Cache e pedopornografia: la sentenza americana

Il Circolo dei Giuristi Telematici mi segnala che la sentenza di cui all’oggetto e gia’ menzionata in un post odierno e’ resa disponibile su Internet, direttamente dal Pennsylvania’s Unified Judicial System.
Eccola.

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Ecco la sentenza spagnola

Non necessariamente con ricadute sul nostro sistema, non necessariamente rivoluzionaria, mi sembra, comunque, interessante.
Su ScintLex il testo integrale della sentenza del Giudice di Santander e un commento di Gianluigi Lazari.
NON e’, pero’, una sentenza sul P2P.

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La cache non vale

Questa volta attingo al Tg.com: Non è reato visitare siti pedofili. Pennsylvania, foto in cache non bastano.
Mi colpisce, in particolare, il passaggio conclusivo: "Della stessa opinione non è invece la legislazione italiana, che, al pari di quella della Pennsylvania, non considera prova evidente di reato la semplice presenza di contenuti pedo-pornografici nella cache del browser. Un sito legale, del resto, al suo interno potrebbe contenere link a materiale illecito e la memoria del software di navigazione potrebbe non essere sufficiente per provare l’incriminazione".
Non e’ esattamente cosi’.
In Italia non c’e’ alcuna legge che afferma che i file temporanei del browser non bastano per la condanna. Piuttosto, e’ una questione di analisi del fatto concreto, anche di buonsenso. E’ quello che, evidentemente, ha spinto il GUP di Perugia a prendere questa decisione assolutoria (di condanna, pero’, per altri fatti di scambio). Si tratta, tra l’altro, di conclusioni gia’ pacificamente tratte dalla dottrina, almeno quella piu’ attenta ai contenuti tecnici.
Non per questo la decisione vale come principio generale, come fosse una legge.

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Aosta di ritorno

Queste le parole di Edoardo Censi, 65 anni, presidente Guido Camera, avvocato dell’associazione Vividown (tratte da Repubblica): "Abbiamo querelato anche Google perché ci sembra impossibile che un filmato così possa essere messo in rete senza un adeguato controllo. Un caso analogo recentemente ha portato alla condanna di un motore di ricerca da parte del Tribunale di Aosta".
Ritengo, con grande probabilita’, che la citata decisione di Aosta sia quella che gia’ conosciamo molto bene in tema di blogger.
Nulla da dire sulle veniali imprecisioni (motore di ricerca invece di blog), ma penso che sparare querele (?) a destra e a manca non sia la soluzione. Anzi, al di la’ della vicenda inqualificabile riguardante il povero ragazzo Down, il rischio e’ sempre quello che l’informazione telematica svanisca per il timore di essere condannati per un omesso e pressoche’ impossibile controllo.

Aggiornamento del 27 novembre 2006, ore 21.50: Come barrato sopra, il riferimento alla sentenza di Aosta non e’ stato fatto dal presidente dell’associazione, ma dall’avvocato della stessa. Mio errore, mi scuso. Fortunatamente avevo linkato la fonte.

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Creative Commons e furboni

Molti avranno letto l’articolo di PI di oggi nel quale si fa la cronaca di quanto accaduto tra i Radicali e un blogger in ordine a pubblicazione/uso di materiali pubblicati sul sito dei primi. Non entro nel merito, non potrei farlo.
Tutto, per quello che riguarda il giuridico, ruota intorno alle Creative Commons che sono, al di là di quanto si può leggere al link indicato, licenze standard riguardanti il regime giuridico delle opere dell’ingegno.
Se ne parla da diversi anni, sono molto in voga, un po’ snob (malgrado il desiderio di chi se l’e’ pensate). Specie in Internet, se il tuo sito non riporta la pecetta "CC" sei un po’ out, poco cybertrendy.
Francamente, non penso che le CC costituiscano un "nuovo diritto d’autore". Semplicemente perché non dicono alcunché di nuovo (e, d’altro canto, poco potrebbero di fronte alle norme imperative). Sono soltanto una pecetta piu’ "immediata" rispetto alle piu’ o meno complesse note legali che compaiono su molti siti, uno standard valorizzato dall’evidenza grafica (la pecetta, appunto).
Per altro verso, CC non significa "fai quello che vuoi dei miei materiali". Non e’, necessariamente, pubblico dominio. Tanto meno, possono essere violati i diritti morali come quello della paternita’ dell’opera. In Italia si può cedere lo sfruttamente patrimoniale, ma l’autore, anche se non ci guadagna piu’, va sempre citato.
Eppure c’e’ sempre chi fa il furbo, specie i grossi media. Al di la’ del piccolo blog, mi sembra che l’articolo di PI confermi ampiamente la spocchia dei grandi: "’tanto, in Internet, si puo’ scopiazzare tutto". Specie quando fa comodo e non si concede reciprocita’…
Non servono CC (anche se possono essere utili). Basta rispettare il diritto d’autore. Molti non vogliono soldi, si accontentano del giusto riconoscimento della paternita’.

