Category Archives: Diritto d’autore

Avviso ai vidimanti

Il compito di applicare il contrassegno, cioè di “vidimare” i supporti è affidato alla SIAE. Con sentenza in data 8 novembre 2007, in esito al procedimento C20-05, la Corte di Giustizia Europea ha attribuito valenza di “regola tecnica” alla disciplina nazionale in tema di contrassegno, affermandone la non opponibilità ai soggetti privati in difetto di perfezionamento, da parte del Governo Italiano, della procedura di informazione preventiva della Commissione Ue. Anche dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea la Siae continua a prestare il servizio su base convenzionale.

Il passaggio è copiato e incollato da una pagina del sito SIAE. Mi sembra una precisazione recente. Ogni tanto visito il sito e, sino a poco tempo fa, non l’avevo visto. Potrei sbagliarmi, ovviamente.
Sta di fatto che, finalmente, SIAE qualcosa dice (malgrado abbia fatto ferma resistenza). Il fatto è che sotto quel passaggio sono riprodotte ancora le norme penali che sanzionano la mancata apposizione del contrassegno.
Per carità, quelle norme sono ancora vigenti, ma in violazione di direttive comunitarie, dunque illegittime, di fatto (e di diritto) congelate. Riprodurle così, soltanto con la precisazione di cui sopra (suppongo oscura per la maggior parte degli utenti, tant’e’ vero che, ancora l’altro giorno, mi ha scritto una persona per avere delucidazioni) è un passo insufficiente.
Vediamo se si riesce a fare di meglio.

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Diritto e Carlucci

Finalmente, pur sempre con toni non ingessati, si parla del ddl Carlucci (quello sull’anonimato) anche in termini un po’ giuridici.
Lo fa Adriana Augenti in un’intervista su Periodico Italiano, QUI.

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Io mi fermerei qui

La cultura rappresenta uno dei più preziosi tra i beni comuni

Tratto dalla relazione al ddl Barbareschi.

More info chez Guido Scorza e Punto Informatico.

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I disinteressati

Mi ero distratto. Dopo l’udienza di dicembre, la questione dell’inibizione alla visita dei siti di presunto contrabbando mi era passata di mente, malgrado avessi cercato di ricoprire un qualche ruolo, cioè quello dell’utente Internet. QUI e QUI le puntate precedenti.
Nei giorni scorsi la cosa mi à tornata in mente ed ho cercato di conoscere l’esito dell’udienza di riesame (visto che non ho mai ricevuto notifica di alcunché), e una fonte ben informata mi ha riferito quanto accaduto per i provider (che, per chi non lo sapesse, avevano impugnato il “sequestro”).
Bene… carenza di legittimazione, di interesse. Ipotesi prevista… Io cercherò di capire cosa è successo al mio. Temo la medesima fine, anche se, come utente, mi sono sempre sentito più legittimato: “avente diritto a restituzione”.
Lo so, era una provocazione, ma quanto è più provocatorio (e “bizzarro”) un sequestro preventivo per inibizione?
In utile dire che, con quel precedente (pur di merito), il futuro è parecchio buio…

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Proprietà intellettuale a Cesena

Per gli interessati al tema della proprietà intellettuale, segnalo un interessante incontro giuridico cesenate dal titolo “La proprietà intellettuale nella società dell’informazione”.
Relatori, gli amici Andrea Sirotti Gaudenzi e Alberto Baratella nonché il dott. Mirko Margiocco che conosco  soltanto telematicamente, ma di cui mi riferiscono doti professionali e umane.
Per i Colleghi, aggiungo che la partecipazione darà 3 crediti di formazione permanente.
QUI il programma.

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FIMI risponde a SIAE

Si prendono per benino… FIMI risponde alla diffida SIAE e presenta un documento molto interessante che smorza non di poco la “notifica” alla Commissione Europea.

