Category Archives: Varie

I conti della serva (e qualche riflessione)

Gilioli via Mantellini. Ho aspettato un attimo a riprendere la cosa, speravo vi fossero sviluppi, invece no…
Insomma, pare che la notizia “un ubriaco o fatto su due” nel veronese fosse una patacca. Vediamo le cifre corrette accertate da quelli de L’espresso: 576 fermati, di questi 80 ritenuti “sospetti” e, dunque, da sottoporre a test, 37 positivi. Quindi, gli “irregolari” scendono ben sotto il 10% dei fermati (ed è questo il dato che interessa).
Ma andiamo oltre dicendo qualcosa che non tutti sanno.
I “sospetti” sono coloro che presentano una certa sintomatologia: alito vinoso, difficoltà della favella, difficoltà nel camminare, ecc.
Il problema è che, malgrado alcune recenti riforme, per la legge (come letta dalla giurisprudenza), basta ancora questa sintomatologia, questi riscontri obiettivi non essenso, di fatto, obbligatorio procedere ai test (che, pure, in quell’occasione hanno coscenziosamente fatto).
Il che significa che si ha oltre il 50% di possibilità di essere ingiustamente accusati di guida in stato di ebbrezza (i rimanenti sono storditi di loro).
Ultimamente, le leggi si fanno sempre per colpire i “cattivi” (che è anche giusto), mai per tutelare i “buoni” (che sarebbe altrettanto giusto).

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Wikijustice

Apprezzabilissimo articolo, per PI, di Gaia Bottà.
E’ un po’ che lo dico: sull’onniscienza di Wikipedia metterei un freno. Non uno stop secco, ma un freno, un po’ tirato. Specie sul giudiziariamente rilevante (e non mi occupo del caso concreto della donna etiope).
Don’t tell anyone: ho personalmente sentito un PM citare Wikipedia (per la definizione di “hacker” parecchio sballata, almeno nella citazione parziale). Ciò a conferma che questa “mania” è, oramai, trasversale.
Ma io raccomando maggiore rigore. Con rispetto per Wikipedia dalla quale attingo spesso. Che, però, quel rigore non ha. E io non la eleggo a Verbo.

