Astensione avvocati 16-22 marzo 2011

Per chi non lo sapesse, come da oggetto. L’ha deliberato l’OUA.

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Oscuramenti amministrativi

Oggi, 45 deputati, di assortimento bipartisan, hanno presentato, primo firmatario l’On. Roberto Cassinelli, un’interpellanza per evitare che un’Authority (la AGCOM, nella fattispecie) faccia il bello e il cattivo tempo ordinando di oscurare siti di presunto contenuto illegale sotto il profilo del diritto d’autore.
Va detto che l’interpellanza è figlia di un’iniziativa promossa da Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo,  Assonet-Confesercenti, Assoprovider-Confcommercio e Studio Legale Sarzana, che ha già raccolto oltre 3.500 firme.
In effetti, conferire certi poteri ad un’Authority, senza passare, in prima battuta, dall’Autorità Giudiziaria, è una discreta sciocchezza (e ho evitato il francesismo…).

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Se ti sequestro la satira

Sequestrato Savona e Ponente, gestito dalla giornalista Valeria Rossi, per un post intitolato “Voglio ammazzare Berlusconi”.
Non entro minimamente nel merito pur non amando la violenza, ancorché soltanto verbale e/0 scherzosa, ma non si può negare che siamo nell’àmbito della satira.
Se ne parla molto poco, la notizia si è diffusa da Savonanews, poi pochi altri l’hanno ripresa (Byoblu, ad esempio) .
Vale la pena di rifletterci un po’ di più.

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F e rotti

Come molti sanno, quest’anno la Ferrari Formula 1 si chiama F150, nome voluto per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia.
L’F-150, però, è anche un bel pick-up, prodotto da tempo, di Ford che, arrivata per prima, non gradisce il presunto tarocco (sic) rivendicando il marchio (registrato).
In più, accuserebbe di cybersquatting la casa di Maranello in relazione al dominio ferrarif150.com.
Passi il marchio (anche se questa galleria fotografica pone la giusta ironia), ma il dominio non mi sembra molto lesivo, in particolare capace di generare confusione.

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Bufale adulterate

Penso che tutti abbiano appreso, sin dalla settimana scorsa, la notizia  (poi ampiamente ridimensionata, se non corretta) della presunta  (comunque involontaria) abrogazione di alcune norme scritte a suo tempo volute, tra l’altro, per colpire le adulterazioni alimentari. Repubblica, per tutti, che non ha mancato esprimere il proprio sdegno bacchettando Calderoli (Ministro, in effetti, responsabile delle semplificazioni consistenti anche nell’abrogazione di vecchie norme obsolete o, comunque, inutili).
In realtà, lo stesso giorno  il Fatto Alimentare aveva negato, argomentando, l’abrogazione, ma i media dominanti non se ne sono accorti subito ed hanno ridimensionato il tutto soltanto il 17 gennaio.
“Vera bufala”? Beh, non proprio. Tutto è bene quel che finisce bene, ma questo notevole scritto giuridico (ahivoi, in “legalese puro”), a firma Alessio Scarcella, Magistrato del Massimario della Suprema Corte, ci fa capire quanto la questione non fosse tanto lineare nemmeno ad alti livelli.

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Sbatti il mostro su Facebook

Succede che a Rapallo (peraltro, la “mia” città) un assessore si fa ritrarre in posa fascista (saluto romano) e bandierone R.S.I. La foto – direi anche “puntualmente” –  finisce su Facebook, verosimilmente per opera di un’altra persona ritratta.
L’amministratore si difende sostenendo che si è trattato di una goliardata, che, comunque, il fatto rientrava nella sua sfera privata e che, infine, quella foto non doveva essere pubblicata.
Ora, soltanto premettendo l’ovvio e cioè che il fascismo va condannato senza riserve, (*) non voglio entrare nel merito politico della vicenda (per tante ragioni… e l’assessore non è l’unico che conosco in quella foto…) o approfondire le implicazioni giuridiche di essa, ma quando ci si fa fotografare con evidente consenso, il male è necessariamente Facebook?

(*) Vorrei conoscere il nome dei genitori del bambino ritratto nella foto…

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Google e il nuovo diritto d’autore

Sui media, proprio nelle ultime ore, si parla molto della “pace fatta” tra editori (rappresenati da FIEG, in primis) e Google con l’intervento dell’AGCM. Tutti i materiali ufficiali (segnalazione, provvedimento e impegni) si trovano QUI, sul sito istituzionale dell’Authority.
Al di là di alcune questioni importanti ma non rilevanti ai fini del diritto d’autore, gli editori lamentavano il mancato versamento dell’equo compenso da parte di Google (che riutilizza i loro contenuti) e l’uso del deep linking capace di influire, in negativo, sugli introiti pubblicitari degli editori stessi.
Questo il passaggio più significativo della Segnalazione dell’Antitrust: “le attuali norme sul diritto di autore, non appaiono tener conto delle peculiarità tecnologiche ed economiche di internet, in quanto non disciplinano un sistema di diritti di proprietà intellettuale nel contesto delle nuove e molteplici modalità di riproduzione e di utilizzo dei contenuti da parte di soggetti terzi sul web“.
Inequivocabile, non c’è che dire.

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Wi-Fi: aspettando la “conversione”

Non ho scritto nulla, ad oggi, sul Wi-Fi “libero” (così definito con un po’ troppa enfasi, secondo me – e sono molto d’accordo con quanto sostiene Bob) per tanti motivi.
Un po’ perché molti l’hanno già fatto in termini ampi e corretti (tranne qualche sbavatura sulla pretesa sopravvivenza di norme regolamentari palesemente abrogate, seppure in modo tacito).
Un po’ perché non ho avuto tempo.
Un po’, infine, perché… l’attuale disciplina (obbligo di licenza per alcune categorie, ma stop ad identificazione e altri adempimenti) non è detinitiva.
Sì, perché tutto è stato fatto – peraltro in fretta e furia – con un decreto legge “milleproroghe” che, in quanto tale, deve essere convertito in legge. Anche il “decreto Pisanu” era un decreto legge e il testo era un po’ diverso.
Allora, visto che già l’anno scorso si era parlato apertamento di misure più “soft” (per l’identificazione), le notizie del Corriere riportate da Fulvio non suonano, poi, così strane.
Scommetto su di un, pur parziale, passo indietro.

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Se la duplicazione di file non è furto

Su Penale.it ho appena pubblicato un’interessante sentenza della Cassazione sulla rilevanza penale (anzi, direi proprio sull’esistenza) del “furto digitale”.
Con la duplicazione di file, infatti, non si spossessa il titolare e – cosa forse ancora più deflagrante, ma sacrosanta – i file non sono giuridcamente “cose mobili”.
Spossessamento e natura di “cosa mobile” sono entrambi presupposti del reato di cui all’art. 624 c.p.
Nella pubblicazione ci sono anche due link molto interessanti che confermano l’ineccepibilità della decisione in argomento.

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Bis!

Roba da non crederci

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