L’Unione delle Camere Penali Italiane pubblica proprio oggi (1° aprile…) una rivoluzionaria delibera che sollecita la massima trasparenza sulla Giustizia
Sarò antico, ma l’idea di una camera di consiglio in diretta mi fa un po’ sorridere.
L’Unione delle Camere Penali Italiane pubblica proprio oggi (1° aprile…) una rivoluzionaria delibera che sollecita la massima trasparenza sulla Giustizia
Sarò antico, ma l’idea di una camera di consiglio in diretta mi fa un po’ sorridere.
L’altra sera ero in pizzeria. Dal tavolo delle dodicenni festanti (quasi tutte smartphonate, forse eccessivamente) ad un certo punto si è alzata l’unisona richiesta verso l’oste: “Avete la wifi”? Come se fosse la cosa più naturale al mondo.
La risposta è stato un secco no. Poi ho sentito il personale bofonchiare qualcosa sulle leggi e tutte quelle cose barbose e burocratiche.
Insomma, che pare che ancora oggi vi sia qualcuno che pensa che non si possa liberamente offrire una connessione wifi ai propri clienti (gratuitamente o meno, non conta).
Eppure, proprio il mese scorso, la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) aveva ricevuto risposta affermativa dal Garante Privacy (che, però, non ha stabilito alcunché, limitandosi a dire che la cosa era già prevista dalla legge).
Ricordiamo, così, questa bella opportunità per bar, ristoranti, alberghi, ecc. che da tempo possono non sentirsi più carbonari digitali nell’offrire clandestinamente il collegamento.
E aggiungiamo che, contrariamente a quanto dice certa stampa un po’ confusa, da un lato la messa a disposizione di per sé non conduce mai a corresponsabilità in eventuali illeciti, dall’altro la fornitura della connessione non comporta necessariamente trattamento (dunque consenso ad esso).
Easy: il wifi è veramente libero, ora. Lo dice anche la Fipe.
La donna che querelava i social (sarebbe stato un bel titolo anche questo, ma quello scelto è sicuramente più roboante).
A Milano (maggio) e Padova (giugno), formazione per avvocati sul diritto dell’informatica, organizza Legal Forma in collaborazione con il Circolo dei Giuristi Telematici.
Contribuirò ad un paio di giornate del modulo penale, ma c’è anche quello civile.
Bei nomi (a parte lo scrivente) tutti concretamente occupati, da anni, nelle aule di giustizia.
Penale.it è il sito giuridico che ho fondato nel 1999.
Dopo una gestione assolutamente amatoriale, a metà degli anni 2000 è iniziata una collaborazione con un editore che ha fatto nascere una vera e proprio redazione di giuristi.
Col tempo, però, sono venute a mancare tante risorse personali: si cresce, si prendono nuove strade, sempre più impegnative.
Siamo giuristi, avvocati, magistrati, accademici, abbiamo un altro lavoro cui dare, inevitabilmente, la precedenza su una passione come Penale.it.
Oggi, però, si cambia. Ci siamo congedati con la Redazione, cui vanno sempre i miei ringraziamenti, e sono alla ricerca di nuova collaborazioni: partner tecnici e giuridici.
Tra gli altri, sto cercando giovani interessati al diritto penale che sappiano anche utilizzare il sistema informatico (un CMS molto semplice) per pubblicare i materiali.
Potete contattarmi privatamente. Penso che, quanto meno, vi sia l’occasione per stare a contatto con il diritto vivente.
Il 20 febbraio 2013, dalle ore 15, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano (save the date) sarò moderatore della sessione Social Media & Legal della Social Media Week.
Si parlerà del caso Avaxhome, di privacy e UGC, di diritto d’autore e fotografia, di diritto di famiglia: con, nell’0rdine, Gualtiero Dragotti, Elvira Berlingieri, Giovanna Bagnardi ed Annamaria Bernardini de Pace.
P.S.: Su Twitter #SMWmilan
Mettiamo subito le cose in chiaro: Facebook, Internet in generale, non è improvvisamente diventato “stampa”. Non lo dice alcuna legge e, specie dopo la felice conclusione del caso Ruta, non lo dice più alcun giudice, tanto meno quello di Livorno cui qualcuno, però, proprio in queste ultime ore vuole a tutti i costi attribuire la citata equazione.
