GamEternity sequestrato

La notizia che si sta diffondendo rapidamente. Il portale GamEternity, chiaramente dedicato ai videogiochi, è stato posto sotto sequestro per ordine dalla Procura di Arezzo. Aggiungo io: verosimilmente per presunta violazione delle norme sul diritto d’autore.

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Tutta colpa del Garante?

Giornalettismo (purtroppo non ho trovato la fonte prima a firma Luigi Ferrarella, sul Corriere) riporta la notizia dell’archiviazione di un procedimento nato per una minaccia di morte rivolta a Berlusconi e postata in un commento sul blog di Beppe Grillo.
In realtà, la vicenda era già nota, da circa due anni. Di ulteriore, sostanzialmente, pare esserci soltanto l’evento processuale dell’archiviazione con le relative motivazioni che, di fatto, erano già scritte. Il responsabile rimarrà impunito perché Microsoft (per una casella Hotmail) e H3G (per l’IP di connessione) avevano già cancellato i dati necessari per risalire al titolare dell’utenza. Ma Microsoft e H3G avrebbero agito sulla scorta di due distinti provvedimenti del Garante (per la privac) risalenti al gennaio 2008.
Ne avevo parlato nel luglio 2009 in un post cui rinvio. Credo che le mie osservazioni possano dirsi ancora valide.

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Ancora su 123people e privacy

Sì, ancora su 123people e privacy perché in questo ultimo periodo (mi verrebbe da pensare anche a fronte di alcune critiche), a Vienna sembrano particolarmente attenti ai rapporti Rete-privacy.
Ben due contributi, lo stesso giorno:
– un’intervista ad Andrew Keen curata da Luca Sartoni;
– un articolo sui (presunti) tre pregiudizi comuni in tema di privacy online.

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e-privacy 2011

Appuntamento oramai storico, a Firenze il 3 e 4 giugno 2011. Quest’anno si parla, guarda un po’, di cloud e privacy.
QUI tutte le info del caso.

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Big Trouble in Perugia

Sembra che l’omicidio della povera Meredith Kercher faccia discutere anche al di là dei fatti di stretta cronaca e processuali.
Sappiamo che gli americani sono molto decisi nel difendere la loro connazionale Amanda Knox, parlando espressamente di erroni nelle indagini e nel giudizio. Ne hanno pieno diritto.
Tra i cronisti USA schierati contro la giustizia italiana c’è tale Frank Sfarzo, blogger o giornalista o entrambe le cose.
Già tempo fa, per il tramite dell’organizzazione Committee to Protect Journalists – CPJ, lo Sfarzo si era ufficialmente lamentato delle attenzioni un po’ troppo “ruvide” asseritamente riservategli dalla Polizia perugina.
Ora, su ordine della magistratura fiorentina (compentente per territorio se la persona offesa è un magistrato del distretto di Perugia – e il riferimento è al pm dell’omicidio Kercher, Giuliano Mignini), Google (proprietaria di Blogspot) stacca il blog di Sfarzo, Perugia Schock. Trattasi di un vero e proprio sequestro, per diffamazione in danno del Mignini. Ce lo riferisce il Sole.
QUI uno dei primissimi commenti d’oltreoceano e QUI quello di un avvocato americano.

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Commissariato di Polizia offline?

Chiude il Commissariato Online? Repubblica è pessimista e dà la colpa ai tagli di Tremonti.
Non ci consente di fare una denuncia standocene comodamente a casa (malgrado un occhiello ambiguo, il testo chiarisce bene), ma, di certo, è in grado di alleggerire tutta la trafila.
Oltre ad essere utile per altri servizi, ricordiamocelo: sicurezza telematica, passaporti, immigrazione, minori, polizia amministrativa e sociale, concorsi.

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Blog e deontologia

Manlio Cammarata segnala un disegno di legge sull’informazione, l’ennesimo, ma con la sorpresa, secondo me.

Si tratta del ddl C.4301 dal titolo wertmulleresco: “Modifica all’articolo 139 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente l’adozione di norme deontologiche relative al trattamento dei dati personali relativi a indagini di polizia e a procedimenti giurisdizionali, anche acquisiti mediante intercettazione di comunicazioni, nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione”, primo firmatario, l’Onorevole Antonello Soro (PD).

