Category Archives: Diritto d’autore

Chi sa qualcosa su The Pirate Bay? UPDATED

Sappiamo veramente poco eppure almeno due ISP hanno ricevuto un fax da Bergamo. Per inibire l’accesso a TPB. Dubito che su quel documento possa essere richiamato un qualche segreto istruttorio eppure non viene fuori.
Ora, sia come giurista che come cittadino, a me piacerebbe conoscerne il contenuto. In particolare, vorrei sapere:
– i reati contestati (facilmente immaginabili, ma ci vogliono certezza e precisione);
– i comportamenti addebitati (perché non è così immediato che un torrent track abbia più di un ruolo neutro in certe vicende);
– la forma del provvedimento (cioè, se si tratta di un sequestro preventivo come da me ipotizzato o di altro).
Anche se siamo nella settimana di Ferragosto, avete vie per contattarmi.
Grazie.

Aggiornamento del poco dopo: Grazie alle segnalazioni dei commentatori, ecco cosa dice, oggi, la stampa. Ovvio che si aspettasse un “comunicato autorevole e ufficiale”.
Eco di Bergamo
La Stampa
MyTech
Corriere
Ansa
L’Unità
Repubblica
by Alessandro Longo

(to be continued…)

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Provvedimenti atipici? – UPDATED 3

Riprendo il discorso del post precedente e faccio una premessa che penso doverosa. La situazione è molto confusa, le notizie frammentarie e non necessariamente attendibili al 100%. Quindi… cautela. Diciamo che si fanno delle ipotesi. Poi, se arriva qualcosa di nuovo, si consolida e si cambia opinione, eventualmente.
Partiamo dalle testimonianze.
Il già citato Bhurro (se non funziona il link al post, andate in homepage) mi sembra il più informato.
Dice che ieri mattina si è svegliato, ha provato ad andare in Baia e si è ritrovato sul muso una di quelle classiche “pecettone” che si vedono sui siti sequestrati.
Il testo: “Guardia di Finanza. Nucleo di Polizia Tributaria di Bergamo. Inibizione dell’accesso al sito in esecuzione di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria P.P. n. 10322/08 RGNR – mod. 21, acceso presso la Procura della Repubblica del Tribunale ordinario di Bergamo. colombo-bt.org”. Segue una veloce traduzione in inglese.
Io, al momento, il “pecettone” non l’ho visto (mi dà, come a molti, semplicemente non raggiungibile) però mi riesce difficile pensare che Bhurro si inventi una cosa del genere (ma ci sono altre incongruenze, come sarà già saltato agli occhi).
Infine, riferisce di aver saputo, girando un po’ di forum, che tutto sarebbe partito da un’ordinanza del GIP di Bergamo inviata, via fax, a tutti (o quasi) i provider e volta all’inibizione dell’accesso alla Baia.
Curiosando ancora un po’ in giro, si scopre sul blog di The Pirate Bay è scritto che il “responsabile” di questo attacco alla libertà di espressione del pensiero (molti la pensano così) non sarebbe tanto Berlusconi, ma, indirettamente, Giancarlo Mancusi, come si sostiene in giro vero braccio violento del primo (sic). Il magistrato (perché si tratta di un pubblico ministero di Bergamo, peraltro il n. 2 della Procura) è, in effetti, colui che ha condotto le indagini contro colombo-bt.org. Quanto ritrovato da Bhurro, proprio perché riferito a quest’ultimo sito, potrebbe confermare, a mo’ di svista nell’inserimento del “cartello”, il coinvolgimento del magistrato. Ma, per adesso, io non ho trovato una fonte certa. Personalmente, poi, non ho alcuna notizia circa un collegamento così stretto tra Berlusconi e il dott. Mancusi. Se a voi risulta qualcosa, ci sono i commenti. E anche se fosse, non se se potremmo avanzare tesi così forti, eccessive.
Al di là di ciò, di quanto mi sembra espressione disordinata di malumore politico come accaduto per la vicenda di Matteo Flora, si traggono conclusioni che fanno prendere vie molto sbagliate e, allora, non si può pretendere alcuna soluzione al caso. Molti sono distanti anni luce dalla giusta via.
Cominciamo da alcune inesattezze, anche omettendo i nomi (non servono, a mio parere). Parliamo di ruoli e legge, magari sulla scorta del caso fotocopia riferitoci dal già linkato Eco di Bergamo.
Se c’è veramente un GIP di mezzo (e attenzione: il fatto che il “pecettone” parli di Procura significa soltanto che i provvedimenti del GIP li esegue, appunto, la Procura), con ogni probabilità si tratta, formalmente, di un decreto (non di unìordinanza) di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) emesso, nelle indagini preliminari, dal GIP su richiesta del pm. Francamente, sulla scorta delle informazioni che abbiamo, non vedo altra possibilità.
Il problema è che, come suggerito dal sempre attento lorenzodes nei commenti al post precedente, l'”inibizione all’accesso” non corrisponde ad alcuna figura tipica tra le misure cautelari reali. E, francamente, non penso che il GIP se la possa inventare.
Ma inizibione (a me, a te, agli utenti che si collegano con un ISP italiano) non è certo sequestro (che come molti sanno, si fa molto diversamente anche se la legge tace).
Allora, sbaglio io nella mia ipotesi oppure la misura è illegale. C’è una terza via possibile? Penso di no, anche se, spero, presto sapremo qualcosa di più.
Per completezza, escludo che si sia agito con gli strumenti di inibizione di siti di gambling non “convenzionati” AAMS o di pedopornografia (il provvedimento di Gentiloni di cui dicevo al post precedente). Anzittutto, come per colombo.bt.org, è sostanzalmente certo che si parla di diritto d’autore (in relazione alla cui violazione non esistono strumenti del genere), poi i provvedimenti di inibizione non spettano alla magistratura.
Vediamo un po’. Sono realmente curioso.

