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Category Archives: Reati informatici
Sed Lex > Dal camera-phone al pedoporno
(da Punto Informatico del 22 novembre 2006)
Molti si sono stupiti per la denuncia piovuta sui minori che con i propri telefonini si filmavano in scene erotiche, passandoseli poi l’un l’altro. Ma la legge è chiara e per loro non c’è una via d’uscita indolore continua a leggere
Posted in Reati informatici, Sed Lex
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Cache e pedopornografia: la sentenza americana
Il Circolo dei Giuristi Telematici mi segnala che la sentenza di cui all’oggetto e gia’ menzionata in un post odierno e’ resa disponibile su Internet, direttamente dal Pennsylvania’s Unified Judicial System.
Eccola.
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La cache non vale
Questa volta attingo al Tg.com: Non è reato visitare siti pedofili. Pennsylvania, foto in cache non bastano.
Mi colpisce, in particolare, il passaggio conclusivo: "Della stessa opinione non è invece la legislazione italiana, che, al pari di quella della Pennsylvania, non considera prova evidente di reato la semplice presenza di contenuti pedo-pornografici nella cache del browser. Un sito legale, del resto, al suo interno potrebbe contenere link a materiale illecito e la memoria del software di navigazione potrebbe non essere sufficiente per provare l’incriminazione".
Non e’ esattamente cosi’.
In Italia non c’e’ alcuna legge che afferma che i file temporanei del browser non bastano per la condanna. Piuttosto, e’ una questione di analisi del fatto concreto, anche di buonsenso. E’ quello che, evidentemente, ha spinto il GUP di Perugia a prendere questa decisione assolutoria (di condanna, pero’, per altri fatti di scambio). Si tratta, tra l’altro, di conclusioni gia’ pacificamente tratte dalla dottrina, almeno quella piu’ attenta ai contenuti tecnici.
Non per questo la decisione vale come principio generale, come fosse una legge.
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Vista si “autotutela”
“La ratio di una siffatta integrazione, che incide anche sulla fattispecie del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni commesso mediante violenza sulle cose, risiede nella necessità di non lasciare privi di sanzione comportamenti di sicuro rilievo delittuoso e che appaiono assimilabili alle ipotesi di danneggiamento o di mutamento di destinazione. Si tratta, ad esempio, della «mutilazione» o del rendere, anche parzialmente, inservibili programmi informatici in ordine ai quali lagente vanti pretesi diritti, ancorché si trovino nella disponibilità altrui, ovvero dellimpedire o dellalterare il funzionamento di sistemi informatici o telematici, azioni realizzate con lintento di esercitare diritti che potrebbero essere fatti valere innanzi al giudice, e per i quali si ricorra, invece, ad una sorta di autotutela, e cioè a quel «farsi ragione da sé medesimo» che la norma contenuta nellart. 392 c.p. mira appunto a reprimere“.
Quello riportato e’ un brano della Relazione al ddl 2773 – XI Legislatura dal quale sortiva la l. 547/93 in tema di reati informatici.
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Lego e diritto penale
Nel 1994, all’indomani della l. 547/93, Renato Borruso tenta una definizione di “sistema informatico”, assente nella legge.
L’Autore ritiene necessario “che si tratti di apparato elettronico, che funzioni “a programma”, che i segnali oggetto di elaborazione decisiva siano digitali (cioè costituiti da BIT) e non analogici e, infine, che tale elaborazione avvenga sulla base della logica di Boole (AND, OR, NOT)” aggiungendo la necessità di una multifunzionalità almeno potenziale, escludendo implicitamente i dispositivi dedicati.
Sotto i ponti e’ passata un po’ d’acqua e la tecnologia ci ha sorpreso. E cosi’ anche la giurisprudenza che ha applicato norme poste a tutela dei sistemi informatici (es.: art. 615-ter) anche ad entita’ che, forse, non avremmo mai definito “sistemi informatici o telematici”. L’esempio classico e’ quello dei sistemi di trasmissione televisiva via satellite con riferimento al “traffico” di smartcard abusive e relativi codici. Giacomo Stalla, giudice torinese, ha riassunto il tutto molto efficacemente.