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Ne rimarrà uno solo

Mentre la FIMI si offende e minaccia, disordinatamente, azioni legali contro chi ritiene/afferma che l’industria dell’intrattenimento abbia responsabiità nel redirect delle connessioni verso The Pirate Bay, molte verità vengono a galla. E non sono bellissime per i discografici.
Poi, visto che, nei commenti ad un post precedente, Enzo Mazza mi ha dato un po’ del “leggerino” (per così dire) nell’accusare i discografici (cosa che non ho mai fatto) c’è qualche motivo in più per chiarire le cose (giudicate voi se un pur titolato manager con questo profilo Linkedin o queste altre credenziali può seriamente opinare la mia professione, le mie considerazioni giuridiche).
Diciamo, tornando al punto, che gli “indiziati” (ma, poi, vedremo di cosa) possono essere cinque, distinti (parto dal PM che, denunce-querele e indagini a parte, origina sicuramente il tutto):
– il PM che ha richiesto il sequestro;
– il GIP di Bergamo;
– la GdF che ha curato le indagini e, soprattutto, ha eseguito il sequestro;
– gli ISP che, tecnicamente, hanno operato il redirect;
– i titolari del server su cui le connessioni sono ridirezionate e che contiene l’avviso di sequestro (il cd. “pecettone”).
Escludiamo subito i primi due soggetti. Non per piaggeria o servilismo (non condivido una sola parola di quello che hanno scritto, peraltro in tandem malgrado un primo rigetto, ma sono critiche giuridiche che staranno altrove), quanto perché decreto e richiesta (quest’ultima sostanzialmente identica al primo) non contengono una sola parola in tal senso (e non poteva essere altrimenti, atteso che i magistrati, come il sottoscritto, non hanno determinate competenze tecniche). Parlano, molto semplicemente, di “inibizione all’accesso”. Che, se chiudi la porta di accesso ad un locale, non significa “deviare” forzatamente (e in modo non necessariamente trasparente) i visitatori verso un altro àmbito potenzialmente pericoloso e gestito da soggetti estranei all’Amministrazione della Giustizia, anzi potenzialmente interessati a determinati esiti. Inibire significa soltanto chiudere la porta. Punto. Tutto il resto è andare oltre. Qual è la differenza tra discrezionalità e arbitrio?
Saltiamo agli ISP. Tutti sappiamo che gli operatori hanno, tecnicamente, provveduto in modo diverso. E al di là delle scelte tecniche, la cosa rimane piuttosto inquietante perché dette scelte sono troppo distanti tra loro per rientrare nell’alveo, appunto, delle differenti opzioni (tecniche). Emblematico è il caso di H3G che (verificato ancora questa sera) attua un redirect su un server riconducibile alle Major contenente una pagina di avviso apparentemente formata dalla GdF.
Fastweb, in risposta a Gambirasio, dà qualche informazione aggiuntiva. Non completa, ma preziosa. Il provider parla di una “disposizione” (che, dove vige la lingua italiana, è sinonimo di “ordine”) ricevuta dalla Polizia Giudiziaria (nel caso concreto, la Finanza) di reindirizzare verso una pagina web (definita “di cortesia” – sic) da essa indicata. E, qui, penso che la cosa sia inequivoca anche se, come anticipato, nessuno ci dice quale sia la pagina (e il server). I 21, però, la stessa Polizia Giudiziaria ha cambiato ordine imponendo di deviare il tutto su un errore generico. Questo dice Fastweb.
Cosa sta in mezzo tra le prime disposizioni e il contrordine? Molto verosimilmente la scoperta, da parte di Sunde e Flora, di un redirect anomalo e imbarazzante. Notizia che non si è fermata sulle pagine dei due blogger, ma che ha avuto vasta eco su tutto il Web. Se non avesse meritato tale evidenza come sarebbero andate le cose? E per quanto tempo?
In mezzo, per la verità, sta anche un altro accadimento. Sconosciuto ai più perché di minore diffusione. L’Eco di Bergamo ha pubblicato, su Web, la notizia del “sequestro” di TPB con la reazione della Baia. Altro, sulla versione online liberamente accessibile, non mi risulta. Carta, invece, canta. Edizione del 19 agosto 2008 (guarda caso, due giorni prima del contrordine menzionato da Fastweb), pag. 11 – Città. QUI trovate l’articolo (gentilmente fornito dal Partito Pirata – è a fondo pagina), a firma Fabio Conti. Di seguito ne espongo il succo.
Scopo dell’articolo è, in primis, quello di riportare la “difesa” della GdF smentendo che ci sia una schedatura degli utenti (o una schedatura utilizzabile in giudizio, che è un’altra cosa). Ma le ammissioni sono immediate. La GdF ha “chiesto” a Ifpi di ospitare il comunicato del sequestro, ma “soltanto per una questione tecnica”. Perché, in un primo momento, la pagina doveva essere ospitata sul server FPM (Federazione contro la Pirateria Musicale, costola italiana di Ifpi, “figlia” di FIMI e, nel caso concreto, denunciate-querelante), ma siccome era stato oggetto di presunti attacchi, alla fine la richiesta è stata rivolta a Ifpi. Il che, per la verità, non sposta di molto il problema. Italiani o inglesi, piacerebbe sapere come sia saltata in mente quest’idea, volando bassi definibile almeno bizzarra, di ridirezionare le connessione rendendo possibile a privati (e basta la possibilità) tutta una serie di operazioni (non soltanto di raccolta) sui dati degli utenti (l’IP è un dato personale, se incrociabile – è pacifico).
Dunque, scagionati i magistrati (ma, a mio parere, era già facilmente immaginabile sebbene un maggior controllo da parte loro sarebbe stato doveroso), preso atto che (altrettanto prevedibilmente) gli ISP hanno soltanto obbedito a un ordine (ma rimane il mistero del diverso comportamento di H3G) è inevitabile guardare alla GdF (che, senza un ordine specifico del GIP, anzi, andando oltre, ha chiesto – non ordinato il redirect) e ai discografici che hanno accettato di fare qualcosa di quanto meno anomalo, mai visto. Per la verità, ci mancano due documenti rilevanti. Prima di tutto, l’ordine di esecuzione del decreto di sequestro redatto dal PM (ma, di solito, si tratta di poche righe “formali”, da escludere che il PM abbia aggiunto qualcosa). Poi, dovrebbe esserci anche il verbale di esecuzione del sequestro, atto proprio della PG. Ma, viste le ammissioni proprio della GdF, non penso che possa stravolgere le posizioni di responsabilità.
Sulla scorta di questi fatti obiettivi, FIMI ha ancora qualcosa da dire?
Il Garante, grazie ad ALCEI, dirà qualcosa, ma sarebbe opportuno che anche la Magistratura si attivasse in qualche modo.
Un’ultima cosa: io, come detto, non sono d’accordo con la tesi del PM poi accolta dal GIP. Ma si tratta di considerazioni giuridiche che, certamente, saranno formalmente esposte dagli ottimi Colleghi che sostengono la difesa Sunde. Di fatto, qualcuno è andato ben oltre il loro volere dei magistrati creando un serio pericolo per i cittadini. E, ora, i magistrati non possono far finta di nulla. Io, al posto loro, mi sarei arrabbiato, parecchio.