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SIAE diffida FIMI

Soltanto per dare la notizia, purtroppo non ho tempo per approfondire.
Qualche tempo fa, FIMI ha divulgato il suo j’accuse contro il bollino SIAE.
Oggi, SIAE risponde con una diffida formale.
Mah… rettifiche OK, ma addirittura una diffida…
Evidentemente, la posta in gioco è molto alta, per tutti.

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Contrassegno SIAE: diciamola tutta

Venerdì scorso molti avranno letto su Punto Informatico questo articolo dedicato agli esiti della “madre di tutti le cause” sul contrassegno SIAE.
Oggi mi è ricapitato davanti e mi sembra un po’ cambiato rispetto alla prima versione, quella di venerdì. Parmi ci sia, in più, la precisazione SIAE, in fondo. Che precisa che c’è stato un proscioglimento per prescrizione e non, come si dice, nel merito. Il che, secondo la SIAE, “lascia inalterata la sussistenza del reato”.
Vero sì e no. Bisognerebbe dirla tutta. Ci provo.
Il contrassegno è stato cassato anche dal Tribunale di Forlì-Cesena. Va detto, anche se SIAE non ne parla espressamente. Assoluzione perché il fatto non sussiste.
Rimanevano altri due reati, udite udite contestati soltanto quest’anno, a maggio, dopo che Corte di Giustizia UE e Cassazione italiana s’erano pronunciate, inequivocabilmente, sul contrassegno.
Nel maggio di quest’anno s’è contestata l’asserita riproduzione abusiva di opere dell’ingegno con un’evidente cambio di strategia rispetto alla prima accusa di mancanza del contrassegno.
Il giudice ha pronunciato la sentenza di fatto senza procedere al dibattimento. Dunque, se è vero che una prescrizione non è un’assoluzione nel merito, va anche detto che il giudice, correttamente, ha omesso di addentrarsi nel merito proprio perché non poteva farlo (visto che non ha assunto prove) e come, invece, succede quando la sentenza viene emessa a seguito di un dibattimento. Il giudice poteva proseguire, l’imputato poteva rinunciare alla prescrizione, ma probabilmente ha prevalso il buon senso.
Insomma: nessun giudice ha speso una sola parola sulla sussistenza del reato (che, invece, è rimasta una mera ipotesi dell’accusa).

Al di là delle mie parole, la sentenza è qui sotto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Dispositivo Sentenza con motivazione contestuale

Il Tribunale monocratico di Forlì – Sezione distaccata di Cesena

In persona del Giudice Onorario D.ssa Barbara De Virgiliis

Alla pubblica udienza di mercoleì 5 novembre 2008

Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

Nel procedimento penale contro:

SCHWIBBERT KARL JOSEF WILHELM n. 06/05/63 Monaco di Baviera (Germania), res. xxxxxxxxxxxxxxxx, eletto dom.to c/o difensore avv. Andrea R. Sirotti Gaudenzi di Cesena.

Libero presente

IMPUTATO

Del delitto p e p dall’art. 171 ter, comma 1, lett C) L. 633/41 perché, quale legale rappresentante della ditta “KJWS Srl”, deteneva per la vendita n.873 compact disk ed altrettanti 308, contenenti rispettivamente opere dei pittori De Chirico e Schifano, tutti privi del contrassegno SIAE. In Cesena, il 10 Febbraio 2000.

(capo di imputazione contestato all’udienza del 21/05/2008)

del delitto p ep dall’art. 171 ter, comma 1, lett. A)e B) L. 633/41 perché, quale legale rappresentante della ditta “KJWS Srl”, abusivamente riproduceva n. 1873 C.D. riproducenti opere del pittore De Chirico senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione come accertato in Cesena il 10 Febbraio 2000.

–         Con l’intervento del P.M. Dott. Massimo Maggiori

–         Nonché dell’avv. Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena – difensore di fiducia

* * *

MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTI

In seguito a decreto di citazione, l’imputato era tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 171-ter lettera c) L.633/1941 – fatto accertato in Cesena in data 10.02.2000.

