E’ morto Wright

E’ morto Wright.
Ma Wright chi? Ah, sì, quello lì… il tastierista dei Pink Floyd, Richard Wright from London. E io che pensavo che i Pink Floyd fossero soltanto Waters e Gilmour…
Il primo, “padre-padrone” del gruppo (sino ad un certo punto), sembrava il genio pazzo capace di creare The Wall per ficcarcisi definitivamente dentro (penso sia ancora sperduto in quegli incubi). Ma quella faccia vagamente lombrosiana, specie in gioventù, mi ha sempre fatto un po’ impressione.
Poi c’era Gilmour, l'”immagine”, con quella sua chitarra, con quel modo unico di suonarla anche se Waters ne ha detto peste e corna.
Mason? Non mi ha mai fatto impazzire. A parte la maschia esibizione di bacchette sulla foto di un disco che non ricordo (che sarà costata qualche ettaro di foresta) e quando zompava sul palco a suonar tamburi sospesi, come batterista è sempre stato incolore. Sembrava più un percussionista.
Syd Barret, se non consideriamo che fu tra i fondatori, ce lo ricordiamo più per l’album che gli hanno dedicato. E’ morto anche lui, due anni fa, pazzo, più pazzo di Waters.
E infine Wright, quello che ha scritto The Great Gig in The Sky (che mi viene la lacrimuccia mentre sto ascoltanto sull’iPod i vocalizzi di Clare Torry, di fatto co-autrice), nella definizione di Max Cavassa una sorta di moderno canto del cigno.
E’ morto Wright.
E io sono parecchio arrabbiato.
Primo perché, ultimamente, di fronte alla morte provo più rabbia che tristezza. Che sia la classica ribellione a Dio?
Secondo perché, come un lampo, mi tornano in mente quelle sessioni di ascolto al buio che facevamo con mio fratello e i suoi amici, al limite, con le luci psichedeliche. Io ero l’addetto a “giro del vinile”. Non torneranno e c’è rabbia, non mi va più di essere malinconico.
Terzo perché mio fratello me l’aveva detto di andare con lui a vederli e io me ne sono rimasto a casa, probabilmente a correre dietro a qualche gonnella.
Sì, direi proprio quel concerto di Venezia che tra un po’, suoni e luci, la fanno affondare. Così denunciavano, almeno. Quel concerto dove c’era, tra le prime volte, il maiale volante (da Animals?), quello che tempo fa è proprio volato via, ma poi l’hanno ritrovato, un po’ strapazzato.
Mi sa che anche Wright è volato via, dubito che lo ritroveranno.
E’ morto Wright.
I’m not frightened of dying, anytime will do, I don’t mind… Why should I be frightened of dying? There’s no reason for it, you gotta go sometime“.

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Lettera aperta ad Enzo Mazza

Caro Mazza,
leggo con costanza i tuoi commenti e dissento totalmente. Per usare i termini di altre dispute che avrai letto in giro in questi giorni, mi sembra che tu non voglia capire.
Mi sembri offeso, più della tua FIMI e, nei commenti ad un mio precedente post, non hai risparmiato bordate a destra e a manca (nonché, in altri àmbiti, minacce di querele condite di epiteti tipo “buffoni” rivolti a chi sosteneva, documentandole, tesi imbarazzanti per le major e non solo).
Chi legge può ritrovare tutto QUI, nei commenti ad un mio post. Giudicheranno i lettori.
Io, che non so bene come siano andate le cose (a parte quello che ho letto in giro tipo l’Eco di Bergamo e che ho puntualmente riferito, linkando) anche perchè, da cittadino-suddito, non ho diritto a nulla, dico che:
– se c’è stata una richiesta di blocco ciò non significa reindirizzamento, è lingua italiana, elementare (hai una laurea…);
– che quando la GdF (fonte Eco di Bergamo supra) parla di redirect sul server UK soltanto per un problema tecnico siccome il sito FPM era già stato attaccato da “echer” (virgolettato mio), fa sorridere perché l’affermazione è palesemente un’ingenua confessione che non sposta di un millimetro la questione, anzi l’aggrava (visto che il Giudice aveva ordinato il blocco, non il redirect, giova ribadirlo);
– che affermare “cosa che riteniamo avvenuta secondo le regole e con le garanzie della PG operante” contrasta frontalmente con un “invito-ordine” che parla di blocco e non di redirect, dunque a nulla vale in quanto contraria ai fatti;
– che se, addirittura, parliamo di un ordine, soccorre sempre l’art. 51 c.p. (soccorre per modo di dire, anche per chi esegue l’ordine, vedremo).
Riporto l’articolo del Codice, forse ce n’è bisogno, anche a tuo beneficio che pur vanti innumerevoli incarichi da ausiliario di PG avendo preso parte anche a numerosi procedimenti nella qualità di testimone:
“51 Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere
L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato su la legittimità dell’ordine”.
Ora, dobbiamo verificare alcune cose:
– se si trattasse di ordine o richiesta (che, per la verità, nel secondo caso sarebbe ancora più demenziale);
– se l’ordine fosse legittimo (uhm…. se il decreto dice blocco, il redirect non c’entra molto con la nostra ligua, eh…);
– se l’ordine illegittimo sia stato comunque eseguito per errore di fatto (non errore di diritto che non scusa, ma errore di fatto, vale la pena di differenziare);
– se vi fosse la possibilità di un sindacato.
Mazza, puoi fare quello che vuoi, anche qui. Però, sei pregato di difenderti con argomenti in fatto e in diritto, senza provocare. Perché qui non troverai querelabili.
Noi vogliamo verità e giustizia, con forza.

