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Category Archives: Giustizia
La Privacy? Una scocciatura
Una notizia che mi era proprio sfuggita, non all’Amico Andrea Lisi che una ha proposto un commento sull’accaduto, mediante il suo profilo Facebook.
Riassumiamo così, come fatto da Andrea “Si è danneggiata la chiavetta USB. La sentenza è rimandata. Siamo mortificati”. Il 90% degli atti riguardanti la causa erano “custoditi” su una chiavetta USB che, ad un certo punto, ha smesso di funzionare, dentro non c’era più nulla (non si hanno maggiori dettagli se non l’indisponibilità dei dati).
Bene, un corno: i giudici della Corte di Appello penale di Torino hanno dovuto rinviare (all’autunno prossimo) la stesura delle motivazioni nel processo Eternit bis, una vicenda giudiziaria che travalica il Palazzo e va ben oltre le singole persone offese, riguardando tutta la nostra società.
Rinvio sempre ad Andrea gli approfondimenti sulla vigenza del CAD e delle regole sui dati personali anche nel settore giudiziario (ma, evidentemente, qualcuno si sente superiore alle leggi), tuttavia faccio una piccola, pragmatica riflessione. Quando cerco di spiegare la “privacy”, sia come DPO che come semplice formatore/docente, pongo l’accento, anzitutto, sul fatto che il ridetto termine è fortemente – e impropriamente – limitato rispetto ai beni tutelati dal legislatore che, infatti, coincidono con i dati personali protetti nella loro riservatezza (“privacy”), ma anche, ad esempio, nell’integrità e nella disponibilità degli stessi. Mie fantasie? No, lo dice la legge, per la precisione il noto (evidentemente soltanto per “sentito dire”) GDPR, all’art. 32.
E così, proprio richiamando questa disposizione, si introduce il tema della sicurezza informatica, questa sconosciuta. Andiamo direttamente al caso concreto. I punti critici sono due: chiavetta USB e backup.
Sempre nella mia attività di formazione, specie quando l’uditorio è più digiuno di certi principi, di una certa cultura, dico chiaramente che si deve evitare di mettere i dati su chiavette USB. Sono dispositivi piccoli, si perdono facilmente e, in quanto memorie allo stato solido, hanno le loro fragilità. L’uso di dispositivi crittografati risolve soltanto in parte il problema (quello della riservatezza), non quelli dell’integrità e della disponibilità la cui cura ha un nome molto preciso: backup & restore. Certo, perché non basta avere una seconda copia dei contenuti, ma occorre trovarla subito per ripristinare il database, senza rinviare tutto a settembre.
Ci riempiamo la bocca di concetti come Intelligenza Artificiale, Giustizia predittiva, processi telematici, organizzando convegni, scrivendo articoli e libri. Poi vediamo che, su una banalità, i giudici torinesi hanno sbagliato tutto e chi paga sono le vittime del reato e tutta la nostra comunità frustrata, per un’imperdonabile leggerezza (ad essere buoni), nel diritto alla Giustizia.
Astensione avvocati > 25, 26, 27 giugno 2018
L’Unione delle Camere Penali Italiane, con la sua Giunta, delibera tre giorni di astensione (quello che alcuni chiamano sciopero, ma non e’ cosi’…) per protestare contro la situazione vergognosa della Giustizia barese (udienze nella tendopoli…) e per il silenzio del neo Guardasigilli che non ha alcuna idea sul da farsi, su come dare una dimensione di “servizio” alla Giustizia.
QUI la delibera.
La loro privacy
Succede che al processo ILVA, a Taranto, il Collegio difensivo degli imputati ha sollevato un’eccezione di incompetenza funzionale dei giudici tarantini della locale Corte d’Assise.
I Colleghi hanno documentato che diversi magistrati del distretto vivono e/o sono proprietari di immobili nei medesimi quartieri, a volte nelle medesime strade, ove vivono decine di altri cittadini appena ammessi come parti civili per danno da esposizione ambientale e per la svalutazione ed il danneggiamento da polveri dei propri immobili.
Insomma: sono presunti danneggiati, dunque “cointeressati”.
