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Category Archives: Social Network
Key4Biz > Libertà di espressione sui social, si tratta solo di un claim commerciale?
Un mio modesto contributo sul “potere” dei social, sempre da un punto di vista giuridico e non politico. Su Key4Biz.
DataMediaHub > Il Caso Cambridge Analytica Spiegato al di là degli Interessi di Parte
Come da oggetto, a più mani, in differenti prospettive, abbiamo scritto qualcosa a più mani sulla vicenda Facebook > Cambridge Analytica. Vi rimando QUI.
Minotti meets Data Media Hub
Da oggi inizia una nuova avventura, la collaborazione con Data Media Hub dell’amico Pier Luca Santoro e soci.
Un primo, veloce articolo sulla “responsabiltà per like”, che sembra essere tornato argomento di attualità.
In bocca al lupo a tutti.
Fare l’amministratore di un gruppo Facebook è un mestieraccio
L’amministratore di un gruppo Facebook non è responsabile per i post/commenti inseriti da terzi. Lo sapevamo già, anzi no.
In realtà la questione è molto più complicata, almeno secondo il GUP del Tribunale di Vallo della Lucania (QUI su Penale.it).
Esistono, sempre secondo il Giudice, due eccezioni non da poco.
C’è concorso dell’amministratore (con l’autore di un contenuto illecito) se fa passare determinati contenuti, se, in sostanza, li filtra preventivamente mediante approvazione (cosa che mi risulta possibile per i post, ma non per i commenti, ma potrei sbagliarmi).
E qui, tutto sommato, ci siamo: se lo scritto diffamatorio passa perché io lo faccio passare (potendolo bloccare preventivamente), me ne prendo la corresponsabilità.
Assai più critico e discutibile è il secondo dictum: “affinché l’elemento soggettivo del reato ex art. 595 c.p. possa ritenersi sussistente, è necessario che il moderatore abbia scientemente omesso di cancellare, anche a posteriori, le frasi diffamatorie”.
Insomma, che vi sarebbe responsabilità penale in concorso successivamente alla commissione del reato. Che stona un po’, anzi assai.
P.S.: Per i blog, con i dovuti distinguo, possono valere analoghe considerazioni.
P.P.S.: Soltanto incidentalmente, dalla lettura della sentenza si capisce benissimo che i due imputati non dovevano neppure giungere all’udienza preliminare, erano stati più che diligenti nella gestione del gruppo, ma tant’è…
La ragion fattasi, su Internet – Updated
Chiedo consiglio perché la cosa, per me, è gigantesca eppure c’è chi la giustifica, totalmente e senza riserve.
Da tempo, gira un video, molto crudo. Si tratta di un filmato amatoriale, da telefonino, che riprende una scena di aggressione a calci, pugni e insulti.
Carnefice una ragazzina, vittima una ragazzina. Minorenni. Intorno, una riga di ragazzini non meno abbruttiti rispetto alla scena che recitano più o meno inconsapevolmente.
Fatto di cronaca di un paio di anni fa. Bullismo, con quel termine che genera scandalo a tutte la latitudini sociali.
Qualche idiota (verosimilmente il ragazzino che ha ripreso la scena) ha pensato bene di postarlo su Facebook, da qui la diffusione. Poi, grazie anche all’intervento di un Collega, il video è stato rimosso. Molto semplice, credo: pensiamo almeno all’umiliazione della vittima, totalmente riconoscibile (non pixelata o altro).
Nel frattempo, anche i media lo riprendono e, forse, anche perché tenuti dalla Carta di Treviso (tutti gli altri possono fottersene allegramente), pixelano i visi dei minori ritratti (vittima e carnefice, financo gli spettatori e giovani cineasti cretini).
La storia sfuma, finisce al Tribunale per i Minorenni. Non so che fine abbia fatto, ma la giustizia se ne sta occupando (bene o male, non so, ma se ne sta occupando).
Però… la Rete ha memoria e il video, quello senza pixel (che viene addirittura definitivo “senza censura” – ma censura de che?), riemerge dalla cloaca e te lo ritrovi, ad esempio, ripubblicato su Facebook da un fesso patentato, con un nick da criminale e che esibisce una “filosofia di vita” ben oltre l’imbarazzante (lodi a Mussolini comprese).
Bullismo. Eppure…
Eppure, malgrado sia un profilo chiaramente rivolto ad attirare clic e di una volgarità assoluta, c’è sempre qualcuno che entra in vibrazione con la sua pancia. E – questa è la cosa più grave – posta ulteriormente quei vomiti di disumanità.