All’udienza del 14.12.2004, il difensore dell’imputato eccepiva questione pregiudiziale; il Giudice con ordinanza motivata come agli atti, accoglieva l’eccezione mandando gli atti alla Corte di Giustizia.

Con sentenza 08.11.2007 la Corte di Giustizia Europea (a cui si rinvia) dichiarava, in sintesi: l’illegittimità della normativa nazionale sull’apposizione del contrassegno SIAE statuendo che il contrassegno costituisce una specificazione tecnica e pertanto poiché lo stato italiano non ha mai ottemperato all’obbligo previsto, ne discende un vizio procedurale nell’adozione delle tecniche e l’inapplicabilità delle stesse, non opponibili ai privati.

All’udienza del 21.05.2008 il pubblico ministero procedeva a nuova contestazione a carico dell’imputato chiedendo di integrare il capo di imputazione con l’aggiunta dell’art. 171-ter lettera a) e b) L. 633/1941 fatto accertato in Cesena il 10.02.2000 (data del sequestro, doc. agli atti).

Il processo veniva rinviato dando termine a difesa.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte di Giustizia, a parere di questo giudice, per quanto riguarda l’imputazione di cui all’art. 171-ter comma 1 lettera c) l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

Si precisa, che ai sensi della sent. Corte costituzionale n. 170 del 1984, il giudice italiano è tenuto a disapplicare la normativa nazionale che configga con quella comunitaria, con tutte le relative conseguenze anche sul piano penale, come nel presente caso, dove l’apposizione del contrassegno SIAE sul supporto è requisito per la rilevanza penale o meno dei fatti di cui al reato 171.ter lettera c).

La soluzione per cui si opta è stata avvallata anche dalla Corte di Cassazione, sent. 12.02.2008, n.13810 e n.13816, la quale ha affermato che, dopo la decisione del giudice comunitario viene vanificata la rilevanza penale di tutte le fattispecie di reato che includono come elemento costitutivo della condotta tipica il contrassegno SIAE.

“In concreto il fatto di reato non sussiste quando i contrassegni Siae mancanti non sono validi sotto il profilo comunitario”.

La Corte ha poi ritenuto, con la decisione citata, che la formula assolutoria da adottare debba essere quella che si fonda sull’insussistenza del fatto.

In forza di tali considerazioni l’imputato va mandato assolto dal reato di cui all’art.171-ter lett. c). La Corte di Giustizia, al punto 45 della decisione (a cui si rinvia), ha ritenuto che debba  essere il Giudice nazionale a statuire sulle spese. Conseguentemente, tutte le spese sostenute per il procedimento celebrato avanti alla Corte di Giustizia saranno a carico delle parti soccombenti.

Quanto alla successiva imputazione contestata in data 21.05.2008, questo giudice sottolinea che i nuovi fatti contestati risultano accertati in data 10.02.2000 e pertanto per i sopra citati comportamenti non vi è stata alcuna sospensione del processo (la sospensione, infatti, è inerente solamente alla lettera c) della legge citata ) di conseguenza i reati sono estinti per decorso del termine di prescrizione si sottolinea che sia alla luce della previsione normativa dei nuovi art. 157 c.p. e ss., sia in riferimento alla normativa precedente, in vigore all’epoca dei fatti applicabili ex art. 2 co. 4 c.p in quanto più favorevole al reo, i reati contestati alle lettere c) e b) si sono prescritti.

PQM

Visto l’art. 129 c.p.p dichiara il non luogo a precedere nei confronti dell’imputato in ordine alla nuova contestazione di cui all’art. 171-ter lettera a) e b) per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione.

Visto l’art. 530, 1° comma, c.p.p. assolve l’imputato dal reato di cui all’art. 171-ter lettera c) perché il fatto non sussiste.

Tutte le spese di giudizio inerente la questione pregiudiziale saranno a carico delle parti soccombenti del procedimento celebrato davanti alla corte di Giustizia della Comunità Europea (causa C-20/05).