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Web 2.0

iLike e’ uno degli ultimi (penso) social software, costola della "filosofia" Web 2.0.
Nulla di eccezionale come programma. Puo’ avere il vantaggio di consentire di allargare i propri orizzonti musicali. Per me e’, ora, soprattutto uno spunto per ulteriori riflessioni.
La mia deformazione professionale sara’ anche eccessiva, ma sono piuttosto preoccupato per le implicazioni giuridiche della condivisione tipica del Web 2.0. Il caso YouTube dovrebbe far riflettere.
Senza paranoia, eh…

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Sentenze spagnole…

PI di oggi dedica un articolo alla replica-chiarimento dei discografici spagnoli sulla questione della sentenza iberica gia’ citata.
Ci sono dei passaggi interessanti.
Anzitutto, non si tratta di P2P (anch’io, erroneamente, l’avevo pensato).
Inoltre (ma questo, se permettete, l’avevo gia’ lasciato intendere io), un assoluzione non rende, di per se’, legale talune condotte. Semmai, ne fissa l’irrilevanza penale (non civile o amminsitrativa).
Non capisco proprio perche’ c’e’ sempre qualcuno che ama fuorviare gli utenti…

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Astensione avvocati 13 > 18 novembre 2006

Come da oggetto, ecco la delibera OUA.

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Non-notizie sul diritto d’autore

Non conosco, con precisione, la legislazione spagnola sul diritto d’autore, ma siccome, almeno, facciamo parte dello stesso ambito UE, penso non sia tanto diversa dalla nostra.
ANSA, con un articolo dal titolo bomba ("Lecito scaricare musica da Web") ci dice che un giudice iberico ha assoluto un tipo accusato di aver scaricato musica (penso via P2P) in quanto mancava il fine di lucro.
Beh… in Italia si giungerebbe alla stessa conclusione, senza troppi clamori.

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OT: Bufale del Corriere

Oggi mi "diverto" a fare l’Attivissimo dilettante. Mi diverto si fa per dire perché questa notizia, che ha tutta l’aria di essere una bufala sensazionalistica, ruota intorno alla tragica morte di un uomo: Brad Will, cameraman Indymedia. Una prece, anche per le altre vittime degli scontri di Oaxaca.
Il Corriere online titola: "Un cameraman inquadra il suo killer". In effetti, nell’articolo appare la foto di un uomo che, con in pugno una pistola, punta proprio su chi riprende.
A parte il fatto che pare trattarsi di una foto e non di un frame video , bastava guardare il filmato girato dallo stesso Will (e pubblicato dal Corriere) per accorgersi che il pistolero ritratto non poteva essere l’assassino del cameraman. Diversissimo il contesto urbano e, soprattutto, nel video non si vede, neppure per un momento, l’uomo imbavagliato.
Ricerca anche sul solito YouTube per più ampi materiali sull’accaduto. Il filmato della morte, in soggettiva, di Will non è particolarmente raccapricciate. Riguarda, ovviamente, la "morte in diretta" di un uomo che chiede aiuto dopo essere stato colpito – e non è mai bello – ma, rispetto alle decapitazioni alle quali siamo abituati, appare essere, principalmente, un documento storico delle manifestazioni messicane degli ultimi giorni. Comunque, da sconsigliare ai deboli di cuore.

Aggiornamento di qualche minuto dopo: C.V.D. Il Corriere cita la fonte dell’immagine del pistolero, cioè Indymedia stessa. Nel sito non l’ho trovata, ma c’è linkata questa pagina di Narco News che sembra essere la fonte prima. L’immagine, come altre, riporta la didascalia "Foto D.R. 2006 El Universal". "Foto" e non altro. Non sono ancora ciecato, ne sono lieto.

Aggiornamento del 1° novembre: nella pagina dell’articolo e’ sparita la foto del pistolero (per la cronaca era questa). Peccato rimanga il titolo e questo testo "è morto svolgendolo fino all’ultimo istante, inquadrando l’uomo che ha esploso i colpi di pistola fatali, proprio di fronte a lui". Ripeto: basta guardare il video per capire che e’ tutta una bufala perche’ nel video non si vede alcun pistolero.

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