Iperattività parlamentari

Questa volta scrivo qui, soltanto per il mio blog, perché, intanto, quello che devo scrivere non è di grande attualità. Gli eventi si succedono rapidissimi ed io non riesco a starci dietro, specie senza fonti primarie immediatamente a disposizione. E, comunque, molti (forse troppi) ne stanno già scrivendo.

Disegno di legge “salva-Sallusti” o “ammazza-blog”, a seconda da come lo si veda.

Conosciamo il testo base (S-3491), quello presentato da Vannino Chiti, Maurizio Gasparri e cofirmato da altri. Poi, sappiamo anche che è stata presentata una messe di emendamenti, sia in Commissione che in Aula, dove il ddl è appena approdato.

Limitiamoci a quelli presentati in Commissione. A me è balzato subito agli occhi un fatto che credo sia rilevante: il numero, elevatissimo se si considera che il ddl è partito con soli due articoli, di emendamenti presentati dagli stessi Senatori.

Facciamo una top 5, partendo dalle posizioni più basse:

    5) Malan e Mura a pari merito – 27

    4) Mazzatorta – 29

    3) Maritati – 33

    2) Casson – 39

E qui mi fermo per un po’ di suspance… Io credevo che l’iperattività di Casson, coi suoi 39 emendamenti, fosse già eccezionale (e anche un po’ preoccupante, per la verità). E, invece, mi sono dovuto ricredere perché…

    1) Vita, Vincenzo Vita – 47!
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Sallusti: la parola alla Cassazione

Per chi volesse farsi un’opinione al di là della gazzarra di questi giorni, Guida al Diritto pubblica la sentenza integrale del caso di cui all’oggetto. Son 27 pagine, non male. QUI.

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Mi mobilito

Post di prova scritto da Android con app di WordPress 🙂

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La Rete che non c’entra

“Vietate le vendite piramidali online” e tanti titoli simili a questo, qualche giorno fa. Siccome, però, io sono come San Tommaso, sono andato a leggere la sentenza che un amico mi aveva mandato proprio quel giorno.
La Rete – tanto per cambiare – non c’entra molto, notoriamente è soltanto un mezzo.
Sicuramente, la legge è molto chiara (art. 5 l. 173/2005):

1. Sono vietate la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura.
2. E’ vietata, altresì, la promozione o l’organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, piani di sviluppo, “catene di Sant’Antonio”, che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone e in cui il diritto a reclutare si trasferisce all’infinito previo il pagamento di un corrispettivo.


Come si può vedere, però, il divieto non vale soltanto per Internet, non c’è alcun doppio binario. E ci mancherebbe fosse previsto il contrario.

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Due appuntamenti due (autopromozione)

Venerdì prossimo, il 5 ottobre, dalle 10, farò parte, in quota Lsdi, di un bel panel inserito nell’Internet Festival pisano. Si parlerà del giornalista e della sua identità digitale. Sono stato chiamato a commentare le motivazioni della sentenza di Cassazione che, finalmente, ha assolto Carlo Ruta dal reato di stampa clandestina. Vicenda che riguarda tutti coloro che hanno un qualche sito (non soltanto blog, per la verità):

Giovedì 18 dicembre ottobre, invece, a Milano in contesto SMAU gestirò, per IWA Italy, uno slot gratuito da cui sortiranno indicazioni per realizzare un “sito a norma”. Tra il presuntuoso e l’eclettico, avrò modo di parlare di privacy, diritto d’autore, commercio elettronico e tutela del consumatore.
Il sito dice che i posti a sedere sarebbero finiti, ma pare che si possa assistere anche stando in piedi.

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Giornalettismo > Perché i blog non sono stampa clandestina

(da Giornalettismo del 17 settembre 2012)

Finalmente divulgate le motivazioni della sentenza che ha assolto Carlo Ruta dal reato di stampa clandestina e, si potrebbe anche dire, con lui tutto il Web. I siti Internet, ancorché di informazione, non sono tenuti a registrarsi come testate giornalistiche.

Le motivazioni della decisione, in realtà depositate il 13 giugno ma diffuse soltanto nei giorni scorsi, poggiano sostanzialmente su quattro punti.

La legge sulla stampa (l. 47/48) si applica al Web in quanto riguardante prodotti realizzati con un procedimento tipografico e all’esito di tale procedimento destinati alla pubblicazione. Ma le pubblicazioni telematiche non sono il risultato di tale procedimento.

La legge 62/2001 – quella che molti sanno essere l’origine di tutti i problemi – ha introdotto la registrazione anche per i giornali online esclusivamente per motivi amministrativi e per poter accedere alle provvidenze riservate all’editoria: chi non le vuole, non è tenuto agli adempimenti burocratici.

Ciò, in modo esplicito cristallino, è stato ribadito dal d.lgs. 70/2003.

Infine – e qui sta la chiusura definitiva ad ogni tentazione punitiva – il riconoscimento di un obbligo di registrazione costituirebbe un’interpretazione analogica “in malam partem” (cioè sfavorevole all’imputato) vietata, addirittura, dalla Costituzione.