Cesena, 05.11.2008

Il Giudice

Avv. Barbara de Virgiliis

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Schede pericolose

La R4 Revolution è una scheda che si inserisce nel comune slot dei Nintendo DS. Ha una vano per una micro-SD che serve per la memorizzazione. Il tutto è gestito da un sistema operativo ad hoc. Quando si accende il DS, il boot avviene da quella scheda, dunque parte il sistema operativo ivi presente.
A che serve? Il sistema operativo permette di gestire diversi tipi di file. ad esempio jpeg e mp3. Sicché il DS diventa un player. Ma esistono anche browser specifici che, tramite wi-fi, ci permettono di navigare e altre applicazioni homebrew totalmente libere e gratuite.
Molti, però, usano il tutto per gestire le “ROM”, vale a dire le “estrazioni” dei giochini, per DS, spesso (ma non esclusivamente) di provenienza illecita.
Insomma, con la R4 si può giocare a scrocco, basta procurarsi le ROM. Spesa media del dispositivo, diciamo intorno ai 30 euro con tanto di micro-SD da 2 Giga. La R4 Revolution non è l’unico dispositivo del genere, ma i prezzi non sono molto differenti.
Nintendo non ci sta, come riferisce SIAE. Scommettiamo che, malgrado gli usi pienamente leciti, ne uscirà fuori un caso simile a quello dei mod-chip per PlayStation?

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Rispondendo a Quinta

Stefano fa il classico “mumble-mumble” sull’ordinanza (non sentenza, mi si permetta la precisazione) del riesame bergamasco, quella su The Pirate Bay. Provo a dire la mia, riprendendo i suoi punti.

  • la sentenza non e’ chiara

Personalmente, invece, la trovo chiarissima. E’ sbagliata, ma è un altro discorso. Per punti, dice che il reato c’è (in capo a Suede & Co., in concorso con ignoti), che il giudice italiano può decidere (c’è giurisdizione) perché Alexa dice che ci sono tantissimi utenti italiani che hanno visitato la Baia dei Pirati (queste statistiche sono state fornite da FPM, giusto per dirlo, e a GdF, PM e GIP sono state benissimo). Che, soprattutto, c’è il reato.
Anche se, necessariamente, è tutto a livello indiziario, non mi sembra poco.

  • il reato “mettere a disposizione”, ammesso che si configuri con i file in questione, e’ stato commesso all’estero dove non c’e’ competenza italiana, in piu’ basate su nessun concreto reato rilevato ma su statistiche

Il reato prevede la messa a disposizione con immissione nella rete, giusto per chiarezza. A parer mio non c’è, però, la minima prova che vi sia stato qualcosa di penalmente rilevante tale da rientrare in ipotesi come quelle di cui agli artt. 171, comma 1, lett. a-bis) o 171-ter, comma 2, lett. a-bis). Per le misure cautelari (reali nel nostro caso, ma anche per quelle personali) basta molto meno di una prova. Fumus, indizio, chiamiamolo un po’ come vogliamo. Ma quello è, per legge. Malgrado ciò, ragionare soltanto sulla base di accessi italiani (ammesso che il fatto sia rilevante), mi sembra sbagliato e, come tale, neppure rientrante nel fumus.

  • secondo i giudici il fatto che TPB presenti una licenza di 5000eur+ costo banda per il download a scopo di profitto, fa perdere a TPB il ruolo di mero intermediario tecnico (*)

Una cosa simile la dice il GIP copiano e incollando la richiesta del PM. Ma, nell’ordinanza del riesame, non ve n’è menzione, forse perché scavalcata da altre questioni.
In realtà, quei 5.000 + costo banda rappresenterebbero, secondo TPB, una sanzione per uso non conforme dei propri servizi. Il GIP (e, prima, il PM) da ciò hanno dedotto il lucro che caratterizzerebbe l’iniziativa (oltre alle questioni di pubblicità).

