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Category Archives: Internet e stampa
L’irrilevanza del blog
La sentenza che ha condannato Carlo Ruta per stampa clandestina fa discutere.
Si propongono molte opinioni. Tra le tante che parlano di stato fascista, che è colpa di Berlusconi e che siamo peggio della Cina (comprensibili sfoghi, ma che, anche se a sparare sui politici di ogni parte non si sbaglia mai, non colgono il segno), personalmente ho la mia opinione. Di minoranza.
Inizio col dire che mi riprometto un più approfondito studio del provvedimento. Dietro la vicenda (segnalo questi ulteriori materiali che potranno una visione più ampia della cosa) c’è un intreccio complessissimo di norme, giurisprudenza e opinioni dottrinali. Insomma, il nodo non si può sciogliere con un argomento secco.
Già nei commenti al post precedente sono emersi dei buchi, ma mi permetto di ribadire:
– che chi si aspettava una sentenza motivata un po’ “alla buona” come quella di Aosta (ed io ero tra questi) si è sbagliato di grosso;
– che la legge, come detto da alcuni (es. Guido Scorza) è ambigua (e mi permetto di ricordare che è una cosa che dico anch’io, da tempo).
Malgrado ciò, a differenza di altri, non mi sento di dire che siamo tutti blogger clandestini, eventualmente fiero di appartenere a detta categoria. Uno dei passaggi, in fatto, fondamentali è la negazione della natura di blog. Il giudice disserta diversamente, ma la prova sta nella visione del sito. Dove? Ma su Webarchive, ovviamente. Pure io ci sono cascato titolando per Penale.it (ho corretto).
Fatto sta, però, che la cosa, pur significativa dal punto di vista sociale, non rimescola le questioni giuridiche sul tappeto. Dunque, lasciamo da parte il blog-lamento. Rischia di sviarci. La sentenza, pur articolata, appare debole (i commentatori, come detto, hanno già evidenziato alcuni punti molto deboli), ma, appunto, la blogosfera non c’entra. Passiamo oltre, al diritto.
Carlo Ruta: i motivi della sentenza
Sta girando il testo della motivazione della sentenza di condanna contro Carlo Ruta.
Io ce l’ho, ma, al momento, non ho fonte prima su web (che vorrei segnalare).
Comunque, eccolo qui, in calce.
I commenti (anche giuridici senso stretto per una pronuncia molto discutibile) verranno.
TRIBUNALE DI MODICA
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice penale monocratico dr.ssa Patricia Di Marco, alla pubblica udienza dell’08.05.2008 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente:
SENTENZA
nei confronti di:
Ruta Carlo, nato a Ragusa il 26.08.1953, residente in Pozzallo Via G. Ungaretti
n. 46 Libero Assente
IMPUTATO
del reato p. e p. dagli artt.5 e 16 della L. 08.02.1948 n. 47, per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato “Accade in Sicilia” e diffuso sul sito internet www.accadcinsicilia.net senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica, competente per territorio per avere il Ruta comunicato al provider Tiscali il proprio indirizzo di posta elettronica in Pozzallo via Ungaretti n.46, con registrazione avvenuta in data 16 dicembre 2003.
In Pozzallo il 16.12.2003 e fino al 07.12.2004.
Con la recidiva di cui all’art. 99 C.P.
Con l’intervento del Pubblico Ministero dr.ssa V. Di Grandi V. Proc. O.
del difensore dell’imputato, Avv. G. Di Pasquale
Le parti hanno concluso come segue:
Il Pubblico Ministero chiede la condanna dell’imputato alla pena di € 250,00 di multa.
Il difensore dell’imputato chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o per non averlo l’imputato commesso ed in subordine, ex art.530, 2° co. c.p.p..
MOTIVAZIONE
Ruta Carlo veniva citato a giudizio davanti al Tribunale di Modica in composizione monocratica con decreto emesso il 31.05.2006 dal Pubblico Ministero presso questo Tribunale per rispondere del reato di cui agli artt. 5 e 16 della legge n. 47 dell’8.02. 1948 meglio specificato in rubrica.
All’udienza dcl 25.09.2007, alla presenza dell’imputato, dopo diversi rinvii dovuti ad impedimenti del difensore di fiducia dell’imputato, si dava inizio all’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei testi indicati in lista dal P.M..
Alla stessa udienza l’imputato rendeva spontanee dichiarazioni.
All’udienza del 29.01.2008 il Tribunale disponeva degli ulteriori accertamenti mediante la Polizia Postale di Catania relativamente alla cadenza con cui il sito veniva aggiornato e con cui venivano pubblicati gli articoli.
Indi all’udienza dell’8 maggio 2008, dopo avere escusso l’Assistente della Polizia Postale di Catania Vito Latora, esaurita l’istruttoria dibattimentale, le parti formulavano ed illustravano le rispettive conclusioni come da verbale in atti.
All’odierno imputato è stato contestato il reato di cui agli artt. 5 e 16 della L. n. 47 dell’8.02. 1948 per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato “Accade in Sicilia” e diffuso, con registrazione avvenuta il 16.12.2003, sul sito Internet WWW.accadeinsicilia.net. senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica, competente per territorio.
In diritto occorre preliminarmente osservare che l’art. 5 della L. n. 47/1948 stabilisce che nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato preventivamente registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi. Il successivo art. 16 dello stesso testo normativo punisce penalmente chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale ovvero di un periodico, senza che sia stata eseguita la suddetta registrazione.