P.S.: Guarda che quelli che commentano qui non sono ragazzini sprovveduti che voglio piratare tutto… Ti assicuro che ci sono giuristi di un certo calibro…

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Il caso Riolo: un commento

Temo che il caso di Claudio Riolo, condannato, a suo tempo, in Italia per diffamazione e, poi, totalmente riabilitato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non sia notissino.
Su Penale.it ho appena pubblicato un approfondimento di Valeria Falcone.
Farà la gioia degli amici Carlo Felice e Vittorio (che “rischiano” quotidianamente in virtù della loro professione), ma penso che riguardi tutti noi.

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Il Minottino: ultime revisioni della 1.1.0

Volevo aspettare le motivazioni della sentenza contro Carlo Ruta e i conseguenti commenti (ne ho già visti alcuni e so che ne arriveranno altri). Era una cosa molto importante, ne converrete.
Così, visto che ci siamo quasi (fine mese?), se qualcuno avesse suggerimenti, consigli, critiche e anche correzioni, può sempre accomodarsi nei commenti.
La rev. 1.0.0 è sempre scaricabile da QUI (poi sarà sostituita, ovviamente).

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I conti della serva (e qualche riflessione)

Gilioli via Mantellini. Ho aspettato un attimo a riprendere la cosa, speravo vi fossero sviluppi, invece no…
Insomma, pare che la notizia “un ubriaco o fatto su due” nel veronese fosse una patacca. Vediamo le cifre corrette accertate da quelli de L’espresso: 576 fermati, di questi 80 ritenuti “sospetti” e, dunque, da sottoporre a test, 37 positivi. Quindi, gli “irregolari” scendono ben sotto il 10% dei fermati (ed è questo il dato che interessa).
Ma andiamo oltre dicendo qualcosa che non tutti sanno.
I “sospetti” sono coloro che presentano una certa sintomatologia: alito vinoso, difficoltà della favella, difficoltà nel camminare, ecc.
Il problema è che, malgrado alcune recenti riforme, per la legge (come letta dalla giurisprudenza), basta ancora questa sintomatologia, questi riscontri obiettivi non essenso, di fatto, obbligatorio procedere ai test (che, pure, in quell’occasione hanno coscenziosamente fatto).
Il che significa che si ha oltre il 50% di possibilità di essere ingiustamente accusati di guida in stato di ebbrezza (i rimanenti sono storditi di loro).
Ultimamente, le leggi si fanno sempre per colpire i “cattivi” (che è anche giusto), mai per tutelare i “buoni” (che sarebbe altrettanto giusto).

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No al bollino anche per il software (e molto di più)

Ennesima sentenza in tema di contrassegno SIAE, post Schwibbert (quasi non se ne può più, ma serve anche per SIAE che continua a dire pretendere soldi contro la legge perché, sino a nuovo ordine, il contrassegno è fuorilegge) .
Il sunto:
– assoluzione anche per alcune condotte relative al software (non soltanto per gli audiovisivi);
– assoluzione “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”;
– revocabilità (i.e. cancellazione) delle condanne patite per quei fatti.