  • la GdF di bergamo ha inciampato disponendo un redirect verso un sito estero afferente i discografici, cosa non stabilita dai giudici

Più che inciampare, ha fatto qualcosa di illegale. Sfido chiunque. Se il mio capo mi dice di impedire l’accesso ad un luogo, io non sono autorizzato a deviare i visitatori verso un altro posto, per giunta senza possibilità di scelta (e, comunque, in modo non trasparente). Basta una metafora, non occorre essere Pisapia (padre). Sembra proprio una delle solite cose all’italiana. Tant’è…
Alcei, Altroconsumo e ADUC si sono rivolti al Garante. Il Partito Pirata ha fatto qualcosa di più depositando un esposto diretto alla Procura di Bergamo. Vedremo, ma non sono così ottimista.
Mazza, difendendo la posizione FPM, dice che non è colpa dei discografici che si sono limitati a mettersi a disposizione su richiesta della GdF. Sta di fatto che, come tutti sappiamo, sul decreto di sequestro non si parla minimamente di redirect che è cosa ben diversa dall’inibizione. Dunque, il problema sta in chi, malgrado un certo ordine, l’ha eseguito in modo essenzialmente diverso. Gli accertamenti del caso sveleranno chi ha deciso questa cosa, spero.

  • il tribunale del riesame  ha detto che “sequestro” non equivale a “filtraggio”, ma non ha valutato l’insussistenza della giurisdizione italiana; inoltre confermando la validita’ dell’impostazione del PM ha affermato la responsabilita’ dei motori di ricerca

Il riesame di Bergamo ha detto che il blocco non può rientrare nello schema di una misura cautelare “reale” (tale è il sequestro preventivo) che necessita dell’apprensione della res, ma, a mio modo di vedere, non ha generalizzato dichiarando la responsabilità dei motori.
Contrariamente, però, a quanto si legge in giro (e che ho scritto anch’io in un primo momento) il riesame ha dichiarato (pur senza particolari argomenti) la sussistenza della giurisdizione italiana. Alexa, come ricordato sopra, dice che ci sono visitatori italiani (da ISP italiani), dunque c’è giurisdizione. Peccato che visitare un sito non sia reato (neppure nel pedoporno, giusto per fare un esempio più scottante).

  • un errore di interpretazione della legge configura per gli ISP l’obbligo di diventare “sceriffi della rete”.

No. O, meglio, non proprio così. Per i motivi appena visti e anche perché il riferimento all’art. 14 d.lgs. 70/2003 è stato oltremodo superficiale. Quel richiamo deriva dalla denuncia FPM, ma nessuno dei soggetti coinvolti (FPM, PM, GIP e Riesame) ha saputo andare al di là di un apodittico “applicabile”. Il fatto è che, come detto da altri saggi in altri ambiti, le leggi nostrane non possono essere lette senza dare un'”occhiatina” ai considerando delle direttive da cui derivano. E’ il solito problema della grande ignoranza del diritto comunitario (di cui non sono immune).

(*) come la mettera’ youtube a sostenere che e’ solo un intermediario se adesso cambia il business model ?

Credo che si debbe interpretare nel senso che allo stato delle indagini non risulta che i fornitori di accesso italiani  (individuati come destinatari dell’ordine dell’AG)  abbiano promosso il P2P a scopo di di lucro.

e poi nel testo della decisione c’e’ questa frase:

…che il decreto censurato ha il contenuto di un ordine imposto dall’Autorità Giudiziaria a soggetti (allo stato) estranei al reato, volto ad inibire, mediante la collaborazione degli stessi, ogni collegamento al sito in questione da parte di terze persone;…

Mi scrive Paolo Nuti:

Credo che si debbe interpretare nel senso che allo stato delle indagini non risulta che i fornitori di accesso italiani  (individuati come destinatari dell’ordine dell’AG)  abbiano promosso il P2P a scopo di di lucro.

Credo che l’osservazione di Nuti sia teneramente ingenua, di una persona (buon per lui) che non frequenta i tribunali. Ognuno è sospetto. Questa è l’impostazione di ogni buon investigatore.

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