Va chiarito che il provvedimento di registrazione consiste in un mero controllo di legittimità della regolarità formale dei documenti prodotti e della rispondenza del loro contenuto alle disposizioni di legge. La registrazione di un periodico, quindi, non costituisce un limite preventivo alla libertà di stampa, essendo esclusa nell’emissione del suddetto provvedimento ogni valutazione discrezionale circa l’opportunità di consentire o meno la pubblicazione.
La finalità della registrazione è unicamente quella di garantire la repressione degli abusi e di individuare i soggetti responsabili di eventuali illeciti commessi a mezzo stampa. Essa rappresenta soltanto una condizione di legittimità della pubblicazione, la cui mancanza dà luogo al reato di stampa clandestina.
D’altro canto anche la Corte Costituzionale con sent. N. 2 del 1971 ha escluso che le disposizioni in esame compromettano le libertà riconosciute e garantite dall’art. 21 della Cost., avendo ivi affermato che l’obbligo della registrazione riguarda esclusivamente i giornali quotidiani o periodici, sicché non pone alcuno ostacolo a che un soggetto manifesti il proprio pensiero con singoli stampati o con numeri unici.
Peraltro deve precisarsi che, sulla scorta di fondamentali enunciati del Giudice Costituzionale (sent. Cort. Cost. n. 826 del 14.07.1988), la nozione di libertà di manifestazione del pensiero fa oggi riferimento non solo alla libertà di colui che intende avvalersene in senso attivo, ma anche al diritto dei destinatari del messaggio comunicativo.
Pertanto, al fine di assicurare un equilibrio tra queste due posizioni, entrambe costituzionalmente protette, appare legittimo l’intervento del legislatore volto a regolare l’esercizio dell’attività d’informazione.
Ciò posto, occorre rilevare che, sino all’entrata in vigore della legge n. 62 del 2001, il prevalente orientamento giurisprudenziale aveva adottato un’interpretazione restrittiva dell’art. 1 della L. n. 47 del 1948, ritenendo che, affinché una pubblicazione potesse essere ricompresa nella nozione di prodotto editoriale di cui alla citata disposizione, dovesse necessariamente sussistere il requisito ontologico della riproduzione del giornale su supporto cartaceo.
Secondo tale orientamento veniva esclusa la possibilità di estendere ai giornali telematici le disposizioni relative alla registrazione previste per la stampa periodica.
Infatti la Legge n. 47 del 1948 all’art. 1 statuiva che, ai fini della suddetta legge, per stampa o stampati dovessero considerarsi tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione
Solo successivamente con la legge n. 62 del 2001 il legislatore ha esteso il concetto di prodotto editoriale, ricomprendendo in esso non solo il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ma anche quello realizzato su supporto informatico destinato alla pubblicazione anche con mezzo elettronico, ed ha, conseguentemente, esteso l’applicazione degli artt. 2 e 5 della L. n. 47 del 1948 anche ai giornali e periodici c.d. telematici. Ed invero la nuova legge all’art. 1, comma 1°, statuisce che per prodotto editoriale, ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora e televisiva, con esclusione dei prodotti disco grafici o cinematografici” e stabilisce al successivo comma 3° che “al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’art. 2 della legge 8 febbraio 1948 n. 47. I1 prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identìficativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’art. 5 della medesima legge n. 47 del 1948″.
A seguito dell’entrata in vigore della suddetta legge si sono affermati due contrapposti orientamenti interpretativi circa l’ambito di applicazione del menzionato testo normativo. Secondo l’interpretazione fornita da alcuni autori il regime prescritto dall’art. 1 della L. n. 62/2001 troverebbe applicazione solo per coloro i quali intendono usufruire delle agevolazioni previste dalla medesima legge. Diversamente secondo altra parte della dottrina e secondo la giurisprudenza di merito (Trib. Milano, Il sez. Civile, 10-16 maggio 2006 n. 6127; Tribunale Salerno, 16.03.2001; Tribunale Latina, 7.06.200 1) la norma, che accomuna in un sistema unitario la carta stampata e i nuovi media, ha valore generale, così da poter affermare l’assoluta equiparabilità di un sito internet ad una pubblicazione a stampa, anche con riferimento ad un eventuale sequestro di materiale «incriminato».
Questo giudicante ritiene di aderire al secondo orientamento dianzi illustrato in quanto lo stesso, oltre che più razionale da un punto di vista sistematico, appare peraltro confermato dal fatto che il titolo della legge del 2001 reca “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416”, il che lascia intuire che l’intenzione del legislatore non fosse solo quella di dettare regole sulle provvidenze, ma anche di introdurre modifiche attinenti all’intero settore dell’editoria.
Pertanto l’inciso contenuto nell’art. 1 della legge in esame “ai fini della presente legge” avrebbe valore generale e non limitato all’erogazione dei contributi.
Orbene, alla luce della suddetta normativa, al prodotto editoriale, per come definito dal comma 1 dell’art. 1 della L. n. 62/2001, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2 della L. n. 47/1948, mentre i prodotti editoriali diffusi al pubblico con periodicità regolare e contraddistinti da una testata sono ulteriormente sottoposti agli obblighi previsti dall’art. 5 della medesima legge n. 47 del 1948.
