricare (pur abusivamente) una canzone NON e’ furto per il semplice motivo che l’autore non viene spossessato dell’originale. Non e’ un sofisma giuridico (e potrebbe anche esserlo atteso il testo dell’art. 624 c.p.), ma una semplice questione di lingua italiana, di visione corretta della realta’.
Purtroppo, vedo che, sostanzialmente, le pene per i reati in tema di diritto d’autore sono coincidenti con quelle del furto. E la cosa mi preoccupa molto, giacche’ le condotte sono ben diverse e dovrebbero essere sanzionate in modo differente (v. art. 3 Cost.).
Aggiornamento del 31 gennaio 2008, ore 11.05: Giustamente, nei commenti, mi hanno chiesto qualche chiarimento. Spero che questa sentenza chiarisca bene il mio pensiero. Anche questa mi sembra pertinente.