In estrema sintesi, si propone l’emanazione di un codice deontologico che regoli il trattamento di dati personali, con particolare attenzione alle intercettazioni, nel mondo dell’informazione. Per i soli giornalisti? A prima vista, si direbbe di sì, ma leggendo meglio…

Temo che l’àmbito di applicazione sia più ampio. Ecco gli indizi:

nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione” (titolo del ddl);

nell’esercizio della professione di giornalista o, comunque, tramite i mezzi di informazione” (art. 1, comma1);

A dispetto della denominazione di codice deontologico, le sue disposizioni non saranno semplici norme di buona condotta da applicare all’interno della categoria professionale, magari con logiche corporative. Saranno invece regole dell’ordinamento generale, valide per chiunque scriva od operi sui mezzi di informazione: il loro rispetto potrà dunque essere fatto valere davanti al Garante o al giudice ordinario” (relazione).

Ecco, quest’ultimo indizio mi sembra assai univoco nell’estendere l’applicazione di questo “codice deontologico” a tutto il mondo dell’informazione, anche a quella non professionale: i blog, ad esempio.

Sbaglio qualcosa?

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123privacy

I più attenti al tema privacy da tempo si interrogano sulla legalità di 123people, “motore di ricerca di persone” capace di ricostruire le “identità digitali” attingendo informazioni dalla Rete, sembrerebbe in particolare dai social network.
Da sempre la soceità viennese che gestisce il servizio si “difende” affermando che esso consiste in un mero motore di ricerca che evidenzia dati trattati da terzi. Sul punto, va riconosciuto che le FAQ sono molto esaustive.
Detto ciò, non si può negare che “chi è causa del suo male, pianga sé stesso” e che, dunque, tutti dovremmo fare più attenzione a cosa mettiamo in Rete.
Molto interessanti i risultati di un sondaggio lanciato proprio da 123people di cui si parla in un articolo pubblicato dal Sole.

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Opt-out anche per il mailing?

Il 5 maggio scrivevo un post sull’opt-out del telemarketing, prendendomela un po’ con uno spot molto ambiguo e fuorviante.
Lo stesso giorno, Il Governo approvava uno schema di decreto legge sullo sviluppo che tra regole di ogni genere, nasconde non pochi “ritocchi” in tema di dati personali.
Ci sono cose che altri conoscono ben più di me, dunque linko volentieri.
Qualcosa, invece, posso dire sul direct marketing perché il predetto schema, all’art. 6, comma 2, n. 6), così recita

all’articolo 130, comma 3-bis, dopo le parole: “mediante l’impiego del telefono” sono inserite le seguenti: “e della posta cartacea” e dopo le parole: “l’iscrizione della numerazione della quale è intestatario” sono inserite le seguenti: “e degli altri dati personali di cui all’articolo 129, comma 1,

Ma cosa significa? Sappiamo che se il nostro numero è riportato sugli elenchi telefonici, chiunque ci può chiamare per scopi commerciali o ricerche di mercato anche senza il nostro consenso. Il rimedio a questa eccezione è sganciare (opt-out) il nostro numero inserendolo nel Registro Pubblico delle Opposizioni.
Quando entrerà in vigore il decreto varato il 5 maggio accadrà che ci trovermo ricoperti di cartaccia pubblicitaria e l’unico modo per contribuire alla preservazione delle foreste sarà inserire nello stesso Registro anche l’indirizzo postale riportato negli elenchi. E, anzi, a ben vedere se negli elenchi sarà riportato anche un indirizzo di posta elettronica (perché il testo dello schema non specifica quali dati), lo stesso potrà essere utilizzato per i fini suddetti, sino all’opt-out, di fatto con la legalizzazione di una buona parte dei fatti di spamming.
Il mailing è, evidentemente, un business forte abbastanza da attivare certi colpi di mano per di più con il subdolo strumento delle decretazione d’urgenza.

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Bancomat clonati e frode informatica

Con la sentenza n. 17748/11 depositata il 6 maggio scorso, la Cassazione (Sezione II Penale) sì è pronunciata sulla compatibilità del reato di frode informatica (art. 600-ter c.p.) con fatti di clonazione di bancomat (verosimilmente effettuati mediante i soliti skimmer installati sulle ATM) e successivo utilizzo.
A parte il fatto che, nuovamente (ma questa volta da parte della difesa), gli hacker sono sbrigativamente (quanto erronemente) identificati come criminali la cui occupazione tipica sarebbe quella di inturfolarsi nei sistemi altrui, la Suprema Corte smentisce la tesi difensiva secondo cui l’utilizzatore di bancomat clonati non entrerebbe nel sistema e, dunque, non sarebbe punibile ai sensi dell’art. 640-ter c.p.
Il testo della norma incriminatrice, per rinfrescarci la memoria.

Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

Personalmente, credo, comunque, che la frode informatica non comporti necessariamente intrusione.

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