In sintesi devono essere inscritte, nell’apposito registro tenuto dai tribunali civili, le testate giornalistiche on-line che abbiano le stesse caratteristiche e la stessa natura di quelle scritte o radio-televisive e che, quindi, abbiano una periodicità regolare, un titolo identificativo (testata) e che diffondano presso il pubblico informazioni legate all’attualità. In particolare, le testate telematiche da registrare e perciò sottoposte ai vincoli rappresentati dagli articoli n. 2, 3 e 5 della L. n. 47/1948 sulla stampa sono quelle pubblicate con periodicità (quotidiana, settimanale, bisettimanale, trisettimanale, mensile, bimestrale) e caratterizzate dalla raccolta, dal commento e dall’elaborazione critica di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, dalla finalità di sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di fatti di cronaca e, comunque, di tematiche socialmente meritevoli di essere rese note.
Ed è, altresì, ovvio che il richiamo contenuto nell’art. 1, comma 3, della L. n. 62/2001 agli att. 2 e 5 della L. n. 47/1948 implica automaticamente il richiamo anche all’art. 16 della stessa legge e, quindi, alle sanzioni penali prescritte per l’ipotesi di inottemperanza alle disposizioni di cui agli artt. 2 e 5. Sicché l’art. 16 della legge sulla stampa si applica anche ai giornali telematici non già in via analogica, come da alcuni sostenuto, ma perché è lo stesso legislatore che rinvia a detta disposizione nel momento in cui impone alle testate periodiche l’obbligo della registrazione.
D’altra parte diversamente opinando sarebbe irragionevole prevedere ed imporre anche ai periodici telematici gli stessi obblighi prescritti per la stampa ed escludere l’irrogazione delle sanzioni penali fissate per l’inosservanza dei suddetti obblighi.
Detto quadro normativo, per quello che in questa sede interessa, non è stato intaccato dall’entrata in vigore del D.Lvo n. 70 del 2003, il quale, per come risulta dalla stessa rubrica del decreto, disciplina esclusivamente “i servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”.
Le finalità della nuova normativa sono rese esplicite dal l° comma dell’art. 1 del d.lgs. n. 70/2003 e consistono nella promozione della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione (SSI), e segnatamente nell’attività di commercio elettronico.
Tale normativa, da un punto di vista oggettivo e per come stabilito dall’art. 2 dello stesso decreto, si riferisce a “qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”.
Sostanzialmente, rientra nell’ambito regolato dalla nuova disciplina il c.d. commercio elettronico, inteso quale attività di contrattazione telematica e relative operazioni propedeutiche, oltre che qualsiasi tipo di servizio, che comunque costituisca un’ attività economica.
In relazione, poi, all’ambito soggettivo di applicazione, tre sono le definizioni rilevanti. Il «prestatore», che viene definito, sempre dall’art. 2, come la persona fisica o giuridica che presta un servizio per la società dell’informazione (SSI); il «destinatario del servizi» quale soggetto che, a scopi professionali e non, utilizza un SSI, in particolare per ricercare o rendere accessibili informazioni; il «consumatore» come qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca con finalità non riferibile all’attività commerciale, imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
Deve di conseguenza concludersi che il decreto legislativo in parola regola esclusivamente l’attività di prestazione di servizi di informazione, resa dalle società di informazione e da coloro che prestano servizi per le suddette società, mentre non si applica al singolo che svolge l’attività d’informazione non in forma commerciale e, quindi, non in qualità di prestatore di servizi nel senso dianzi delineato.
A tal fine va anche evidenziato che l’art. 1, ultimo periodo, della 1. n. 62/2001 risulta immutato e non è stato abrogato dal D.L.vo n. 70/2003, né la norma contenuta nel comma 3° dell’art. 7 può essere considerata norma di interpretazione autentica del citato art. 1 della 1. n. 62/2001, essendo il decreto legislativo in commento applicativo, nell’ambito dell’ordinamento interno, di una direttiva comunitaria, la quale, al momento della sua emanazione, non poteva, evidentemente, avere a riferimento la legislazione interna preesistente.
L’orientamento che, al momento dell’entrata in vigore della 1.n. 62/2001, interpretava restrittivamente l’art. i, comma 3° ultimo periodo, della 1. n. 62/2001, affermando come in realtà tale norma sancisse l’obbligo di registrazione solo per le testate giornalistiche on-line che volessero accedere ai finanziamenti statali, non è, dunque, condivisibile proprio in ragione dell’emanazione del D.L.vo n. 70/2003, il quale ha dovuto introdurre, successivamente ed all’uopo, una disposizione ad hoc, che, si ribadisce, non è di interpretazione autentica e che esenta dalla registrazione le testate editoriali telematiche riferibili alle società di servizi.
Non può, quindi, sostenersi, sic et simpliciter, che l’art. 7, comma 3°, D.L.vo n. 70/2003 abbia sostanzialmente sancito l’inoperatività dell’art. 1, comma 3° ultimo periodo, della 1. n. 62/2001, facendo salva solo la marginale ipotesi dell’accesso al finanziamento pubblico. Semmai al contrario, avuto riguardo all’oggetto della disciplina del D.L.vo n. 70/2003 ed alla portata generale dell’art. 1, commi 1 e 3, della 1. n. 62/2001, il complesso sistematico delle norme impone un’esegesi delle medesime nel senso che al singolo giornalista, che non svolge la propria attività in forma economica e che non presta servizi in favore di una società di informazione, non può applicarsi la disposizione di cui all’art. 7, comma 3, del D. Lvo n. 70/2003, che esonera dalla registrazione le testate editoriali telematiche che non intendono accedere alle provvidenze di cui alla legge n. 62/2001, perché tale disposizione riguarda solamente il c.d. prestatore di servizi, rimanendo conseguentemente il singolo giornalista sottoposto all’obbligo di cui all’art. 1, comma 3° ultimo periodo, della 1. n. 62/2001.
