L’iniquo scompenso

Equo compenso: lo vogliono proprio aumentare, malgrado le proteste.
Ma che cos’è l’equo compenso? La duplicazione (riproduzione) di un’opera dell’ingegno (un film, una canzone, ecc.) è normalmente riservata. Nel senso che vi possono procedere soltanto coloro che detengono il relativo diritto. Alla nascita tale diritto appartiene all’autore, ma, normalmente, viene ceduto a chi fa business, dunque all’editore.
La legge, però, ci consente di fare una o più copie private per uso personale, ovviamente se disponiamo dell’originale. Ma la stessa legge prevede che chi è titolare del diritto sia in qualche modo indennizzato. Appunto, con il compenso che la legge definisce “equo” in quanto calcolato in modo “equitativo”, non direttamente correlato al numero delle copie.
I supporti destinati alla copia digitale sono molteplici: hard disc, CD-DVD, chiavette USB, schede; ma anche tutti i dispositivi che hanno una memoria interna, cioè lettori Mp3 e… telefonini.
Su tutti questi oggetti si paga l’equo compenso che è sostanzialmente a carico dell’utente finale.
Ecco cosa potete vedere acquistando, ad esempio, un iPhone 5s
5sPerché non piace? Malgrado quanto diceva Padoa Schioppa, l’italiano ha una certa antipatia per tasse, imposte e balzelli vari. Nel nostro caso, però, c’e’ qualcosa di più. Provo ad elencare:
– i soldi vanno a finire alla SIAE, un ente già commissariato ed oggetto di numerose critiche;
– il ricavato viene ridistribuiti agli autori sulla base di criteri che premiano i grandi e penalizzano quelli piccoli;
– soprattutto, l’imposizione dell’equo compenso si basa sul falso presupposto che tutti coloro che usano supporti e/o dispositivi vi immagazzinino copie di opere protette. Anche la macchina fotografica che uso per le foto delle vacanze, per dire.
E ora vogliono pure aumentarlo.

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I paradossi della Rete

BacchidduPaola Bacchiddu è una freelance professionista: Da qualche giorno, in Rete, si parla molto del suo caso.
Lo screenshot è di un suo status di ieri e c’è anche un pezzo su LSDI.
Il suo è un caso paradossale.
Ha raccontato, su una testata online, una storia di presunto malaffare pubblico. Ha virgolettato il testo degli esposti inviati alla Procura, ha concluso precisando che la giustizia avrebbe verificato e… si è ritrovata citata penalmente per diffamazione. E, ancora paradossalmente, da sola, perché il direttore delle testate online non risponde per omesso controllo.
L’articolo è ancora QUI (nessuno ha mai chiesto rettifiche o altro), così vi fate un’idea autonoma.

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Il fallimento dell’informatica giuridica – 4

La rete telematica della giustizia è un disastro. Bella scoperta.
L’articolo del Corriere dice un po’ di cose:
– hanno arrestato uno che doveva essere dei tre amministratori nazionali di sistema;
– allora, hanno visto bene di non nominare neppure gli altri;
– insomma, che mancano gli amministratori di sistema;
– dal 1° febbraio assistenza e sicurezza sono affidate in outsourcing con un costo iperbolico;
– e i ministeriali in loco non fanno più nulla o quasi;
– tutto avviene in remoto con qualche dubbio sulla sicurezza;
– i dati sono gestiti in modo indistinto e sono collocati sui server delle società private;
– sembra che in alcuni casi (mi auguro non per tutti) i tempi di intervento per manutenzione abbiano raggiunto gli 8 giorni;
– il “blindatissimo” contratto con queste società non prevede neppure una penale per inadempimento/ritardo;
– ah, dimenticavo di dire che il candidato amministratore di sistema è stato arrestato per corruzione e turbativa d’asta.
Queste cose avvengono con la complicità di tutti, va detto.

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Comunicazione giudiziaria

Dopo il Presidente Esposito (processo Mediaset) e il Presidente Nencini (processo Knox-Sollecito), pare che, ora, anche gli avvocati veicolino i propri atti attraverso i media.
Anzi, addirittura gli avvocati si buttano su Youtube. QUI l’avvocato Gentile, difensore di Salvatore Parolisi, ci illustra un motivo del ricorso che arriverà in Cassazione.
E, intanto, la Giustizia va…

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18, 19 e 20 febbraio 2014: astensione avvocati

Indetta dall’OUA. E il cosiddetto sciopero degli avvocati.
L’ennesima protesta che temo non farà nulla. Però, mi sembra che per la prima volta le rimostranze siano verso una persona: il ministro Cancellieri. E chissà mai perché…
Non ricordo una Guardasigilli così inetto eppure così voluto dal governo (un esecutivo a sua volta assai deludente). E chissà mai perché…

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Causa che pende, causa che rende

Maro'

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Quando il like è reato

Ho l’impressione che, pur nel 2014 e nell’epoca dei social network, certe dinamiche proprie non siano ancora nello sttrumetario di color che dovrebbero disporne.
L’altro giorno ho sentito questa notizia che è tanto grossa che mi viene il sospetto che non sia vera (o del tutto vera): coimputato, con l’accusa di diffamazione. per aver messo un semplice “like” su Facebook.
Non voglio fare discorsi giuridici complessi sul concorso di persone nel reato, ma credo che si possa semplificare.
Ora, un conto è la condivisione di uno status. E ci ragioniamo (sull’ulteriore diffusione di un contenuto eventualmente illecito).
Un conto è, giusto per fare un esempio “della realtà tangibile” (quella non telematica, per dirla meglio), apprezzare pubblicamente un rapinatore (dopo la rapina).
Ci arrivano tutti che chi approva l’azione un tipo ancorché armato e incappucciato non risponde, pur in concorso, di rapina. O no?
Peraltro, ho giusto un caso simile…

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Seminare vento

Prince è certamente tra gli artisti più gelosi delle proprie opere. Fate una prova su Youtube, cercate un suo video, non troverete molto rispetto ad altre star.
Per carità: uno ha certamente il diritto di difendere le proprie opere, il proprio lavoro, ma credo debba farlo intelligentemente.
Fare causa ai fan che pubblicano video sui propri blog non è una cosa furba, a maggior ragione se, oltre alla rimozione dei contenuti, si chiedono milioni di risarcimento come proprio Prince ha fatto di recente: salvo, poi, capire che ha fatto una stupidaggine che gli si è rivoltata contro.
C’è chi scommette sull’ulteriore recidiva.

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Autopromozione > ANGIF, Corso di alta specializzazione in diritto penale dell’informatica e digital forensics, ed. 2014

A Genova, grazie ad ANGIF, si parla di diritto penale dell’informatica.
C’è tanta bella gente, tanti amici.
Io parlerò delle prova digitale nel processo penale.
Inizia mercoledì 26 febbraio 2014 (peraltro, proprio con il mio intervento).
Tutte le info a partire da QUI.

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Internet fa male

Per chi non crede all’esistenza della dipendenza da Internet (“Internet addiction disorder“) ecco una curiosa (neppure tanto) sentenza della Cassazione che ne riconosce, appunto, l’esistenza (previa perizia, ovviamente) e, a ben vedere, malgrado la soluzione data al caso concreto, non ne esclude a priori una possibile incidenza sulla capacità di intendere e di volere.

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