Category Archives: Diritto d’autore

eMulte

ANSA di ieri ci riferisce che, nel bresciano, un 39enne si e’ visto propinare una "multa" di ben 363mila.
Insolito? No, un mio cliente ha ricevuto un conto simile (poco piu’ di 300mila), mentre so di un cliente di un amico che dovrebbe pagare una cifra con sei zeri.
Strano? Beh, sulla carta e se vogliamo dare un’interpretazione rigida (ed anche un po’ sbagliata), neppure.
L’articolo non ci fornisce una radiografia completa del caso, ma provo ad ipotizzare.[[SPEZZA]]
Diciamo che gli scaricatori "semplici" possono stare tranquilli. Mal che vada, valgono sempre le gia’ ampiamente ricordate regole. Il fatto e’ che, nel caso di specie, la GdF pare aver scoperto una vera e propria attività imprenditoriale/commerciale (e lo si capisce soltanto dal testo perche’ il titolo e’ piuttosto allarmante). Che, poi, non e’ detto che potra’ essere riconosciuta da un giudice.
La presunta attivita’ imprenditoriale fa scattare tutta una serie di ipotesi, congiunte, penali e amministrative. Queste ultime, sempre per quello che posso ipotizzare, sono responsabili della "multa" esosa: art. 174-bis lda:
"1. Ferme le sanzioni penali applicabili, la violazione delle disposizioni previste nella presente sezione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del prezzo di mercato dell’opera o del supporto oggetto della violazione, in misura comunque non inferiore a euro 103,00. Se il prezzo non è facilmente determinabile, la violazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 1032,00. La sanzione amministrativa si applica nella misura stabilita per ogni violazione e per ogni esemplare abusivamente duplicato o riprodotto".

P.S.: Il gioco di parole del titolo (che richiama anche il nome del noto client P2P) mi e’ venuto cosi’, al momento, perche’, dapprima e con un diverso testo, avevo scritto multe senza T. Se e’ brutto, ditelo pure. Se non si capisce, fate altrettanto.

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Altroconsumo contro sanzioni penali per P2P e DRM

QUI i particolari di una petizione lanciata dall’Associazione di cui all’oggetto.

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Caricare e scaricare: e’ reato?

Vedo che, pur a distanza di qualche giorno, la stampa si occupa dell’ultima sentenza della Cassazione in materia di scambio di software (e non solo).
Per citare alcune testate, Corriere, TGcom, Ansa, La Stampa.
Titoli roboanti, come al solito. Quasi sempre poco coerenti con il testo e, soprattutto, con la verità. Su La Stampa il piu’ "visionario", sbagliato e gravamente fuorviante: "La musica torna libera"
Se vi interessa conoscere la mia opinione, continuate a leggere questo post.[[SPEZZA]]
La vicenda e’ molto semplice. Tre studenti del Politecnico di Torino (uno, in seguito, deceduto) mettono in piedi e gestiscono, su una macchina dell’Istituto, un server ftp caricandovi programmi, crack, giochi per console, film e mp3 (per la cronaca, c’era anche una copia di Back Orifice). Era previsto lo scambio con terzi, ma a condizione che questi fornissero, a loro volta, nuove opere. Tutto cio’ fino all’estate del 1999 e la data e’ molto importante, per i motivi che vedremo.
La cosa viene scoperta e ne nasce un procedimento penale che arriva a diverse imputazioni distinte (la sentenza di primo grado e’ visualizzabile QUI): duplicazione, distribuzione, detenzione a scopo commerciale e ricettazione.
Bene, cominciamo a dire che, prima dell’entrata in vigore della l. 248/2000 (ecco perche’ e’ rilevante la data di commissione del reato), sia per software, crack e giochi per console (art. 171-bis lda) e audio-video (art. 171-ter) era previsto lo stesso regime di dolo, vale a dire il lucro (oltre allo scopo commerciale in relazione alla condotta di detenzione).
E il giudice di Torino lo sapeva benissimo, non e’ stata una scoperta della Cassazione.
Lo stesso magistrato, pero’, ha ritenuto che la gestione del server fosse una vera e propria attività Imprenditoriale/commerciale (con qualche perplessita’, da parte mia), mentre il "do ut des" che governava gli scambi di opere era una sorta di permuta che, come almeno i giuristi sanno, e’ un contratto a titolo oneroso. Ecco perche’, anche per sofware, giochi psx e crack, in tali regole della comunita’ erano stati visti, appunto, il fine commerciale e il dolo di lucro.
A monte, lo stesso giudice ha ravvisato un’attivita’ di duplicazione e la condanna e’ conseguita.
Incidentalmente, va notato che il giudice torinese, con argomentazioni diverse, non ha ravvisato la ricettazione.
Purtroppo, non ho dati completi sulla sentenza (di conferma) di appello, ma, come ci riporta la cronaca, in Cassazione e’ caduto tutto. Perche’?
Schematicamente, l’opinione della Suprema Corte:
– contrariamente a quanto ho letto in giro, per la Cassazione l’interazione con un server ftp comporta un’attivita’ di duplicazione;
– dunque, il problema si sposta nuovamente sul fine di lucro;
– contrariamente a quanto sostenuto da altri, con la riforma del 2000 non si e’ voluta fornire una sorta di "interpretazione autentica" della legislazione precedente, ma, al contrario, si e’ ampliata la copertura penale. Lucro e profitto sono cose bene diverse;
– nel caso concreto, i gestori del server avevano tratto, semmai, un semplice profitto, non il lucro a suo tempo richiesto dalla legge in ordine al software (ricordo che per audio e video c’e’ sempre stato il lucro) e non avevano posto in essere alcuna struttura imprenditoriale/commerciale.
L’annullamento e’ senza rinvio, dunque quella vicenda si e’ definitivamente conclusa.
Ma oggi e’ reato scaricare opere protette? No, ma e’ pur sempre una violazione amministrativa (art. 174-ter lda). Oltre alle problematiche civili.
Mettere in condivisione (o distribuire) anche senza scopo di lucro? Si’, e’ una piu’ recente fattispecie creata dalla legislazione Urbani (art. 171, lettera a-bis), lda.
E mettere in condivisione con scopo di lucro? Si’, e’, addirittura, un reato piu’ grave (art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis), lda.
Enzo Mazza, piu’ volte citato negli articoli segnalati, non ha tutti i torti. Mentre Roberto Maroni (che mi risulta essere avvocato) dicendo, al Corriere, che "È una sentenza rivoluzionaria: stabilisce il principio che la musica è di tutti. D’ora in poi scaricarla dal Web non potrà più essere considerato illegale" ha preso una sonora – e colpevole – cantonata dichiarando l’esistenza di una liberta’ che non c’e’.

