Category Archives: Privacy e dati personali

Privacy e business secondo il Garante

La disciplina sulla tutela dei dati personali, malgrado alcune recenti “semplificazioni”, comporta adempimenti sovente pesanti.

A renderla un po’ più friendly, magari anche un’occasione, ci prova il Garante con la guida “La privacy dalla parte dell’impresa – Dieci pratiche aziendali per migliorare il proprio business“.

L’obiettivo dichiarato è quello di “aiutare le imprese a valorizzare il proprio patrimonio dati, trasformando la privacy da costo a risorsa, senza per questo ridurre le tutele dei diritti fondamentali della persona”.

L’iniziativa è certamente meritoria, ma io sono un po’ scettico sulle capacità recettive degli itliani. Sarei veramente felice di essere smentito.

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Fatti smart!

La tecnologia ci corre sempre davanti. E’ un bene, perché siamo incoraggiati a tenere il passo, ma ciò ha anche risvolti negativi perché non la conosciamo mai abbastanza, specie noi che, con l’età, non abbiamo più gambe così veloci.
Consapevolezza: è la parola magica.
Il Garante per la tutela dei dati personali lancia “Fatti smart!” una campagna di sensibilizzazione su privacy e smartphone con tanto di video tutorial.

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Lsdi > Diritto all’ oblio e diritto di cronaca: Minotti, ‘’quella del Garante sembra una via accettabile’’

(da Lsdi del 28 marzo 2013)

Archivi giornalistici online sempre aggiornati. Lo ha stabilito il Garante per la privacyaccogliendo i ricorsi di due cittadini e ordinando a un gruppo editoriale di aggiornare alcuni articoli presenti nell’archivio storico on-line di un suo quotidiano.
La decisione riapre il problema della permanenza delle notizie sugli archivi digitali e del cosiddetto diritto all’ oblio, contrapposto al diritto di cronaca: un campo complesso su cui non c’ è ancora una norma specifica e che è soggetto quindi a varie interpretazioni.

Daniele Minotti affronta qui la questione con un intervento che offre un ampio quadro della situazione dal punto di vista giuridico e legislativo.

di Daniele Minotti

Il diritto all’ oblio vince la storia? L’esito finale era nell’ aria, ma, francamente, non si pensava a sviluppi così spediti e compressi nel tempo.

Nel nostro ordinamento il diritto all’ oblio, il diritto ad essere dimenticati, non è codificato. Almeno per il momento, perché la prima versione, tutta ancora da approvare, del regolamento europeo sulla privacy ne prevede l’ introduzione per tutti i Paesi dell’Unione. Ma è anche dubbio che il diritto alla rimozione dei propri dati dopo un certo periodo possa riguardare l’ attività giornalistica.

Ad ogni modo, il problema c’ è e, come è facilmente immaginabile, esso riguarda soprattutto gli archivi Internet, dove la notizia è letteralmente “permanente”.

Negli ultimi due anni, senza grandi clamori, si sono verificati alcuni accadimenti fondamentali sul tema che vanno ripercorsi anche per poter comprendere meglio le ultime novità.

E’  il gennaio del 2011 e, malgrado il diverso avviso del Garante, il Tribunale di Ortona condanna la testata online PrimaDaNoi a rimuovere un articolo, del 2006, riguardante una vicenda giudiziaria penale poi risoltasi felicemente per l’ indagato.

Il Garante aveva dato atto che, molto correttamente, la redazione aveva annotato tutti gli aggiornamenti del caso. Tuttavia, sulla scorta di “puntelli” giuridici assai generici (e poco pertinenti), il Tribunale ha ordinato la rimozione condannando, altresì, il direttore al risarcimento dei danni.

Aprile 2012. In Cassazione viene depositata la sentenza 5525/2012 della III sezione civile. Nella pronuncia si fa un ampio, quanto doveroso, excursus sui contrapposti diritti di cronaca e di identità personale (attuale), giungendo a tracciare una via mediana, cioè quella del riconoscimento del diritto di ottenere l’ integrazione ovvero l’ aggiornamento della notizia.

Gennaio 2013, la storia di Ortona si ripete: articolo già spontaneametne rettificato e aggiornato, stessa asserita violazione della riservatezza (contro il diritto di cronaca) e stesso ordine di rimozione con condanna al risarcimento.