Aggiornamento del 10 agosto 2008, ore 19:50: Pare che Enzo Fogliani abbia già espresso le sue perplessità. Ed è molto cauto, ovviamente.

Aggiornamento dell’11 agosto 2008, ore 10:15: Dove riesce ad arrivare la mente pur di giustificare le proprie tesi. Questo blog sostiene che il dott. Giancarlo Mancusi sarebbe l’autore di questa tesi di laurea. Peccato che il dott. Mancusi a Bergamo sia Sostituto. Sarà laureato da trent’anni, probabilmente anche di più…
Ripeto che muovendosi così si perde di vista il nocciolo della questione, allontanandosi sempre di più dalla via giusta.
Quanto appena scritto (e che ho barrato) è una grossa sciocchezza. Chiedo scusa e mi correggo. Ero convinto di aver letto, da qualche parte, che Mancusi era aggiunto (e non sostituto). QUI la scheda di tesionline.

Aggiornamento dell’11 agosto 2008, ore 12:30: Pseudotecnico ci spiega molto bene perché Bhurro, provando a collegarsi a TPB, ha visto il “pecettone” relativo al colombo-bt. Che pare non essere una svista degli operanti, ma question tecnica di DNS.

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Diffide – UPDATED

Un contributo molto interessante sul caso Mediaset vs. YouTube, da Radio 24. Da ascoltare tutto e se vi interessa la posizione di Mediaset, dal minuto 28, circa. QUI l’integrale.
Penso sia doveroso ascoltare tutte le posizioni, specie quando possono cambiare le prospettive, almeno per chi vuole vederci chiaro prima di dare un giudizio.
Anche questo potrebbe dimostrarsi il “caso” YouTube, non una questione di libertà.

Aggiornamento del poco dopo: Giustamente, lorenzodes, nei commenti, opina le parole dell’avv. Assumma circa il presunto furto nel diritto d’autore. Aggiungo io: è un errore macroscopico, nella realtà delle cose e nel diritto.  Putroppo, questo falso parallelo porta ad una certa legislazione. L’ho detto molte volte (non so se sono arrivato prima, ma sono molto lieto che Andrea Rossetti la pensi come me).