A conferma di quanto sopra asserito (in operatività del comma 3°art. 1 L. n. 62/2001) va ulteriormente chiarito che la registrazione cui fa riferimento l’art. 7, comma 3, del D. Lvo n. 70/2003 non può che essere quella da effettuarsi presso il Registro Operatori della Comunicazione (ROC), istituito con la L. n. 249 del 1997 (art. 16 L. n. 62/2001), e non quella da effettuarsi ai sensi dell’art. 5 della L. n. 47/1948 (art. 1, comma 3, L. n. 62/2001), essendo la prima sostitutiva della seconda, ai sensi dell’art. 16 della L n. 62/2001, ed essendo tenute le società dei servizi di informazione, cui si applica il D. Lvo n. 70/2003 e fatta salva l’esenzione di cui all’art. 7, comma 3°, del D.L.vo n. 70/2003, all’iscrizione presso il suddetto registro, anche in funzione sostitutiva della registrazione prevista dall’art. 5 della 1. n. 47/1948, quale obbligo connesso al singolo servizio ex art. 7, comma 1°, del D.L.vo n. 70/2003 e ai sensi del combinato disposto dell’art. 16 della 1. n. 62/2001 con l’art. 1 comma 6 lett. a) numero 5) della L. 249/1997. Le stesse, infatti, rientrano tra i soggetti individuati all’uopo dalla legge del 1997 e cioè tra “i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione in base alla vigente normativa da parte dell’Autorità o delle amministrazioni competenti, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante impianti radiofonici o tele visivi o da diffondere su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e tele visivi, nonché le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale, nonché le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l’editoria elettronica e digitale”.
In conclusione, alla stregua della normativa introdotta con il D.L.vo dcl 2003, devono inscriversi nel Roc soltanto i soggetti editori che pubblicano una o più testate giornalistiche diffuse al pubblico con regolare periodicità per cui è previsto il conseguimento di ricavi qualora intendono avvalersi delle provvidenze previste dalla L. n. 62 del 7.03.2001 o che, comunque, ne facciano specifica richiesta.
Tale differenziazione di trattamento per le società di servizi di informazione e per il prestatore di servizi che opera in favore della stessa, i quali qualora non intendano beneficiare del finanziamento pubblico sono esonerati dall’obbligo di iscrizione al Roc, si giustifica in considerazione del fatto che detti enti collettivi sono già sottoposti ad una normativa che consente facilmente di individuarli e, dunque, garantisce la trasparenza ed il controllo sullo svolgimento della loro attività (vedi appunto D. Lvo n. 70/2003 e segnatamente lo stesso art. 7, commi i e 2, che impone al prestatore l’obbligo di fornire una serie di dettagliate informazioni circa la propria attività).
Una diversa interpretazione delle disposizioni in commento, a parere di questo Decidente, sarebbe suscettibile di irragionevolezza ed in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.
Difatti, qualora dovesse ritenersi che la disposizione di cui all’art. 7 comma 3 del D.Lvo n. 70/2003 abbia escluso l’obbligo della registrazione di cui all’art. 5 della L. n. 47/1948 per tutti coloro i quali pubblicano un periodico tramite la rete Internet, si creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra i giornalisti della carta stampata, i quali soli sarebbero costretti a rispettare il dettato della legge del 1948 sulla stampa, ed i giornalisti telematici i quali, invece, potrebbero pubblicare in rete senza alcuna limitazione e senza alcuna forma di controllo.
Si aggiunga che proprio la pubblicazione di una pagina web rappresenta la forma più efficace e potenzialmente più insidiosa di diffusione di una notizia, dato o informazione, giacché tale “luogo” virtuale può essere visitato non solo da colui che è specificamente e direttamente interessato a conoscere una certa notizia, ma può essere visitato anche da soggetti che, inserendo uno o più termini in un motore di ricerca, vengono indirizzati al sito in oggetto.
Al riguardo proprio la Suprema Corte in una recente sentenza ha rilevato come nel caso in cui un utente di Internet “crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes (sia pure nel ristretto -ma non troppo – ambito di tutti coloro che abbiano gli strumenti, la capacità tecnica e, nel caso di siti a pagamento, la legittimazione a connettersi)” (Cass. pen. 27 dicembre 2000).
Tanto premesso in diritto, nel caso in esame risulta acclarata la sussistenza del reato contestato all’odierno imputato.
Dalla documentazione in atti emerge inequivocabilmente che l’imputato ha pubblicato sul sito internet denominato www.accadeinsicilia.net, un giornale che rientra nel paradigma del prodotto editoriale descritto dall’art. 1, comma 3, L. n. 62/2001.
In primo luogo è lo stesso imputato che, intitolando il proprio prodotto “Accade in Sicilia giornale di informazione civile”, ha definito e qualificato il proprio prodotto come giornale diretto a svolgere attività di informazione e, dunque, come prodotto editoriale.