La legge, in particolare il terzo comma dell’art. 595 c.p., punisce la diffamazione mediante “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” come quella a mezzo stampa. Semplicemente perché si ritiene che questi mezzi, tra cui rientrano le pubblicazioni telematiche, abbiano una diffusività, dunque una potenzialità lesiva, pari a quella della stampa.
E’ previsto anche il carcere, in alternativa alla multa. Ma l’equiparazione è soltanto sanzionatoria.
Allora, il giudice di Livorno non ha sbagliato. Ha semplicemente applicato la legge, come hanno sempre fatto (giustamente, dalla prospettiva giuridica) tanti suoi colleghi.
Contrariamente a quanto pensa la giornalista Paola Ferrari, che l’anno scorso aveva dichiarato di voler querelare Twitter “in persona”, la legge c’è già e, come appena detto, nei casi estremi può avere ripercussioni pesanti. Non vi sono buchi normativi o sacche di impunità.
Se, poi, riteniamo che la legge sia sbagliata, discutiamone. Ma è un altro paio di maniche e non distorciamo le notizie anche soltanto per fare sensazionalismo.
(da Giornalettismo del 7 gennaio 2013)
Monti scende o sale in campo (dipende se passa dalla gradinata o dagli spogliatoi) e, come la stragrande maggioranza dei politici, inciampa nella tecnologia. Non basta avere un account Twitter, far cinguettare allo staff improbabili WOW e faccine, occorrerebbe conoscere (o *farsi conoscere*) un po’ di più la tecnologia che vi sta dietro. Dopo la non proprio bella figura del pdf firmato Ichino, ne esce fuori un’altra simile.
IL WHOIS DI MARIO MONTI – Roberto Scano scopre che su www.sceltacivica.it è presente un’informativa sulla privacy a dir poco carente (peraltro, non mi risulta che per quel genere di trattamento sia prevista un’informativa semplificata), con due problemi specifici:
– Scelta Civica è un soggetto di carattere politico, dunque la cessione dei miei dati potrebbe attribuire agli stessi il carattere di “sensibili”, con tutte le pesanti implicazioni del caso (ovviamente, i dati sensibili godono di una tutela accentuata);
– La cessione dei dati avverrebbe non a Scelta Civica, ma all’”Associazione Italiafutura” (tutto attaccato…); non che la liaison con Montezemolo fosse un segreto, ma l’ambiguità sul titolare del trattamento è imbarazzante, anzi inaccettabile.
Soltanto per completezza, si ricordi che il Whois del nostro Registro, ad oggi conferma che il dominio è stato registrato dall’Associazione Italia Futura. Il che comporta ulteriore confusione su un aspetto tanto delicato come il trattamento di dati personali collegati alla politica.
Puntuali, come ogni anno, arrivano i MAV della Cassa Forense: sono circa 3.500 euro per un anno, di base. Il resto è proporzionale al reddito.
Si tratta, per la precisione, della Cassa Nazione di Previdenza e Assistenza Forense. Negli ultimi anni c’è stato uno scalino che ha raddoppiato i contribuiti che, si badi bene, non sono soltanto a carico di noi avvocati, ma anche del cliente.
Questi, così, per festeggiare i sessant’anni cambiano logo (che fa pure schifo), con tutte le spese conseguenti (carta intestata, sito, cartacei vaci, ecc.).
Alla faccia della crisi.
Alla fine si è dimostrata una notizia infondata, anzi una “non notizia”.
Con un po’ di presunzione, ricordo che l’avevo previsto, anche se a volte la realtà supera la fantasia.
La giovane che, mediante uno scritto su Facebook, aveva insultato il datore di lavoro non è stata condannata per diffamazione a mezzo stampa, ma le è stata semplicemente applicata l’aggravante del “mezzo di pubblicità” che è giuridicamente ritenuto analogo alla stampa vera e propria. Ed è tutto normale, non è certo la prima volta che succede.
La notizia, ora, è stata riportata nei termini corretti, ad esempio da La Nazione (ma mi risulta che dietro ci sia un’ANSA).