Salto.
Da piccolo, i miei giochi preferiti erano i trenini e il Lego. La passione, pur senza pratica, mi e’ rimasta ancora oggi ed e’ naturale che cerchi di trasmetterla ai miei figli.
Lego sta lanciando questo favoloso prodotto: e’ Mindstorms NXT.
Stavo pensando al gioco dei bambini. E se un pupo entrasse, via USB, nell’unita’ centrale dell’aggeggio, commetterebbe un accesso abusivo a sistema informatico?
Beh… va detto che gli infraquattrodicenni non sono imputabili…
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Pedoporno e patteggiamento
Venerdi’ sera, dopo una lezione al Master della Rete di Padova, ho ricevuto un cliente accusato di reati pedoporno.
Abbiamo parlato un’oretta, di tutto, anche delle possibili scelte processuali. In estrema sintesi, gli ho detto che le opzioni sono tre: patteggiamento, abbreviato e dibattimento.
Mi ha guardato severo e mi ha detto: “Avvocato, ora non si puo’ piu’ patteggiare”. Con la comprensione per chi non e’ giurista (e, comunque, per chi si trova a che fare col mare magnum delle leggi italiane) gli ho subito chiarito che il limite era per il patteggiamento allargato. Pero’, mi e’ rimasto il dubbio che il mio cliente non sia l’unico a pensarla cosi’. Le leggi sono tante e anche complicate. Interessa un modesto chiarimento?
Prima della legge 134/2003, il patteggiamento era possibile soltanto arrivando ad una pena non superiore ai due anni (sola o congiunta con l’eventuale pena pecuniaria). Con quella legge, il limite e’ stato, appunto, “allargato” sino a coprire il massimo di cinque anni. Ed oggi, per “patteggiamento allargato” si intende quello relativo a pene comprese tra due anni e un giorno e cinque anni.
Nei fatti, esistono due patteggiamenti: il primo da zero (si fa per dire, ovviamente) a due anni, il secondo (quello allargato) da due anni e un giorno a cinque anni. Il secondo patteggiamento comporta vantaggi minori e non e’ applicabile a tutti i reati.
L’anno scorso, la legge 38/2006 e’ intervenuta, in senso peggiorativo, sul tema pedofilia-pedoporno escludendo, tra le altre cose, il patteggiamento allargato anche per i reati di cui agli articoli (del codice penale) 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater. 1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico (v. art. 11 della legge).
Ergo, siccome nel mondo telematico le ipotesi piu’ frequenti sono quelle di cui agli artt. 600-quater e 600-ter, terzo comma (per la condotta diffusione via P2P) e considerato che, almeno per quanto visto coi miei occhi, in casi concreti di quel genere non si sforano, ipotizzando un calcolo, i due anni, e’ possibile, nella stragande maggioranza dei casi, patteggiare i reati in tema di pedopornografia.
Tutto cio’ nella pratica, senza pretese scientifiche e di esaustivita’, almeno in questa sede.
Non e’ facile spiegarlo al cliente, ma, talvolta, il patteggiamento e’ la soluzione migliore, anche perche’ non espone alla pubblicita’ del dibattimento per reati cosi’ infamanti.
E ve lo dice uno che non e’ un gran “patteggiatore”.
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Diffamazione via web: cosi’ parlo’ la Cassazione
Il diffamazione via web si consuma nel momento dell’immissione dei materiali lesivi della reputazione.
Tradotto dal legalese, si commette il reato anche con il solo upload dei contenuti diffamatori, senza che sia necessaria la prova della percezione da parte di terzi.
Per le pubblicazioni telematiche, al pari di quelle piu’ tradizionali (carta, radio, televisione, ecc.), la diffusione si presume sino a prova contraria.
Il che, comunque, in questo specifico caso non comporta le responsabilita’ tipiche della stampa come sostenuto in altri provvedimenti.