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La Cassazione, il software e il fine di lucro

Il 9 gennaio scorso, la Cassazione ha depositato questa sentenza. Origina da un procedimento torinese (la pronuncia di primo grado e’ del 2002) e riguarda l’ipotesi di scambio di opere protette (non soltanto software) mediante la predisposizione di un server ftp.
Attenzione, per il software dopo la legge 248/2000 la sentenza ha un’efficacia limitata (in quanto si e’ passati dal dolo di lucro a quello di profitto), ma per le altre opere (es.: film) mantiene la sua validita’.

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Tutti contro i provider

Leggo su Dirittodautore.it. La FIMI vorrebbe responsabilizzare i provider per i contenuti veicolati. Si accontenterebbe di un codice di autoregolamentazione.

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Slink

Ci risiamo. PI, tra gli altri, ci dà notizia dell’ennesima campagna anti-link iniziata dai detentori dei diritti d’autore, in questo caso cinematografici.
Ecco, magari se iniziassimo a pensare meglio alla natura del link e, giusto per ricondurre i fatti alla realta’, utilizzassimo, per scherzo ma mica tanto, il termine "slink" proposto nel titolo, tutto potrebbe essere piu’ chiaro.
Perche’, poi, il problema e’ anche che certe vie vengono seguite anche in Italia, dalla Cassazione.

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“Salve” le rassegne stampa

L’art. 65 del Collegato fiscale alla Finanziaria e’ stato cancellato in sede di conversione. Questa e’ la legge di conversione.
Niente piu’ compenso, ma, ovviamente, rimangono gli obblighi di citazione, ecc. Non molto diversi dalla buona educazione.

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Scambio Etico vs. Urbani

Manifestazione di Scambio Etico, a Milano il 10 dicembre 2006, contro la "legislazione Urbani".

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Ecco la sentenza spagnola

Non necessariamente con ricadute sul nostro sistema, non necessariamente rivoluzionaria, mi sembra, comunque, interessante.
Su ScintLex il testo integrale della sentenza del Giudice di Santander e un commento di Gianluigi Lazari.
NON e’, pero’, una sentenza sul P2P.

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Creative Commons e furboni

Molti avranno letto l’articolo di PI di oggi nel quale si fa la cronaca di quanto accaduto tra i Radicali e un blogger in ordine a pubblicazione/uso di materiali pubblicati sul sito dei primi. Non entro nel merito, non potrei farlo.
Tutto, per quello che riguarda il giuridico, ruota intorno alle Creative Commons che sono, al di là di quanto si può leggere al link indicato, licenze standard riguardanti il regime giuridico delle opere dell’ingegno.
Se ne parla da diversi anni, sono molto in voga, un po’ snob (malgrado il desiderio di chi se l’e’ pensate). Specie in Internet, se il tuo sito non riporta la pecetta "CC" sei un po’ out, poco cybertrendy.
Francamente, non penso che le CC costituiscano un "nuovo diritto d’autore". Semplicemente perché non dicono alcunché di nuovo (e, d’altro canto, poco potrebbero di fronte alle norme imperative). Sono soltanto una pecetta piu’ "immediata" rispetto alle piu’ o meno complesse note legali che compaiono su molti siti, uno standard valorizzato dall’evidenza grafica (la pecetta, appunto).
Per altro verso, CC non significa "fai quello che vuoi dei miei materiali". Non e’, necessariamente, pubblico dominio. Tanto meno, possono essere violati i diritti morali come quello della paternita’ dell’opera. In Italia si può cedere lo sfruttamente patrimoniale, ma l’autore, anche se non ci guadagna piu’, va sempre citato.
Eppure c’e’ sempre chi fa il furbo, specie i grossi media. Al di la’ del piccolo blog, mi sembra che l’articolo di PI confermi ampiamente la spocchia dei grandi: "’tanto, in Internet, si puo’ scopiazzare tutto". Specie quando fa comodo e non si concede reciprocita’…
Non servono CC (anche se possono essere utili). Basta rispettare il diritto d’autore. Molti non vogliono soldi, si accontentano del giusto riconoscimento della paternita’.

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