Ad ulteriore conferma che quanto pubblicato dal Ruta sul sito in parola sia un prodotto editoriale proviene dal contenuto degli articoli in esso pubblicati, i quali hanno ad oggetto fatti di cronaca locale, inchieste giudiziarie, testimonianze dirette e fatti storici (vedi: “omicidi Tumino e Spampinato”; “affare acqua e mafia”; 8.08.2003 “emergenze e giustizia il questore Casabona viene trasferito da Ragusa “; 29.06.2003 “caso Carbone-Antonveneta. Nell’est siciliano si vilipende la legge fino alla vergogna”; 15.04.003 “Operazione privè negli iblei”).
In secondo luogo, l’attività istruttoria ha consentito di accertare che il sito internet creato dall’imputato presentava le caratteristiche di un periodico per la sistematicità con cui veniva aggiornato e con cui venivano pubblicati gli articoli.
Dalle pagine del suddetto giornale rinvenute dalla Polizia Postale di Catania e da quelle già acquisite al fascicolo per il dibattimento si evince chiaramente che gli articoli venivano pubblicati con cadenza giornaliera, dato peraltro confermato, come già anticipato, anche dalla denominazione data dallo stesso imputato di “Giornale” che letteralmente significa quotidiano di informazione” (vedi articoli datati 27.11.2004, 25.11.2004, 15.11.2004, 17.11.2004, 10.11.2004, 6.11.2004, 3.11.2004, 1.11.2004, 30.10.2004, 28.10.2004, 14.10.2004, 13.10.2004).
In conclusione, il prodotto pubblicato dal Ruta sul sito internet denominato WWW.accadeinsicilia.net si inquadra esattamente nell’ambito del prodotto editoriale di cui all’art. 1, commi 1° e 3° del D. lvo n. 62/2001 per la cui pubblicazione era necessaria la registrazione presso la cancelleria del tribunale, non operando nel caso di specie l’esenzione di cui all’art. 7, c. 3°, D. Lvo n. 70/2003 perché l’imputato non ha svolto l’attività d’informazione per cui è processo in forma commerciale o comunque economica, né ha operato quale prestatore di servizi per le società di servizi d’informazione.
L’inottemperanza al predetto obbligo, in applicazione di principi di diritto sopra enunciati, integra il reato di cui all’art. 16 della L. n. 47/1948.
In ultimo va chiarito che non assume rilevanza, al fine di escludere la penale responsabilità dell’imputato, l’affermazione resa dallo stesso in sede di spontanee dichiarazioni, secondo cui il prodotto dallo stesso pubblicato non fosse un quotidiano, ma semplicemente un “blog” inteso come diario di informazione civile.
Al riguardo giova innanzitutto evidenziare che il “blog” è principalmente uno strumento di comunicazione ove chiunque può scrivere ciò che vuole e come tale può anche essere usato per pubblicare un giornale.
Infatti un “blog” può anche essere utilizzato come metodo di presentazione di un giornale, cioè di una testata registrata con una sua linea editoriale, per coinvolgere il pubblico.
Pertanto diverso può essere l’uso che si fa del blog nel senso che lo si può utilizzare semplicemente come strumento di comunicazione ove tutti indistintamente possono esprimere le proprie opinioni sui i più svariati argomenti ed in tal caso non ricorre certamente l’obbligo di registrazione, ovvero come strumento tramite il quale fare informazione.
Nella fattispecie de qua, come risulta dalle pagine acquisite agli atti e come ha riferito il teste La Tora, per pubblicare degli articoli sul sito creato dal Ruta era necessario contattare costui e sottoporre alla sua preventiva valutazione l’articolo che si intendeva pubblicare.
Pertanto appare evidente come il sito in questione non fosse un blog, al quale chiunque potesse accedere e partecipare al dibattito, ma era un vero e proprio giornale dotato di una testata e di un editore responsabile.
A suggello e conferma di quanto sopra va, del resto, richiamato che lo stesso imputato ha definito la propria pubblicazione come “Giornale di informazione civile”.
L’imputato va, quindi, condannato in ordine al reato allo stesso contestato.
L’imputato appare meritevole della concessione delle attenuanti generiche attesa la sua incensuratezza.
Così affermata la penale responsabilità di Ruta Carlo in ordine al reato ascrittogli, avuto riguardo ai criteri indicati dall’art. 133 c.p., riconosciute le attenuanti generiche per l’incensuratezza dell’imputato, si ritiene equo determinare la pena in € 150,00 di multa (pena base € 225,00 di multa ridotta nella misura finale ex art. 62 bis c.p.).
All’affermazione di responsabilità dell’imputato segue ex lege la condanna al pagamento delle spese processuali.
Data la complessità delle questioni trattate è stato fissato in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.;
dichiara Ruta Carlo colpevole del reato allo stesso ascritto e, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di € 150 di multa oltre al pagamento delle spese processuali; visto l’art. 544 c.p.p.;
fissa per il deposito della motivazione il termine di giorni novanta.
Modica 8.05.2008
IL GIUDICE
Patricia Di Marco
Editoria: Ricardo Franco Levi ci riprova
Non so dove l’ho letto, ma ricordo che Ricardo Franco Levi aveva detto che, malgrado la caduta del Governo Prodi e, dunque, l’impossibilità di portare a termine il suo “disegno” sull’editoria (c.d. “Levi-Prodi”), ci avrebbe riprovato con la nuova Legislatura.