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I blog? Tutte chiacchiere

Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da una serrata discussione sul caso The Pirate Bay. Tutti abbiamo detto la nostra, spesso contrapposta. Ma non è questo la sede per rivedere le cose. Siamo sub iudice. E possiamo soltanto aspettare.
C’è, però, che si frequentano tanti ambiti. Io, in particolare, sono iscritto ad un certo numero di mailing list giuridiche. In una di queste una persona ha linkato un mio post sulla vicenda. Semplicemente perché, come mi ha detto ancora oggi, si fida di me, di quello che scrivo. A commento, sono usciti due messaggi critici che hanno contrapposto il mio fare “chiacchiere” con chi, invece, fa qualcosa. E mi riferisco ad ALCEI-Andrea Monti (che, come sappiamo, sono nella realtà molto coincidenti).
Poi, ieri sera, complice l’audio Skype di un amico, ho avuto modo di seguire (pur “a scatti”) l’intervento in diretta di Andrea Monti in occasione del camp di Olografix. Ancora, ho sentito dire che i blog fanno chiacchiere (per la verità è stata detta anche un’altra parola, ma lasciamo perdere).
Ora, vorrei dire la mia, su qualche punto:
– che faccio questo mestiere da 17 anni, il mio curriculum è facilmente reperibile e mi fa specie essere criticato anche da chi non ha necessariamente i numeri;
– che mi sono francamente rotto di persone che non hanno la minima cognizione giuridica eppure giudicano; che facciano il loro mestiere di informatici oppure quei lavori inventati;
– che io non ho la pretesa, col mio blog, di curare i mali di Internet;
– che, comunque, si diffonde la notizia (e se si vedono statistiche e link, si dovrebbe apprezzare che c’è stato un certo girare del fatto anche grazie alla blogosfera) il che penso non sia peccato, specie se lo si fa con competenza (ed io ne ho);
– che i mainstream hanno ripreso, non a caso, certe questioni dalla blogosfera (altrimenti, sarebbero ancora lì a parlare di medaglie conquistate o mancate);
– che dietro questa vicenda di TPB ci sono un sacco di porcherie che, pur in pochi, conosciamo; ma se le conosciamo dovremmo essere un attimino più ponderati; e chi non sa, taccia;
– che giudicare è sempre facile, specie se non si sa quello che il giudicato fa.
E non mi dite che sono soltanto un narcisista. Perché, semmai, sono in ottima compagnia.

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Gandhi per tutti, anche prima

Io di Attivissimo mi fido perché lo ritengo sempre estremamente rigoroso e onesto, anche quando sbaglia, virtù rarissime (prima o poi, dovrò dirgli una cosa 😉 … niente di grave, eh…).
Il tanto strombazzato discorso inedito di Gandhi non è inedito ed è già liberamente disponibile, da un po’. Per tutti noi.
Seguitelo.

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Ah, l’etica…

La vicenda di Mediaset vs. YouTube e, soprattutto, quella successiva Tutti vs. Flora, mi fa riflettere sul concetto di etica, più volte richiamato in giro (e anche qui).
Ditemi la vostra, in generale e, se volete, con riferimento specifico agli informatici.
Soltanto una mia riflessione preliminare (che non vuole – e non può – influenzare i commenti): ho l’impressione che, in giro, ci siano parecchi preti… laici.

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In difesa di Lastknight, Matteo Flora

Impegnato a scrivere un commento ad una sentenza in tema di software. Mi manca un po’ l’ispirazione finale, allora vado altrove.
La questione Mediaset vs. YouTube mi gira ancora in testa, da quando è stata resa nota. Dopo le dichiarazioni “politiche” pensavo che la cosa si fosse un po’ sgonfiata e invece…
Matteo Flora è stato bersagliato di insulti; sul suo blog e, probabilmente, anche altrove.
Poi c’è uno, confusamente ripreso da Beppe Grillo, che con il piglio-cipiglio (non originale) del giornalista d’indagine invita tutti a visitare il blog di Matteo e a dirgli “bravo” (sic). Questo il ragionamento. I mainstream (nel caso concreto il Corriere, citando anche il TG5) prendono i video altrui su YouTube, ci mettono la pubblicità e, così, fanno i soldini a scrocco. Poi, Mediaset fa causa a YouTube, bella faccia tosta. Certo, si può dire, anzi si deve dire. Io per primo penso che troppe volte i mainstream siano un po’ “allegri” in punto diritto d’autore (anche se la citazione di una frase di Mentana è un esempio giuridicamente sballato, dunque il discorso delle libertà vacilla non poco). Ma questo non vale necessariamente ad assolvere YouTube (che, certamente, si difenderà in modo ottimale). Soprattutto, malgrado il convinto “a proposito” del commentatore, non c’è alcuna pertinenza col ruolo di Matteo. E sarò un po’ snob, ma quelli che dicono “fails” (file al plurale, giusto per capirci anche senza audio) mi fanno impazzire…
Torniamo a me. Già nei giorni scorsi mi ero convinto che sulla vicenda dovevo scrivere qualcosa di più (avevo buttato giù soltanto una cosa brevissima) ed avevo pensato ad una sorta di Q&A che cercasse di spiegare perché Mediaset ha fatto causa, i criteri di calcolo della richiesta di risarcimento, come finirà, ecc. Ma, alla fine, mi sono reso conto che, della vicenda, sappiamo veramente poco e che, pertanto, dovremmo stare un po’ zitti, invece di blaterare. In queste condizioni occorre avere anche il coraggio e l’intelligenza di tacere. Io ci sto provando.
Purtroppo, gli ultimi fatti citati mi hanno fatto recedere dai miei primi intenti e ho deciso di salvare qualcosa di quello che volevo pubblicare. Riporto una parte delle mie Q&A, su un argomento di cui posso parlare. Ne ho competenza e diritto. Nulla in contrario, vero?