La sentenza integrale, segnalata da ANSA ed evidenziata in un mio post di qualche giorno fa, e’ su Penale.it.
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Clonavano carte con il bluetooth. Scoperta nuova truffa telematica
Questo il titolo di un articolo apparso su Repubblica. In realta’, pur non conoscendo i fatti, mi sembra parecchio fuorviante.
La tecnologia, spesso idolatrata, diventa lo strumento della criminalita’, quindi maledetta al pari di chi ne abusa.
No, diciamo che se i fatti sono andati come descritti nel testo del pezzo, la “truffa telematica” c’entra ben poco. Secondo me, eh…
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Indulto e reati informatici: ulteriori chiarimenti
Le statistiche del blog mi dicono che c’e’ una certa ricerca sul tema di cui all’oggetto.
Ho gia’ scritto un post, ma penso di dover dare qualche chiarimento in positivo.
L’indulto, vale a dire lo sconto di pena sino a tre anni di pena detentiva e sino a 10.000 euro di pena pecuniaria, copre tutti i reati informatici, propri e impropri.
Un elenco velocissimo dei piu’ ricorrenti:
– accesso abusivo
– virus e malware in genere
– frode informatica
– danneggiamento informatico
– diritto d’autore
– ingiuria e diffamazione
– molestie (ma conoscete gia’ i miei dubbi in ordine alla configurabilita’ di detto reato in Internet).
La pedopornografia, invece, non e’ coperta dall’indulto salvo che si tratti di fatti di mera detenzione (art. 600-quater c.p.) e non ricorra l’aggravante dell’ingente quantitativo.
Il testo dell’indulto e’ sempre QUI.
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Indulto e reati informatici
Alla fine è venuto. Premetto subito che sono favorevole e ci sono ragioni molto “pesanti” che, però, non tutti vogliono vedere preferendo fare gli eterni incontentabili. Il resto, poi, e’ politica, dunque lasciamola perdere.
Veniamo a noi e agli effetti che il provvedimento di clemenza avra’ sui reati informatici (anche quelli meramente commessi mediante il mezzo tecnologico).
Indulto e’ estinzione della pena (col limite di tre anni, in questo caso), non estinzione del reato. Pertanto, i processi si faranno ancora. In caso di condanna definitiva si avra’ questo sconto (magari anche per non bruciarsi la condizionale), ma la condanna restera’ (anche l’eventuale condanna al risacimento).
Dico subito che nella lista delle esclusioni dal beneficio non compaiono reati tipicamente informatici, ma ci sono alcuni chiarimenti da fare.
Per punti:
– Associazione per delinquere ex art. 416 c.p. – E’ vero che in alcuni casi (crew di cracker) si contesta l’associazione per delinquere, ma il beneficio e’ escluso soltanto per le associazioni finalizzate alla commissione di reati molto piu’ gravi di quelli informatici;
– Pedopornografia – Questo indulto non cancella la pena per la pedopornografia. Con una sola eccezione, vale a dire le condotte di mera detenzione (art. 600-quater c.p.), sempre che non vi sia l’aggravante dell’ingente quantitativo di materiale illecito. In sostanza, per fatti da P2P (dove c’e’ anche una diffusione piu’ o meno consapevole del materiale a causa della condivisione operata dal client) l’indulto non vale. Fine della discussione, il legislatore puo’ sempre esercitare la sua discrezionalita’, nei limiti dei principi fissati dalla Costituzione;
– Riciclaggio (art. 648-bis c.p.) – Riguarda, di solito, il phishing (o, meglio, l’attivita’ successiva di “ripulitura” dei danari sottratti ai conti correnti). Il Parlamento ha avuto la mano pesante e per questo reato esclude il beneficio, ma per casi non riconducibili al phishing.
Ricordarsi, infine, di fare i bravi per cinque anni secondo le regole della legge. Altrimenti l’indulto sara’ revocato.
Aggiornamento: testo della legge 241/2006 di concessione dell’indulto.
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