L’art. 11 c.p.p. “i procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge.” Pertanto, il processo dovrebbe celebrarsi altrove, per la precisione a Potenza.
L’ANM si è subito arrabbiata denunciando, in sostanza, la violazione della privacy dei magistrati coinvolti i cui dati, anche “sensibili” (sic) sarebbero stati resi pubblici e preannunciando azioni nelle opportune sedi, qualcosa che assomiglia molto ad un”intimidazione.
L’UCPI risponde molto seccamente, ma in modo ineccepibile. A parte la barzelletta dei dati “sensibili” (che dimostra ancora una volta quanto gli operatori del diritto siano tanto ignoranti in materia), basta dire “diritto di difesa”.
In un momento storico-politico in cui tutti si sentono fini costituzionalisti, dover ricordare uno dei principi fondamentali come quello espresso dall’art. 24 Cost. appare realmente imbarazzante.
Responsabilità dei magistrati
Dice che accompagnare la moglie presso un centro oncologico non è legittimo impedimento per il coniuge avvocato.
In un processo per guida senza patente, per giunta, manco fosse per un omicidio di mafia.
C’è voluta la Cassazione per raddrizzare l’insulto, per sanare una ferita quanto meno al buon senso.
Chi pagherà le spese per arrivare sino alla Suprema Corte?
Lo sappiamo già, non certo il magistrato.
Posted in Giustizia, Sentenze e sentenzine
1 Comment
Toghe creative
Il copia&incolla è una gran bella cosa, ma se un giudice copia e incolla le considerazioni dell’accusa senza aggiungere molto di suo, be’ per me è un po’ un dramma.
E, purtroppo, è un dramma non certo quotidiano, ma molto frequente e si manifesta, soprattutto, nel flusso che nasce dalla notizia di reato della polizia giudiziaria, prosegue nella richiesta di applicazione della misura cautelare a firma del pubblico ministero e sbocca nell’ordinanza con la quale il giudice accoglie la richiesta.
Ne ho già scritto, sin dal 2013, perché era uscita una sentenza della Cassazione che avallava tale pratica. Poi, ci sono stati altri accadimenti, l’ultimo mio post sull’argomento è del novembre dell’anno scorso.
Succede, però, che da domani tutto ciò non dovrebbe essere più possibile. Lo stabilisce la legge 16 aprile 2015, n. 47 che, pur un po’ taciuta, impone al giudice della cautela di operare un’”autonoma valutazione” circa – senza voler abusare del legalese – i fondamenti della misura, pena l’annullamento da parte del tribunale per il riesame.
Quanto meno, il vocabolario dei giudicante si arricchirà di tanti sinonimi, uno scossone per certe intelligenze pigre che stanno nei tribunali.
Tagliagole de noantri (Solidarietà a Nicola Canestrini)
Accade che un pakistano residente in Italia mette la bandiera dell’Isis sul proprio profilo Facebook inneggiando al califfato. Non entro nel merito: se accertato è sicuramente da condannare, ma non è questo il punto.
Accade che gli arriva un provvedimento di espulsione.
Accade che il pakistano si rivolge all’avvocato Nicola Canestrini di Trento, per impugnare il provvedimento.
Accade che Salvini si stupisce, tra le altre cose, che l’espulso abbia trovato un avvocato (italiano)
Segue il solito vomito, peraltro sgrammaticato, sulle bacheche di Facebook. Posto uno screenshot qui. Gli altri, molto significativi di tante cose, li metto in calce.
Il lato oscuro della giustizia
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva (art. 27, comma 3, Cost.)
Io, probabilmente, sono un naif: credo che lo Stato abbia una funzione pedagogica, in particolare quella di insegnarci la legalità, con il proprio esempio.
E, invece, mi fanno notare che non è così. Ci rimango un po’ male.
Pochi giorni fa. Un dì di festa la madre di un bambino ucciso viene portata in caserma, dopo cena, e sentita come “persona informata sui fatti” quando tutti, inquirenti in primis, avevano sospetti su di lei. Nessun avvocato, perché la persona informata sui fatti non ne ha diritto.