D: E Matteo Flora si è venduto?
R: Matteo Flora è un libero professionista, fa il consulente informatico e si occupa prevalentemente di computer forensics. E’, pertanto, un tecnico che assiste una parte in giudizio (pubblica o privata) ad esempio, come nel caso concreto, reperendo prove con metodo scientifico. Nel caso concreto, è stato incaricato, dai legali di Mediaset, di ricercare prove (si, ok, “evidence” faceva più figo) su YouTube. Per soldi (oddio, che schifo…).
Piaccia o no, come dice lui contribuisce all’esercizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost. Che non spetta soltanto agli innocenti (o a quelli che noi crediamo tali), dovendolo negare ai colpevoli (a quelli che noi crediamo tali); che non spetta soltanto ai giusti (a quelli che noi crediamo tali), senza che riguardi i cattivi (quelli che noi riteniamo tali); che non è un diritto soltanto per coloro che stanno dalla nostra parte e non ai nostri avversari politici.
Il movimento “anti-berlusconi” pare se la prenda anche con gli estranei (ed è questa la cosa sbagliata), con uno che fa il suo mestiere e non scrive atti giudiziari (ed anche chi scrive atti giudiziari fa il suo mestiere, malgrado abbia un cognome “scomodo”).
Matteo non si occupa di diritto (nel senso stretto) e non trae certe conclusioni. Insomma, non dice e non può dire che YouTube sia fuorilegge, che un certo numero di filmati su YouTube equivalga a tot mancate visioni per Mediaset, tanto meno che l'”affare” abbia comportato un danno pari a 500 milioni di euro. Quello è lavoro da avvocati, eventualmente assistiti da altri consulenti, non informatici. Tutti professionisti, comunque. Che fanno il loro lavoro contribuendo all’esercizio del diritto di difesa sancito da quella Costituzione che troppo spesso viene invocata a sproposito, ma che, putroppo, rimane sovente sconosciuta quando vale anche per chi non ci è simpatico. Poveretta…
L’attacco a Matteo (del quale non sono difensore d’ufficio) è soltanto frutto di qualunquismo, pregiudizio (anche politico), ignoranza e invidia.

P.S.: Succede una cosa simpatica. Il video riportato da Grillo parla di un filmano preso dal Corriere su YouTube. Senza diritto (forse). Prima della “notizia”, però, il Corriere mette la pubblicità e ci lucra. E’ una pubblicità di un pesto industriale. Dietro quel monte c’è casa mia e la telecamera era fissata molto vicino alla casa di Grillo. Ma pensa te…

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Santa wireless

Non è il mio paesello natio, ma quasi: ci ho vissuto trent’anni, ora sono confinante, ma ci “bazzico” ancora.
Certamente con meno rumore rispetto ad altre iniziative, Santa Margherita Ligure è diventata wireless.
Farò una prova, anche se mi aspettavo una cosa gratuita.

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Zingaretti mantiene le promesse?

Forse sì. E malgrado, a suo tempo, mi sia preso i rimbrotti anche di anonimi (che, guarda caso, commentavano da una certa istituzione pubblica…), pubblico volentieri questa notizia freschissima. C’è un piano. Vedremo.

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Mecenatismo culturale e Sponsorizzazione

E zitto zitto, il Bretella (Alessandro Ferretti) si è aperto un account su ISSUU ed ha pubblicato il testo di cui all’oggetto.
Certo, un argomento molto di nicchia, ma trovo che proprio la pubblicazione libera e gratutita di scritti su temi meno noti e approfonditi ne moltiplichi il valore.

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