E’ altamente probabile che il ddl C-1269 (di cui, al momento, non è noto il testo) sia proprio questo ritorno alla carica.
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News sul caso Carlo Ruta
Ho aspettato a scrivere qualcosa perché avevo necessità di maggiori informazioni. Ed ero anche impegnato.
Devo dire che, ora che ho molti dati in più, mi sono accorto che i fatti sono un po’ diversi da come ho letto in altri contesti. Anche se la mia conclusione – lo anticipo – è sempre per una condanna giuridicamente (molto) sbagliata.
Gli atti più significativi sono disponbili online, QUI. La motivazione della sentenza non c’è ancora, ma è facile prevederla assemblando un po’ i vari materiali. Ho motivo di ritenere che la prima sia compatibile con e diretta conseguenza dei secondi.
Ricostruiamo la storia.
Un bel (si fa per dire) giorno di fine 2004, Agostino Fera, magistrato siciliano, decide di querelare il Ruta per una presunta diffamazione chiedendo, con più argomenti, l’oscuramento del sito di cui al dominio www.accadeinsicilia.net (in effetti, oscurato dopopoco tempo). In particolare, il querelante sostiene che, a fronte della l. 62/2001, un sito (periodico, di informazione e con una “testata” coincidente con il nome di dominio) è “prodotto editoriale” ai sensi della legge citata e, pertanto, deve riportare le indicazioni di cui all’art. 2 della legge sulla stampa (l. 47/48).
Il procedimento, per queste “irregolarità”, viene stralciato da quello per diffamazione (i procedimenti penali che vedono coinvolti i magistrati sono trattati in una sede distrettuale diversa da quella ove essi svolgono le proprie funzioni) ed arriva alla Procura di Modica (competente per territorio) che, nel marzo 2006, emette un decreto di citazione a giudizio per “stampa clandestina”. Risulta, così, un certo scollamento rispetto alla tesi, suesposta, sostenuta dal querelante. Verosimilmente, le premesse sono le stesse (il dettato della l. 62/2001), ma a Modica non si parla di omesse indicazioni, bensì di omessa registrazione della testata. Fatto punito dall’art. 16 l. 47/48 che discende dalla violazione dall’art. 5 della stessa legge. Incidentalmente, il fatto, così come impostato dal querelante, aveva mera rilevanza amministrativa (v. art. 17 l. 47/48).
Nel corso del processo, il Tribunale di Modica delega alcuni accertamenti alla Postale la quale (secondo me affidandosi un po’ troppo a Webarchive) evidenzia, per quello che ne traggo io, l’insussistenza della periodicità, circostanza che potrebbe erodere l’accusa.
Malgrado ciò (e sarà molto interessante leggere le motivazioni sul punto), l’8 maggio di quest’anno arriva la sentenza, come sappiamo di condanna.
Qualche riflessione ribadendo che, malgrado la probabile consequenzialità della pronuncia rispetto agli atti che conosciamo, non è consentito rivolgere una critica diretta ad una sentenza di cui, al momento, si sconoscono le motivazioni.
Come accennato, l’imputazione non riguardava l’omissione di indicazioni obbligatorie prospettata in querela, ma quella, già nota, di “stampa clandestina”, vale a dire l’omessa registrazione della testata (il blog o, comunque, il sito Internet).
E c’è un primo problema. La registrazione è imposta per giornali o stampati. Come diceva, già più di due lustri addietro, Vincenzo Zeno-Zencovich, la telematica non può certo rientrare nella definizione dell’art. 1 l. 47/48. Del resto, le ordinanze citate dal querelante sono relative al civile/amministrativo (una riguarda la registrazione di Interlex) ove non vige il divieto di analogia in malam partem (l’applicazione di una legge regolante un caso analogo in danno dell’imputato). Dunque, non sono disinvoltamente richiamabili per equiparare Internet alla stampa.
L’ostacolo più grande è, invece, la legge 62/2001 che introduce una definizione di “prodotto editoriale” (con conseguenti obblighi) vastissima, tale da abbracciare anche le comunicazioni telematiche. E il caso riguardante Carlo Ruta ha un (mezzo) precedente (che, però, non so quali esiti finali abbia avuto).
Ma non è finita qui. Contrariamente a Guido Scorza, ritengo che il successivo d.lgs. 70/2003 abbia definitivamente chiarito le cose, cioè che la registrazione di cui si parla all’art. 7, comma 3 sia quella della testata, presso il tribunale (e non gli altri adempimenti per il ROC). Se ciò è vero e se è parimenti vero che Carlo Ruta non ha mia chiesto “provvidenze” per il proprio blog, ecco perché la blogosfera non deve registrarsi in tribunale.
Insomma: per quel caso, la formula giusta doveva essere assolutoria “perché il fatto non sussiste”.
P.S.: Penso che il Minottino abbia bisogno di un energico aggiornamento sul tema, a sostegno della tesi appena esposta.
Andate e depositate
La cosa si era un po’ persa per strada… Propostasi, la prima volta, nel 2004, poi riemersa nel 2006 e a San Valentino la G.U. pubblica il decreto, firmato da Rutelli a fine 2007, che individua gli Istituti per il deposito.