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Il bollino che non c’è

Del futuro del bollino non ho più avuto notizie. Mi risulta che il Governo (e non SIAE, cui non spetta) abbia “notificato” un draft di regolamento (nella forma della bozza di DPCM). Come osservato a suo tempo avallando Guido Scorza, mi sembra inefficace.
Ma SIAE insiste, ovviamente quando ci sono novità a suo favore. Comprensibile, per certi versi: senza il gettito del contrassegno (pochi centesimi ma moltiplicati n volte), l’ente rischia un vero tracollo.
L’ultima novità è rappresentata ad una sentenza della Cassazione (32064/08 III Sezione, depositata il 31 luglio) che, sul valore del bollino, sembra fare un passo indietro rispetto ad una precedente pronuncia.
La sentenza è pubblicata proprio da SIAE. Quale, nel caso interessi, la mia opinione?
Sicuramente, la Suprema Corte sostiene, tra le altre cose, che il bollino è indizio dell’illecita riproduzione. Io, però, non sono d’accordo. Ciò per tre distinti motivi:
– la sentenza della Settima Sezione mi sembra decisamente più rispettosa della giurisprudenza comunitaria, equa e logica; il bollino, cacciato fuori dalla porta, non può rientrare dalla finesta, pur con potenziale ridotto; se il contrassegno non è obbligatorio, non esiste; ciò soprattutto (ma non solo) dopo la pronuncia della Corte UE (perché la più recente Cassazione vorrebbe fissare un principio valido prima, ma anche dopo); Tizio, domani, mette in commercio CD di software, senza bollino proprio perché conosce la giurisprudenza comunitaria e quella di casa nostra; subito arriva la Finanza, gli sequestra tutto e gli comunica che nei suoi confronti sarà avviato un procedimento penale perché la mancanza del bollino è “indizio” di illiceità; vi sembra giusto?
– il contrassegno non è mai stato discrimine tra lecita o illecita riproduzione; piuttosto, il legislatore aveva previsto (ma violando le regole comunitarie che hanno portato alla sentenza Schwibbert) che la semplice mancanza sul supporto portasse all’illegittimità, senza ulteriori accertamenti (scelta scellerata e non soltanto per quanto stabilito in quel di Lussemburgo);
– è la stessa Cassazione che, smentendo quando riferito sopra, ricorda quello che tutti dovrebbero sapere e, cioè, che “la presenza del contrassegno non dimostra in maniera univoca il rispetto della normativa sul diritto d’autore e viceversa la sua mancanza non evidenzia con altrettanta univocità la violazione delle norme sul diritto d’autore”; e soprattutto “il contrassegno viene rilasciato secondo le modalità stabilite nel regolamento approvato  con il D.P.C.M. n. 338 del 2001 in assenza di un esame approfondito circa la titolarità dei diritti da parte di chi ne ha fatto richiesta”.
Ecco, proprio su quest’ultima citazione (ribadisco, fatto notorio), mi domando che senso abbia insistere sulla bontà del contrassegno e sulla necessaria riproposizione dopo la sentenza della Corte di Giustizia. Risposta? Per dare soldi alla SIAE, ovvio. Ma che c’entra con i diritti degli autori visti, poi, i discutibili criteri di ripartizione?
Intanto qualcuno, per non far scappare tutti i buoi, si è inventata l'”obiezione al bollino SIAE”.

 

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Riprodurre i beni culturali

Alessandro Ferretti, già noto a questo ufficio, ha scritto un interessante contributo su diritto d’autore e beni culturali. Si parla anche del noto “diritto di panorama”.
Menzione sicura sul prossimo Minottino.

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Sincronizziamo gli orologi (a futura e permanente memoria)

Piccolo cult, molto trash, lo ammetto. Chi ricorda la scena di “Fracchia la belva umana” con Lino Banfi commissario che si appresta a fare irruzione da “Sergio e Bruno gli Incivili”?
Bene, sincronizziamoci come riferisce il Corriere:
“La Commissione europea ha deciso di estendere da 50 a 95 anni la durata dei diritti d’autore anche per esecutori e interpreti delle opere musicali. Gli artisti, grazie al provvedimento presentato dal commissario Ue al mercato interno Charlie McCreevy, potranno così godere delle stesse tutele finora riconosciute agli autori”.
Beh, non è vero. Mi riservo di vedere bene la decisione, ma gli autori, attualmente, godono di una copertura pari a 70 anni (e non 95 – e sino a pochi anni fa erano 50, per gli autori).
Altri commenti, su altri profili, Massimo.

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Sed Lex > Software, certi usi non sono punibili – UPDATED

Premessina
Io titolo e sunto (quest’ultimo riportato soltanto su PI) li avrei scritto diversamente. Perché se un dato comportamento non ha rilevanza penale (così come sostengo io), non è detto che, automaticamente, non possa portare a conseguenze civili e/o amministrative. Ma fa lo stesso. Non biasimo PI e penso che, comunque, il testo chiarisca il mio pensiero.
Detto ciò, do qualche spiegazione ulteriore.
La sentenza commentata nel mio contributo che riporto in calce era nota da tempo. Non da tantissimo, ovviamente, ma diciamo che il contenuto, per sintesi, è iniziato a trapelare con la pubblicazione della motivazione, dunque con l’ultima decade di giugno. Pochi giorni dopo è stata integralmente pubblicata sul sito della Cassazione e, da quel momento, diversi altri siti hanno fatto lo stesso.
L’ho letto, ma non ho dato alcun seguito alla cosa. A causa delle motivazione un po’ stringata relativa, inoltre, al ricorso avverso un patteggiamento, ho pensato non vi fosse molto da commentare.  Ora capisco di aver sottovalutato le possibili (e puntualmente verificatesi) strumentalizzazioni su un testo, in effetti, un po’ ambiguo.
Le strumentalizzazioni ci sono state, eccome. Ora, è necessario combatterle mettendo in prima linea quel principio secondo il quale, semplificando per i non giuristi, se una legge è, eventualmente, sbagliata non si può piegarne il testo sino a ricreare una presunta giustizia sostanziale.
Sono convinto di quello che ho scritto e, d’altro canto, sin dal 2000 mi sono trovato, sul punto, in buona compagnia.