Una “sentenza fotocopia”, coma la definisce PrimaDaNoi, peraltro sempre con quella scarna e poco pertinente motivazione che, francamente, è ancor più inaccettabile se si considera il pronunciamento della Cassazione.

E arriviamo ai giorni più recenti quando – si ricordi bene – il diritto all’ oblio è ancora in discussione a livello europeo.

Il Garante per la tutela dei dati personali annuncia due provvedimenti, adottati nei mesi scorsi, per certi versi innovativi. Il loro contenuto può essere semplicemente riassunto con la citazione di un passaggio comune: “ordina a […] di predisporre, nell’ ambito dell’ archivio storico on line del quotidiano […], un sistema idoneo a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l’ esistenza degli sviluppi delle notizie relative al ricorrente”.

Si tratta, chiaramente, di un’ applicazione concreta dei principi espressi dalla Cassazione (la cui sentenza, infatti, è menzionata in motivazione) e che, lungi dal sacrificare il diritto di cronaca, pare essere una soluzione equilibrata e accettabile. Una sorta di obbligo di rettifica per fatti sopravvenuti che non pare seriamente potersi negare all’ interessato, specie relativamente alla cronaca giudiziaria penale.

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Autopromozione > Social Media Week, Milano

Il 20 febbraio 2013, dalle ore 15, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano (save the date) sarò moderatore della sessione Social Media & Legal della Social Media Week.
Si parlerà del caso Avaxhome, di privacy e UGC, di diritto d’autore e fotografia, di diritto di famiglia: con, nell’0rdine,  Gualtiero Dragotti, Elvira Berlingieri, Giovanna Bagnardi ed Annamaria Bernardini de Pace.

P.S.: Su Twitter #SMWmilan

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Giornalettismo > Scelta civica: Mario Monti inciampa sulla privacy

(da Giornalettismo del 7 gennaio 2013)

Monti scende o sale in campo (dipende se passa dalla gradinata o dagli spogliatoi) e, come la stragrande maggioranza dei politici, inciampa nella tecnologia. Non basta avere un account Twitter, far cinguettare allo staff improbabili WOW e faccine, occorrerebbe conoscere (o *farsi conoscere*) un po’ di più la tecnologia che vi sta dietro. Dopo la non proprio bella figura del pdf firmato Ichino, ne esce fuori un’altra simile.

IL WHOIS DI MARIO MONTI – Roberto Scano scopre che su www.sceltacivica.it è presente un’informativa sulla privacy a dir poco carente (peraltro, non mi risulta che per quel genere di trattamento sia prevista un’informativa semplificata), con due problemi specifici:

– Scelta Civica è un soggetto di carattere politico, dunque la cessione dei miei dati potrebbe attribuire agli stessi il carattere di “sensibili”, con tutte le pesanti implicazioni del caso (ovviamente, i dati sensibili godono di una tutela accentuata);

– La cessione dei dati avverrebbe non a Scelta Civica, ma all’”Associazione Italiafutura” (tutto attaccato…); non che la liaison con Montezemolo fosse un segreto, ma l’ambiguità sul titolare del trattamento è imbarazzante, anzi inaccettabile.

Soltanto per completezza, si ricordi che il Whois del nostro Registro, ad oggi conferma che il dominio è stato registrato dall’Associazione Italia Futura.  Il che comporta ulteriore confusione su un aspetto tanto delicato come il trattamento di dati personali collegati alla politica.

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Luce sui cookie

Ci siamo, era prevedibile. Visto che le regole sui cookie sono entrate in vigore da un po’ (con il d.lgs. 69/2012), il Garante ha avviato un’apposita consultazione pubblica per la stesura di un’informativa semplificata.
Lato imprenditore sul Web, un’occasione per ripensare al “sito a norma” di cui avevamo parlato allo SMAU, anche perché le sanzioni ci sono, eccome, anche di carattere penale.

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Giornalettismo > WhatsApp viola la privacy?

(da Giornalettismo del 7 novembre 2012)

WhatsApp è certamente una della app più popolari del momento. Con un piccolo costo per il donwload da iTunes, gratuito in prova annuale per gli altri sistemi operativi mobile, è possibile inviare SMS e MMS mediante la connessione cellulare dati o via wi-fi a contatti che dispongono del programma sul proprio telefono. Considerate le tariffe dei messaggi tradizionali, un bel risparmio, non c’è che dire.