Valentino, non San ma Spataro, e’ comprensibilmente dubbioso, ma vede qualcosa di decisivo nelle specificazioni per la alcune biblioteche abruzzesi per le quali si parla di “supporto telematico” (e bah…).
QUI un po’ di materiali in attesa che qualcuno ci dica qualcosa con argomenti convincenti.
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Internet e carta: soliti trattamenti differenziati
Non penso occorra chiamarsi Massimo Mantellini per giungere a certe esattissime conclusioni. Il problema, semmai, e’ il coraggio di sostenerle. E non tutti lo hanno.
Massimo riprende una articolo di Repubblica sul tema della prostituzione online o, meglio, sui siti di annunci escort e osserva che, alla stessa stregua, dovrebbero essere chiusi/perquisiti/sequestrati anche i tradizionali quotidiani che pubblicano centinaia di annunci chiaramente legati alla prostituzione.
Al di la’ di cio’, a me vengono in mente due cose:
– che l’anno scorso Rebus (che e’ uno che sa…) ha denunciato il filtraggio, per IP, di un sito di questo genere "sfruttando" il decreto Gentiloni sull’inibizione dei siti pedopornografici; un gravissimo abuso;
– che, piu’ recentemente, la Cassazione ha distinto tra stampa (con i relativi diritti di cui alla’rt. 21 Cost.) e stampa di annunci illegali.
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Sezione Stampa su Penale.it
Carlo Felice ne sara’ contento, spero.
Oggi ho creato una nuova sezione di Penale.it dedicata alla stampa.
Ovviamente, per ora, ci sono piu’ o meno vecchi provvedimenti, ma la mia intenzione e’ quella di puntare molto, in futuro, su questi argomenti, spesso incrociati con Internet.
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Sul sequestro di siti Internet
Il sito-stampa non e’ sequestrabile, ma se e’ il mero veicolo di un messaggio pubblicitario illecito, il vincolo e’ possibile.
Ecco. Seguendo la tecnica della "piramide rovesciata" (con l’occasione, segnalo il gia’ stranoto "Il mestiere di scrivere") riassumo i termini di un’interessante sentenza della Cassazione che ho appena pubblicato su Penale.it (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 27 settembre 2007 – dep. 24 ottobre 2007 – n. 39354). Per la verita’, e’ qualcosa di molto simile alla massimazione delle sentenze, appunto.
La stampa non e’ sequestrabile, lo dice pure la Costituzione (art. 21) ed anche il R.d.l. (si’… Regio decreto-legge) 561/46. Al piu’, si possono sequestrare massimo tre esemplari.
Il nostro caso, pero’, e’ peculiare per tre motivi:
– le pubblicazioni contestate riguardano il presunto reato di sfruttamento della prostituzione ed e’ immaginabile il tenore degli annunci pubblicitari, evidentemente non connessi ad un diritto di cronaca-critica;
– il sequestro di cui si parla e’ quello preventivo, cio’ quella misura che mira ad impedire ulteriori conseguenze del reato o la commissione di altri e introdotta soltanto nel 1988;
– non si discute della carta stampata, ma di siti Internet, pur testate registrate.
Sotto il primo profilo, la Corte dice chiaramente che un conto e’ la stampa come esercizio di diritti costituzionali, un conto e’ un mero veicolo di pubblicita’ (illegale). Quindi, nel secondo caso, NON vi sarebbero i diritti di cui all’art. 21 Cost.
Le altre due questioni sono assorbite, ma vale la pena di spendere qualche parola almeno su una delle due.
Il "vantaggio" dei siti-stampa e’ che non possono essere sequestrati. Se, anche ai sensi della l. 62/2001, i siti sono equiparati alla carta (a certe condizioni), vantaggi e svantaggi di quest’ultima passano ai primi. Abbiamo un’interessante pronuncia QUI (sebbene si conosca questo diverso orientamento, un po’ discutibile nel suo reciso rigore).
Cosi’ non e’ per gli altri siti che, infatti, vengono "tranquillamente" oscurati. Ecco la spiegazione di quella che, per certi versi, e’ una disparita’ di trattamento.
Tornando al punto di partenza, mi lascia un po’ preoccupato il fatto che, malgrado i siti oggetto del procedimento fossero certamente testate, li si e’ sequestrati comunque. Verissimo: siamo di fronte ad un caso macroscopico e non relativo al diritto di cronaca-critica, ma quanto si puo’ "limare" la portata dell’art. 21 Cost. per giungere a quella che anche i giudici di Rovigo hanno definito, senza mezzi termini, censura?
Son preoccupato.
Ecco. Seguendo la tecnica della "piramide rovesciata" (con l’occasione, segnalo il gia’ stranoto "Il mestiere di scrivere") riassumo i termini di un’interessante sentenza della Cassazione che ho appena pubblicato su Penale.it (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 27 settembre 2007 – dep. 24 ottobre 2007 – n. 39354). Per la verita’, e’ qualcosa di molto simile alla massimazione delle sentenze, appunto.
La stampa non e’ sequestrabile, lo dice pure la Costituzione (art. 21) ed anche il R.d.l. (si’… Regio decreto-legge) 561/46. Al piu’, si possono sequestrare massimo tre esemplari.