La sera, per 6 o 7 ore di seguito (così riferiscono i media), essere pressati di domande, a casa della Polizia. Come chiamiamo questa cosa? Audizione, colloquio, interrogatorio o tortura? Fate voi.
Io, dopo aver ricordato quanto dice la Costituzione, vorrei citare anche il testo dell’art. 63 c.p.p.
Art. 63.
Dichiarazioni indizianti.1. Se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
2. Se la persona doveva essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Personalmente, credo proprio che la persona dovesse essere sentita sin dall’inizio come indagata, con un avvocato (il diritto di difesa è fissato in Costituzione, all’art. 24), donde l’inevitabile inutilizzabilità. Ma, oramai, la frittata è stata fatta, la persona è in prigione anche per effetto di un’attività illegale (contra legem) posta in essere dallo Stato.
Pochissime voci di condanna sul punto, cito la Camera Penale di Milano.
Domani potrebbe capitare anche a noi.
Altra chicca.
Il fermo di una persona può essere disposto esclusivamente sulla base di gravi indizi relativamente a reati di una certa rilevanza (e l’omicidio lo è sicuramente) e “quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga” (art. 384 c.p.p.).
Ecco uno screenshot dell’atto del Pubblico Ministero che sarà valutato dal Giudice entro stasera e che, comunque, sta tenendo in galera una persona da diversi giorni.
Il nulla e non occorre essere giuristi per giungere a questa conclusione.
Posted in Giustizia
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copia&incolla&muori
E’ la quarta volta che ne scrivo, QUI l’ultima.
Il copia e incolla è ingiustizia, anche in questa versione particolare (“salva come…”).
Leggo e riporto (copio&incollo) dal Corriere
Nel verbale d’arresto i militari dell’Arma scrissero che Cucchi era «nato in Albania il 24.10.1975, in Italia senza fissa dimora»; peccato che fosse nato a Roma in tutt’altra data, e che l’abitazione in cui risultava ufficialmente residente fosse appena stata perquisita, senza esito, alla presenza sua e dei genitori. Evidentemente il verbalizzante aveva utilizzato, sul computer, il modello riempito in precedenza con i dati di un albanese, senza preoccuparsi di modificarli: una sciatteria che ebbe conseguenze fin dalla mattina successiva, visto che il giudice che convalidò l’arresto negò i domiciliari per la «mancanza di una fissa dimora risultante con certezza dagli atti». Fosse tornato a casa, sia pure da detenuto, probabilmente Stefano sarebbe ancora vivo. Nel verbale d’arresto i militari dell’Arma scrissero che Cucchi era «nato in Albania il 24.10.1975, in Italia senza fissa dimora»; peccato che fosse nato a Roma in tutt’altra data, e che l’abitazione in cui risultava ufficialmente residente fosse appena stata perquisita, senza esito, alla presenza sua e dei genitori. Evidentemente il verbalizzante aveva utilizzato, sul computer, il modello riempito in precedenza con i dati di un albanese, senza preoccuparsi di modificarli: una sciatteria che ebbe conseguenze fin dalla mattina successiva, visto che il giudice che convalidò l’arresto negò i domiciliari per la «mancanza di una fissa dimora risultante con certezza dagli atti». Fosse tornato a casa, sia pure da detenuto, probabilmente Stefano sarebbe ancora vivo.
Posted in Giustizia, Giustizia tecnologica
1 Comment
Controllo dei fumi
Un testimone, pur incalzato dall’avvocato, può domandare se il legale abbia fumato qualcosa senza che il Presidente del Collegio intervenga.
Poi, sulla querela del legale, il pm chiede l’archiviazione.
Succede, in Italia.
copia&incolla&denuncia
Ne avevo già parlato tempo fa, in due occasioni: QUI e QUI.
La “piaga” del copia&incolla, dilagante anche in àmbito giudiziario, che frustra il diritto alla Giustizia.
Succede che a Cosenza un Collega si lamenta di un presunto copia&incolla e si ritrova immediatamente denunciato per aver leso il decoro del magistrato copia&incollante.
La Camera Penale locale giustamente protesta.
Solidarietà.