Ieri, mi scorre sotto gli occhi una notizia curiosa su su questa app: WhatsApp fa male alla coppia. E, in effetti, il rischio c’è. L’applicazione consente di sapere cosa fanno i nostri contatti: quando l’hanno utilizzata l’ultima volta (“visto”), quando la stanno utilizzando (“online”) e se stanno scrivendo (“sta scrivendo…”). E soltanto di recente tali notifiche possono essere disabilitate, peraltro soltanto su iPhone. E’ evidente che si tratta di informazioni che consentono un controllo invasivo sulla nostra sfera privata, un vero e proprio canale di telecontrollo al servizio non soltanto di un partner, ma – perché no – anche di un datore di lavoro un po’ troppo curioso.

E, allora, la ricetta è sempre la stessa: consapevolezza. Non è sano affidarsi all’ultima moda del momento (pur assai utile, come nel nostro caso) se non sappiamo e valutiamo bene cosa fa della nostra privacy. Già è possibile, per un programma informatico, trattare i nostri nascondendocelo, almeno prestiamo la massima attenzione a ciò  che fa in modo palese.

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Due appuntamenti due (autopromozione)

Venerdì prossimo, il 5 ottobre, dalle 10, farò parte, in quota Lsdi, di un bel panel inserito nell’Internet Festival pisano. Si parlerà del giornalista e della sua identità digitale. Sono stato chiamato a commentare le motivazioni della sentenza di Cassazione che, finalmente, ha assolto Carlo Ruta dal reato di stampa clandestina. Vicenda che riguarda tutti coloro che hanno un qualche sito (non soltanto blog, per la verità):

Giovedì 18 dicembre ottobre, invece, a Milano in contesto SMAU gestirò, per IWA Italy, uno slot gratuito da cui sortiranno indicazioni per realizzare un “sito a norma”. Tra il presuntuoso e l’eclettico, avrò modo di parlare di privacy, diritto d’autore, commercio elettronico e tutela del consumatore.
Il sito dice che i posti a sedere sarebbero finiti, ma pare che si possa assistere anche stando in piedi.

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Aruba – Ultimo avviso: occhio al phishing

Da qualche giorno stanno girando “avvisi” apparentemente provenienti da Aruba con richiesta di pagamento di somme asseritamente dovute per l’aumento dell’aliquota IVA.
Ecco il testo dell’email arrivatami oggi

Gentile Cliente,

Questa è la terza ed ultima comunicazione in merito.Le sue transazioni non sono andate a buon fine.A tal proposito la preghiamo di controllare con attenzione il corretto inserimento della password SecureCode dopo aver inserito i dati della Carta di Credito.

in seguito all’aumento della imposte di IVA, il costo dei servizi da Lei acquistato è passato dal 19% al 21%.Come già specificato nella precedente comunicazione, sarà necessario un adeguamento del pagamento da lei effettuato in fase di registrazione ed acquisto dei servizi di hosting.

La differenza dovuta ammonta a 11,00 Euro

Il mancato saldo, dopo il terzo avviso, comporterà la sospensione dei servizi entro 48 ore dalla ricezione della presente mail.

Per sua comodità, può effettuare il saldo della differenza dovuta, velocememente mediante il link di pagamento immediato appositamente generato per lei con carta di credito.

Per versare la differenza dovuta, cliccare qui: PAGAMENTO ARRETRATI E DIFFERENZE IVA

Distinti Saluti

________________________

Aruba SpA – http://www.aruba.it

Aruba non c’entra proprio niente. A parte qualche dettaglio che può sfuggire (spazi, maiuscole, sbavature di lingua, ecc.), credo che la cosa più evidente che svela l’imbroglio sia il riferimento alla precedente aliquota che non era del 19%, bensì del 20%.
Dunque, non inserite i dati alla pagina linkata perché non ci rimetterete 11 euro, ma la carta stessa (e tutti i danari ad essa collegati).

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Le parole sono importanti

Google cambia le regole. Ecco cosa appare oggi accedendo alla relative pagine.

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