Tutto così semplice? Sì, fin troppo, perché la Corte Suprema ha cassato le tesi sostenute in primo e secondo grado in meno di una pagina (il nucleo delle motivazioni), peraltro con orientamenti già noti e fortemente condivisi almeno in dottrina.

Così, il minimalismo argomentativo della Cassazione pare proprio una pesante stroncatura dell’intera vicenda, dal suo inizio (la denuncia di una magistrato sentitosi offeso da alcuni scritti di Carlo Ruta e che aveva ipotizzato anche il reato di stampa clandestina) alla fine (non sfugga che il Procuratore Generale presso Cassazione aveva chiesto il rigetto del ricorso, dunque la conferma della condanna).

Una stroncatura a quell’ardita perifrasi, che i più attenti ricorderanno, fatta in primo grado – e confermata in appello – culminata in un clamoroso errore interpretativo che ha rischiato di uccidere il Web italiano: la “società dell’informazione” scambiata per una società commerciale attiva nel campo dell’informazione con conseguente esclusione della possibilità di non registrarsi per i singoli come Carlo Ruta.

Al di là dei tecnicismi, come detto l’assoluzione di Ruta vale per tutto il Web. E l’occasione sarebbe propizia per ripensare a leggi inevitabilmente anacronistiche che, come tali, andrebbero abrogate.

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Aruba – Ultimo avviso: occhio al phishing

Da qualche giorno stanno girando “avvisi” apparentemente provenienti da Aruba con richiesta di pagamento di somme asseritamente dovute per l’aumento dell’aliquota IVA.
Ecco il testo dell’email arrivatami oggi

Gentile Cliente,

Questa è la terza ed ultima comunicazione in merito.Le sue transazioni non sono andate a buon fine.A tal proposito la preghiamo di controllare con attenzione il corretto inserimento della password SecureCode dopo aver inserito i dati della Carta di Credito.

in seguito all’aumento della imposte di IVA, il costo dei servizi da Lei acquistato è passato dal 19% al 21%.Come già specificato nella precedente comunicazione, sarà necessario un adeguamento del pagamento da lei effettuato in fase di registrazione ed acquisto dei servizi di hosting.

La differenza dovuta ammonta a 11,00 Euro

Il mancato saldo, dopo il terzo avviso, comporterà la sospensione dei servizi entro 48 ore dalla ricezione della presente mail.

Per sua comodità, può effettuare il saldo della differenza dovuta, velocememente mediante il link di pagamento immediato appositamente generato per lei con carta di credito.

Per versare la differenza dovuta, cliccare qui: PAGAMENTO ARRETRATI E DIFFERENZE IVA

Distinti Saluti

________________________

Aruba SpA – http://www.aruba.it

Aruba non c’entra proprio niente. A parte qualche dettaglio che può sfuggire (spazi, maiuscole, sbavature di lingua, ecc.), credo che la cosa più evidente che svela l’imbroglio sia il riferimento alla precedente aliquota che non era del 19%, bensì del 20%.
Dunque, non inserite i dati alla pagina linkata perché non ci rimetterete 11 euro, ma la carta stessa (e tutti i danari ad essa collegati).

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Mercoledì e giovedì tutti a Firenze

“L’ Associazione Stampa Toscana in collaborazione con Digiti, Lsdi, con il patrocinio della Regione Toscana, della Provincia di Firenze e dell’ Università degli Studi di Firenze organizza il primo evento nazionale dedicato a al giornalismo digitale in Italia” (copiato e incollato dai testi ufficiali). E’ Dig.it. Gionalismo digitale tra informazione e società, a Firenze il 4 e il 5 luglio 2012.
Ci sarò anch’io dopo tanto tempo passato dietro le quinte. Parteciperò alla sessione “Il giornalismo sotto pressione” dove racconterò un po’ quello che so delle cause giudiziarie correlate all’informazione.
Spero potrà essere l’occasione anche per dire qualcosa di più su un’ideuzza di cui abbiamo discusso già tempo addietro con Massimo e che, questa volta, potrebbe concretizzarsi. E’ possibile che lui anticipi qualcosa già domani, durante il suo intervento (fammi sapere…).

P.S.: Grazie a Vittorio Pasteris che mi ha invitato e che ci ha sempre creduto malgrado la mia partecipazione si presentasse improbabile 😉

Come dicono i blogger “giusti”, “se volete ci vediamo lì”.

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Sans papier

Domani la Cassazione si pronuncerà sull’obbligo di registrazione di blog e siti di informazione in genere. E’ il caso di Carlo Ruta, già su questi schermi.
Domani potremmo essere tutti clandestini, sans papier.
Oggi mi è stato offerto un megafono più potente per parlare del pericolo incombente: il blog di Massimo Mantellini su il Post.

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Tramitarla all’uscita

Tramite (eh…) Massimo Mantellini, scopro che il sempre buon frap1964 s’è preso il video dell’intervento del Guardasigilli a Perugia ed ha trascritto un po’ di passaggi.
Io, ieri, avevo scritto una cosina per Giornalettismo, ma grazie a Francesco abbiamo del materiale in più, molto succoso.
Non credo necessiti alcun commento da parte mia.

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