Droghe leggere e droghe pesanti: cosa ha detto veramente la Consulta

Martedì scorso, il 25, sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della parificazione tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”. Eccola.
Breve storia delle vicenda. Nel dicembre del 2005, il governo varava un decreto legge su alcune questioni ritenute urgenti tra cui un articolo voluto per evitare che un ordine di esecuzione interrompesse un programma di recupero dalla tossicodipendenza.
Nel febbraio 2006 il Parlamento approva la legge di conversione non limitandosi appunto alla mera conversione in legge, ma aggiungendo un bel po’ di cose, tra cui l’abrogazione della distinzione tra droghe “leggere” e “pesanti” (con differenze di pena non da poco). La legge è normalmente chiamata “Fini-Giovanardi”.
Così, dopo la decisione della Consulta, tutti a plaudire o criticare, tutti in modo molto strumentale.
In realtà, la Corte non è minimamente entrata nel merito della distinzione. Ha cancellato la sua abrogazione non perché le droghe “leggere” debbano essere distinte da quelle “pesanti”, ma perché c’è stato un’abuso della decretazione d’urgenza e relativa conversione.
Ecco il passaggio che spiega tutto.

“la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. n. 272 del 2005, come convertito dall’art. 1, comma 1, della legge n. 49 del 2006, è fondata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte nella legge di conversione”.

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Specialmente

Procura di Genova, a.d. 2014
1922362_357597574381117_32375597_nPhoto: OGM

 

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Per i diritti degli adolescenti

Poco più di sei anni fa, avevo avuto modo di scrivere un post sull’introduzione del reato di adescamento in cui brevemente esponevo il mio pensiero sull'”età del consenso sessuale”, cioè l’età alla quale la nostra legge consente di avere rapporti sessuali. E’ di quattordici anni, di regola. Il che significa, piaccia o meno, che io, cinquantenne, potrei avere una lecita relazione con una quattordicenne. Che sono convinto stia facendo inorridire il lettore (dal canto mio, lo troverei patetico).
Nei giorni scorsi, Save The Children ha pubblicato gli esiti di una ricerca (IPSOS) realizzata in occasione del Safer Internet Day 2014, la giornata dedicata dalla Commissione Europea alla sensibilizzazione dei più giovani ad un uso corretto e consapevole della Rete.
Ci sono molti dati interessanti e un risultato che non mi sorprende affatto: per il 61% degli intervistati l’età del consenso sessuale è pari a 18 anni.
Il che, forse, sostiene l’opera del legislatore che, come dicevo in quel vecchio post, sembra voler alzare l’asticella portandola a coincidere con la maggiore età.
Più che al cinquantenne privato della possibilità di frequentare un’adolescente, penso, però, agli adolescenti, ai rapporti tra loro. E pur con con tutti i timori che posso avere anche come genitore, trovo che una linea del genere sarebbe soltanto un attacco moralistico ai ai diritti degli adolescenti.

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Politici vintage

Leggo questa

Significa invece, spiega Boldrini, “sentire la richiesta di aiuto che viene dai nostri ragazzi, senza voltar loro le spalle. Le risposte non sono facili e vanno cercate ascoltando i gestori dei social media, i blogger, l’Autorita’ che tutela la privacy e coinvolgendo il mondo della scuola e le famiglie.

Massimo osserva su Facebook

Mantellini

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Chi semenat ispinas non andet iscurzu

I Colleghi di Cagliari sono incavolatissimi: astensione ad oltranza dalle udienze, cancellazione dalle liste di ufficio e del patrocinio a spese dello Stato.
Perché? Perché la Giustizia è allo sfascio, perché la Costituzione è stuprata, perché le ultime riforme sono inique e demenziali. E non lo dice soltanto quel tal quotidiano che lotta da sempre contro le “toghe rosse” (mentre troppi tacciono).
Un’iniziativa di cui, sinceramente, non ricordo precedenti di pari durezza. Probabilmente inevitabile e che non è certo una passeggiata per gli avvocati (non sono pagati lo stesso, anzi perdono l’occasione per ottenere il quantum).
Non giriamoci dall’altra parte, la Giustizia è un affare di tutti.

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533.958,88 Euro

Marco Pierani ci fa notare che il regolamento AGCOM sulla tutela del diritto d’autore pur non essendo ancora in vigore, ci costa già oltre mezzo milione di euro, per la precisione la cifra di cui al titolo.

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Abolire le province

Dice che la Consulta colloca Bassano del Grappa in provincia di Belluno.

Bassano

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Precetto, sanzione

L’ineluttabilità del nuovo Codice deontologico forense (di prossima pubblicazione).

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Vividown in Cassazione: ultimo atto

Quasi otto anni fa, il caso Vividown vs. Google. Fece molto scalpore.
Dirigenti in primo grado assolti per la diffamazione e condannati per il trattamento illecito, assolti in appello anche per il trattamento illecito, ricorso dell’accusa rigettato dalla Cassazione.
Lunedì sono state depositate le motivazioni e sono molto interessanti. Ci sarà da discutere. Intanto, si può dire che è una bella pietra in punto (ir-)responsabilità del provider.
Monica Gobbato ci ha già scritto fiumi di parole.

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Firmare online

Nicola Porro, sul suo blog del Giornale, scrive un violenta invettiva contro le password robuste.
In pratica, si lamenta che su qualche sito, spero di una banca o qualcosa del genere, ogni mese è “costretto” a reimpostare password le cui regole, secondo lui, sono assurde. Certe procedure sono antipatiche anche a me, ma occorre sapere perché esistono.
Ragionando degli informatici che sarebbero i nuovi comunisti, si pone una serie di domande. Sbaglia, però, la prospettiva perché non è lui ad essere più o meno libero di di mettere una password semplice, ma chi gestisce il sito, vale a dire, in legalese, il “titolare del trattamento dei dati personali”.
Se il titolare non predispone un sistema dotato di un certo livello di sicurezza, paga; civilmente e anche penalmente. Lo dice la legge, precisamente il d.lgs. 196/2003, con relativi allegati.
Conclude così: “ps e se qualcuno si azzarda a dire qualcosa sul rischi truffe e bla bla bla, sono disponibile a firmare on line una volta per tutte un’assunzione di responsabilità per furto di password“.
Bene, lo faccia, ma “firmare online” non ha alcun valore giuridico, è soltanto demagogia.

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