(da Punto Informatico n. 3029 del 4 luglio 2008)

Roma – Ho appena letto, su Punto Informatico, di una sentenza di Cassazione plaudita dalla BSA. Atteggiamento non imprevedibile, festeggiamenti a mio parere ingiustificati. Perché le conseguenze di questa “novità giurisprudenziale” non sono in linea con quanto dichiarato dall’associazione delle software house.

La pronuncia, in realtà, era già nota, ma proprio perché non realmente “innovativa”, non ha incontrato, almeno per il momento, l’interesse dei giuristi.
Purtroppo, le strumentalizzazioni di parte impongono un approfondimento che, francamente, ai più sembrava del tutto inutile.

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Downrevolution.net: i link e il fine di lucro

Molti avranno letto, su PI e altri siti, dell’operazione della GdF di Melegnano (qualcuno parla anche di arresti, ma mi sembra un po’ strano ed esagarato) con sequestro del sito (che riportava i link degli iscritti, a quanto si ò appreso) e di una sorta di “datacenter” collocato in una cantina.
Certamente, non si conosco tutti i particolari e, dunque, non è facile argomentare. Francamente, però, due cose mi lasciano parecchio perplesso:
– un link, di per sé, non costituisce reato, specie se ce lo mettono gli altri e si accusa il titolare del sito;
– la presenza di banner e la possiblità di donazioni (che non so sei siano state accertate) ritengo, anche in questo caso, che non significhi necessariamente lucro; questione non da poco perché, appunto, se non c’è lucro si applicano, al limite, le ben più lievi sanzioni penali di cui all’art. 171, comma 1, lett. a-bis).

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Contrassegno SIAE: I furbetti della notifica

Riprendo un post di Guido, copiando e incollando il titolo (rende il meme più memoso).
Il Governo ha notificato (ma vedremo in che termini) il contrassegno SIAE.
Meglio: ha notificato una bozza di regolamento. Non il DPCM 338/2001 già in vigore, ma una cosa nuova e, guarda caso, che amplia i casi di bollinatura.
Non sono state comunicate, invece, le norme primarie: l’art. 181-bis l.d.a., in primis, ma anche gli artt. 171-bis, 171-ter, ecc.
Insomma, quelle importanti (quelle che prevedono l’obbligo e ne sanzionano la violazione) la Commissione le conosce soltanto per relationem.
Concordo che Guido che così non si fa… E, anche se dovesse passare con il silenzio-accoglimento di tre mesi, secondo me la comunicazione sarebbe comunque inefficace.
Senza dimenticare che i fatti pregressi non saranno coperti da questa – soltanto eventualmente efficace – comunicazione.

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Contrassegno SIAE: dalla Cassazione una batosta ancora più pesante (per la SIAE)

Arriva la Settima Sentenza (penale) sul bollino. Nessuna rivoluzione pro SIAE, anzi…
Mi preme evidenziare tre punti.

1. Contrariamente a quelli che non conoscono (colpevolmente) il Trattato CE/UE oppure sono in malafede

è appena il caso di rilevare come il giudice nazionale deve attenersi alla conclusione vincolante resa dalla Corte di Giustizia, in quanto, ai sensi dell’art. 164 del Trattato CEE, l’interpretazione del diritto comunitario da parte della Corte ha efficacia vincolante per tutte le autorità (giurisdizionali o amministra­tive) degli Stati membri, anche ultra partes. Una sentenza della corte interpreta­tiva di una norma comunitaria, infatti, si incorpora nella stessa e ne integra il precetto con immediata efficacia.

2. Incidentalmente, questa Sezione della Suprema Corte ha ritenuto che la formula più giusta sia “il fatto non costituisce reato” e non, come per gli altri provvedimenti, “il fatto non sussiste”. Personalmente, sono d’accordo.

3. Infine, c’è la questione dell’assenza del contrassegno come (seppur mero) indizio di illceità. Cassata, malgrato il diverso avviso delle precedenti sentenze:

Non può invece condividersi la tesi, prospettata nella medesima e in altre decisioni in pari data, secondo cui la mancanza del contrassegno potrebbe sem­mai essere valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, né tanto meno la tesi (sostenuta dalla sentenza della Sez. III, 12.2.2008, n. 13836, El Assi) secondo cui «se trattasi di opera sulla quale l’apposizione è ob­bligatoria, la mancanza assume particolare valenza indiziaria in ordine all’illecita provenienza del supporto e, valutata unitamente alle altre circostanze del caso concreto, può giustificare l’affermazione di responsabilità».
E difatti, come chiaramente traspare da questa motivazione, attribuire alla mancanza di contrassegno Siae il valore anche di mero indizio di una attività illecita altro non significa, in sostanza, che continuare a ritenere che l’apposizione del contrassegno fosse appunto obbligatoria e che quindi il non aver rispettato tale obbligo significhi indizio di un comportamento illecito.

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