Il nostro caso, pero’, e’ peculiare per tre motivi:
– le pubblicazioni contestate riguardano il presunto reato di sfruttamento della prostituzione ed e’ immaginabile il tenore degli annunci pubblicitari, evidentemente non connessi ad un diritto di cronaca-critica;
– il sequestro di cui si parla e’ quello preventivo, cio’ quella misura che mira ad impedire ulteriori conseguenze del reato o la commissione di altri e introdotta soltanto nel 1988;
– non si discute della carta stampata, ma di siti Internet, pur testate registrate.
Sotto il primo profilo, la Corte dice chiaramente che un conto e’ la stampa come esercizio di diritti costituzionali, un conto e’ un mero veicolo di pubblicita’ (illegale). Quindi, nel secondo caso, NON vi sarebbero i diritti di cui all’art. 21 Cost.
Le altre due questioni sono assorbite, ma vale la pena di spendere qualche parola almeno su una delle due.
Il "vantaggio" dei siti-stampa e’ che non possono essere sequestrati. Se, anche ai sensi della l. 62/2001, i siti sono equiparati alla carta (a certe condizioni), vantaggi e svantaggi di quest’ultima passano ai primi. Abbiamo un’interessante pronuncia QUI (sebbene si conosca questo diverso orientamento, un po’ discutibile nel suo reciso rigore).
Cosi’ non e’ per gli altri siti che, infatti, vengono "tranquillamente" oscurati. Ecco la spiegazione di quella che, per certi versi, e’ una disparita’ di trattamento.
Tornando al punto di partenza, mi lascia un po’ preoccupato il fatto che, malgrado i siti oggetto del procedimento fossero certamente testate, li si e’ sequestrati comunque. Verissimo: siamo di fronte ad un caso macroscopico e non relativo al diritto di cronaca-critica, ma quanto si puo’ "limare" la portata dell’art. 21 Cost. per giungere a quella che anche i giudici di Rovigo hanno definito, senza mezzi termini, censura?
Son preoccupato.
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Testata, no… sito, anzi forum
Lunedì ero in una città d’arte a difendere l’intestatario di un dominio relativo ad un forum, non testata giornalistica. Fatto di presunta diffamazione, ad opera di un forumista, contro un noto assessore.
Ecco, abbastanza fedelmente, la trascrizione dell’udienza.
Legenda
G: Giudice
M: Minotti
G: Allora, avvocato, aveva una questione preliminare?
M: Sì, signor giudice, l’ho già illustrata al pubblico ministero e al collega di parte civile. Si tratta della denuncia di nullità del decreto di citazione a giudizio, ex articolo 552, per evidenti problemi del capo di imputazione [segue esposizione].
G: Ma l’imputato non è il direttore responsabile della testata Alfa?
M: No, signor giudice, è soltanto il titolare del dominio Beta, corrispondente ad un forum. Peraltro, non coincidono anche i fatti contestati. Probabilmente, c’è stato un problema di copia e incolla in Procura…
G: Ah… Ma il 415-bis era corretto?
M: Sì, nella misura in cui riportava il nome del mio assistito associato al sito giusto nonché delle espressioni diverse da quelle dell’odierno decreto. Donde la prova della nullità del decreto, al di là di ciò che è ulteriormente riscontrabile nel fascicolo del pubblico ministero.
G: Bene, allora verbalizziamo l’eccezione. L’avvocato Minotti, per l’imputato Tizio, eccepisce la nullità del decreto di citazione a giudizio, in quanto Tizio non è il responsabile della testata Alfa, bensi’ della testata Beta…
M: No, scusi, signor giudice, non possiamo parlare di responsabili o di testate.
G: Ma è lo stesso… Comunque, semmai, riguarda il merito…
M: Mi scusi, soltanto perché si tratta della verbalizzazione di una mia eccezione, vorrei si mettesse, riguardo a Beta, sito in luogo di testata. Anche perché, altrimenti, ammetterei l’applicabilità delle disciplina sulla stampa e, visto il caso concreto, saremmo anche in regime di art. 13, con tutto quello che ne consegue circa il rito.
G: Va bene. Signora, corregga testata e sostituisca con sito.
Bene, io non voglio essere pessimista più di tanto, ma non posso non negare certe mie preoccupazioni. Ieri abbiamo saputo che Gentiloni, che dovrebbe-potrebbe mettere mano alla riforma dell’editoria, non ha le idee chiare sul regime proprio della stampa.
Il caso sopra, invece, ci può far pensare che anche chi deve applicare la legge non senta la necessità di porre un reciso distinguo tra testata e sito, anzi forum.
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Un giurista per Gentiloni
Io penso che i nostri governanti dovrebbero sempre parlare previa consulenza, anche legale.
Succede che Gentiloni, a Iab 2007, dice sicuramente delle belle cose (v. ANSA). Tra l’altro, per l’ennesiama volta sentenzia senza esitazioni che "sul Web e’ impensabile applicare i criteri della legge sull’editoria concepita per la carta stampata’ in particolare per cio’ che riguarda diffamazione aggravata e responsabilita’ del direttore".
Peccato che una diffamazione telematica sia gia’ aggravata, al pari di quella propria della stampa (art. 595, comma 3, c.p.) e soltanto se c’e’ l’attribuzione di un fatto determinato la stampa (e non il Web) viene sanzionata piu’ rigorosamente (art. 13 l. 47/48).
Bisognerebbe saperle, queste cose. Altrimenti sembra (?) proprio demagogia.
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