Ora, a precisa contestazione fatta ad una persona che l’ha rilanciato (migliaia, in totale), leggo che la “ragione giustizia”, quasi un dovere di mostrare il viso della carnefice (minorenne), di fatto prevarrebbe sull’esposizione della vittima.
Il tutto condito con frasi del tipo “se fosse stata mia figlia non avrei fatto ricorso alla giustizia”.
Bene, questo è ciò che insegniamo ai nostri figli: a farci giustizia da soli, per di più su Facebook, culminando con la totale insensibilità rispetto alle ragioni della vittima esposta, quasi più della sua carnefice, al pubblico ludibrio.
Non è bullismo tanto diverso da quello che si vorrebbe denunciare.
Una ragazza, poteva essere mia figlia. Proprio oggi, la festa della donna.
Aggiornamento del giorno dopo, 9 marzo 2016: ho contattato Facebook segnalando, con l’apposita procedura, il video in questione per motivi di esplicita violenza (non per violazione della privacy). Rispondono che è conforme ai loro standard.
Amen.
Accertamenti informatici
La Cassazione, nel caldo agostano (e fa piacere che i tribunali non si fermino con quel clima), deposita le motivazioni di una sentenza in tema di accertamento di reati commessi via Internet (nella fattispecie, una diffamazione).
Il gap investigativo sembra essere colmato da inferenze logiche, in misura che potrà essere ritenuta giusta o eccessiva.
Sarebbe bello parlarne perché, oramai, le questioni sono quotidiane (specie per quanto riguarda Facebook).
Ma bisognerebbe fare un po’ di processi in materia, mica scriverne soltanto.
Facebook, la tua voce
Facebook è una vetrina, è tutto lì davanti se non stai attento, se non sistemi un po’ la tua privacy.
Ti metti (no, ti ci metti tu, non ti ci mette Facebook) alla berlina, ti spogli davanti da uno specchio traslucido e, dall’altra parte, tutti ti guardano, mettitelo bene in testa.
E l’immagine che consegni a Facebook rischia di essere molto più decisiva e probante di quella che ti sei in realtà, di ci che, bene o male, hai cercato di costruire durante la tua esistenza.
Facebook entra in tribunale, oggi anche in delicatissime questioni di affido di minori.
Vedremo cosa deciderà il tribunale.
Posted in Giustizia tecnologica, Social Network
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Attenti al like
Si può finire nei guai per un semplice like su Facebook? La risposta è sì, pur tendenzialmente perché dipende da alcuni fattori giuridici (e non voglio tediare con il legalese).
Se ne parla da un po’, professionalmente mi sto occupando di un caso, ne avevo già scritto tempo fa, ma…
Ma il problema si ripropone in questi giorni, proprio qui a Genova, per alcuni like a status e/o commenti inneggianti al terrorismo.
Repubblica, in un primo tempo, è stata molto allarmista facendo aperto riferimento a possibili denunce per coloro che avevano messo like.
Il Secolo XIX, il giorno dopo, ci riferisce qualcosa di più: a qualcuno è venuto il (legittimo) dubbio sul significato da dare ad un like su Facebook che non significherebbe necessariamente approvazione.
Staremo a vedere. Trattandosi di un caso ancora troppo fresco, credo sia opportuno non esprimersi in modo definitivo (ovvio che ho la mia idea, ma anche in virtù del caso che mi è stato affidato, ritengo doveroso tacere).
NextQuotidiano > In che senso la diffamazione su Facebook è “a mezzo stampa”
(pubblicato su NeXtQuotidiano del 10 giugno 2015)
Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco: Internet non è stampa e neppure Facebook lo è.
La recente sentenza della Cassazione, che molti hanno commentato malamente, sembrerebbe per fare il titolone, in realtà dice cose diverse.
Di certo, chi crede che i social network garantissero l’impunità per contenuti diffamatori si sbaglia di grosso. E dovrebbe essere diversamente?
La Suprema Corte dice soltanto, come già fatto altre volte, che Facebook (anche se non precisa meglio) è un “mezzo di pubblicità” perché ha potenzialità diffusive elevate e, pertanto, una diffamazione per esso veicolata merita una sanzione più elevata rispetto ad un altro contesto (es.: una riunione condominiale) e al pari della stampa.
Tutto qui, si può essere d’accordo oppure no, ma la Cassazione non ha detto che Internet è stampa, proprio no.
Del resto, se i tanti articoli avessero linkato la pronuncia, non ci sarebbe stato bisogno di spiegare.