Direttori online non responsabili? (updated)

La notizia, non da poco, sta passando per i media (Repubblica e ZeusNews).
Le conseguenze, ad esempio per la blogosfera, sarebbero identiche (nel senso dell’irresponsabilità), pare l’abbiano riconosciuto anche gli ermellini.
Leggeremo la sentenza, spero presto. Nel frattempo, cautela.

Aggiornamento del 2 ottobre, tardo pomeriggio: il testo è su Penale.it, passatomi da Manlio Cammarata.

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Bancomat e home banking: quali responsabilità?

Max Eroli (sì, OK, sono in confidenza) ha scritto un ottimo articolo per Diritto & Diritti dove, incidentalmente, parla di phishing. Da leggere.

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Facebook e stalking

Su Facebook, grazie ad Antonio Vergara, ho appreso di questa recente decisione della Suprema Corte. Si può fare stalking anche sullo stesso popolarissimo social network.
Francamente, pur non entrando nel merito, la cosa non mi sorprende (dal punto di vista giuridico che è quello che mi compete). Non ho ancora letto la motivazione, ma ci sta.
Vedremo, appunto, la motivazione.

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Azzardo e monopolio

Non è un caso italiano, ma al nostro Paese può tranquillamente applicarsi

L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato
membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la
promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che
vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre
mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.

E’ il dictum della sentenza 3 giugno 2010 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Su Diritto.it, con un commento di Giulia Milizia.

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FaceBufale

Stavo smanettando un po’ su FaceBook, nel mio account, quando cliccando su Inserzioni mi è uscito questo avviso

Sfatiamo le false voci relative alle foto nelle inserzioni
Si sono diffuse delle voci false secondo le quali Facebook avrebbe iniziato ad usare le foto nelle inserzioni. Non credere a queste voci. Queste voci si riferivano alle applicazioni di terzi e non alle inserzioni visualizzate in Facebook. È possibile che nelle Inserzioni di Facebook compaiano la tua immagine del profilo e il tuo nome, ma solo quando sono collegate ad un’azione sociale che hai effettivamente eseguito su Facebook (ad esempio se sei diventato fan di una Pagina). Per maggiori informazioni, visita il Centro assistenza.

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Molestie e Internet

Nell’era dello stalking, finalmente qualcuno (la Cassazione) si accorge che la legge non è tanto aggiornata con la tecnologia…
Su penale.it, da leggere.
P.S.: Che lo dicevo dieci anni fa o poco meno, contro autorevolissimi Autori i quali sostenevano che siccome Internet viaggiava su doppino, allora era il telefono di cui alla norma incriminatrice.
Art. 660 Molestia o disturbo alle persone
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda
fino a lire un milione.

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Il decalogo del giornalista

Stavo cercando materiali sul “decalogo del giornalista” (che, per noi giuristi, è un’importante sentenza pronunciata negli anni ’80 dalla Cassazione civile), quando mi sono imbattuto in questo “decalogo” non giuridico, ma molto interessante. La fonte prima parrebbe Repubblica.

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Cassinelli rettifica

E se un giorno avrò l’obbligo di rettifica al pari di un giornale?
I blogger più attenti (e anche gli altri) sanno che all’interno della legge cosiddetta “bavaglio” (in realta, un disegno di legge attualmente alla Camera) è stata inserita una norma che imporrebbe la rettifica anche per i “siti informatici” (già prevista per la vera stampa dalla l. 47/48). Con sanzioni pecuniarie di una certa entità in caso di inottemperanza.
Per cronica mancanza di tempo, non sono riuscito a scrivere nulla sino ad oggi, ma, vista le imminenti scadenze, penso di non potermi sottrarre dal notiziare quei quattro lettori che ho.
Incominciamo. Dico subito che mi sono sforzato di trovare una linea interpretativa che escludesse dal novero dei “siti informatici” realtà amatoriali come i blog. Ho fallito, ho trovato soltanto argomentazioni debolissime. Dunque, occorre andare oltre.
Io penso che sia sbagliato pensare che la rettifica sia dovuta soltanto dalla stampa vera e propria. E’ una questione di educazione e, poi, giuridica. Mi sembra che su questo si possa convenire tutti.
Dunque, di per sé, l’approvanda regola non sarebbe sbagliata. Ma esistono due problemi, non da poco:
– un blog non ha, di regola, una struttura anche soltanto lontanamente paraganabile a quella di un giornale (la redazione, banalmente) essendo, al contrario, normalmente gestito a livello amatoriale e non in modo continuativo – pertanto, non è facile rispettare i tempi e forme indicate dal testo attuale;
– direttamente con i contenuti dei blog non si fanno certo i milioni (spesso, il blog è una strumento di personal branding, ma questo è un altro discorso) – dunque, le sanzioni sono sproporzionate.
Elementare: visto che un blog non è come un giornale, non può essere trattato allo stesso modo (come, invece, vorrebbe il disegno di legge incriminato).
Ci pensa Roberto Cassinelli che, dopo aver detto la sua pochi giorni fa, propone una versione definitiva di emendamento. Che non piacerà ai più intransigenti della libertà della Rete, ma che trova, secondo me, un buon punto di equilibrio.
Perché negare il diritto alla verità che si esprime con la retifica?

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Sulla definizione di pedopornografia

La Cassazione si è recentemente soffermata su un tema assai delicato che, peraltro, ho trattato in almeno un paio di processi che ho curato: quello della definizione di pedopornografia.
Il nostro legislatore, infatti, ha omesso di fornirla. Nondimeno, non si può prescindere da una definizione giuiridica sufficientemente delineata.
Ecco, c’è quanto scritto nella Decisione Quadro 2004/68/GAI menzionata dalla Suprema Corte.
C’è anche l’occasione per ricordare quanto è vincolante il diritto comunitario, contrariamente a quello che molti giudici italiani continuano a fare.
Questa volta a farne le spese è stato il “fotografo di bambini” di cui si narra in sentenza. Probabilmente non uno stinco di santo, quasi sicuramente vittima di pregiudizio e ignoranza (della legge, beninteso).

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Big Brother Award 2010

Il Progetto Winston Smith, in occasione dell’annuale e-privacy fiorentina, ha assegnato i consueti award: inutile dire che Facebook ha fatto mambassa, peraltro conquistando, per il terzo anni consecutivo, il mitico premio “Lamento del popolo” (maggior numero di nomination negative).
Bel tributo anche a Punto Informatico, anche se – mi sia consentito – rimpiango la vecchia “gestione” di Paolo de Andreis.

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