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Battisti anch’io!

Massì… Battisti era un fascio, Battisti de Il mio canto libero con le braccia alzate che sembravano (ai paranoici) un saluto romano (che l’ha spiegato bene Mogol quanto fosse un’idea quanto meno balzana), Battisti che faceva il personaggio per non apparire e viceversa, Battisti che non sapeva cantare (nessuno ha mai saputo interpretare meglio le sue canzoni – e ho le mie riserve pure sul mitico duetto Mina-Battisti), Battisti che non parlava di politica nella canzoni (si vede che fine hanno fatto certi idioti invasati, spesso musicalmente incapaci eppure sostenuti dai sotto-regimi del tempo), Battisti che ha mollato Mogol (grande rispetto per Mogol, ma Don Giovanni rimane un album splendido, uno dei migliori – anche se sono assoluto credente de La luce dell’Est – dedica), Battisti che era Battisti. E non ce n’è uno uguale.
Finiamola, suvvia. Come finiamola di fare cover come questa raccapricciante di Carla Bruni (c’è veramente da stare male): stonata, afona, senza la minima espressione, pateticamente francesizzata nell’accento, lagnosa, ruffiana.
Basta. Vince Battisti.

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Carlo Ruta, Di Pietro e alcune considerazioni – UPDATED

Anche Antonio Di Pietro (era prevedibile) si unisce alle proteste per la condanna a Carlo Ruta. Dà la colpa alla legge, ma non se la prende col giudice (cosa altrettanto prevedibile) che, sempre con le parole del nostro, “ha dovuto applicare la legge”.
Non è così. Il giudice ha fatto una precisa scelta di interpretare una legge (meglio: un gruppo di leggi) in un certo senso, piuttosto che in quello contrario, perché un minimo di spazio per questa interpretazione c’era. La legge, specie nella sua storia, non è chiarissima. A mio modo di vedere, nel dubbio avrebbe dovuto concludere pro reo.
La sentenza – fatto che non bisogna dimenticare – presenta almeno tre buchi (ratio della l. 62/2001, successione e portata del d.lgs. 70/2003 e periodicità). Il fatto è, però, che questi aspetti saranno oggetto di appello o ricorsi per cassazione nonché delle opinioni in dottrina da rendersi in altri àmbiti (la settimana del 14 dovrebbe uscire qualcosa su Penale.it).
Allora, per il momento, è anche corretto non nasconderci che la legge sia troppo ambigua, dunque meritevole di essere cambiata. Per evitare altri casi Carlo Ruta, un errore giudiziario servito su un piatto d’argento dal legislatore.
In parte, questo è il senso dell’interrogazione dell’on. Giulietti. Ma sarebbe stato meglio farla dopo la motivazione, altrimenti non ha proprio senso…

Aggiornamento del 7 settembre 2008, prima di Gara 1 SBK: Massimo ci ricorda che l’on. Giulietti ha le sue belle responsabilità sulla l. 62/2001… Però, che bella faccia tosta…

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Uno, nessuno e centomila

Oggi Altalex pubblica la pronuncia della Cassazione sul caso di parlamentari tossici.
Ricordo che, in primo grado, i due imputati avevano patteggiato una pena relativamente al reato di cui all’art. 167 TU Privacy, ma avevano, comunque, fatto ricorso. Confidando in una corretta lettura della legge. Ne è sortita una decisione soprendente.
A parte le questioni relative al prelievo (“fraudolento” e “ingannevole”), la Suprema Corte, come riferito nella nota, fa un ragionamento importante. I singoli parlamentari tossici non sono stati identificati (e, comunque, le Iene non ne hanno mai diffuso i nomi), però il danno (l’attribuzione della qualità di “tossico”) riguarda tutti i parlamentari indistintamente e il Parlamento stesso.
Tutti i Parlamentari potevano essere indiscriminatamente sospettati di assumere stupefacenti con la conseguenza che ogni membro del Senato o della Camera dei Deputati, nonché la istituzione parlamentare, ha subito un nocumento alla sua immagine pubblica ed onorabilità“.
Uno o centomila, ma, appunto, anche nessuno.

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Wikijustice

Apprezzabilissimo articolo, per PI, di Gaia Bottà.
E’ un po’ che lo dico: sull’onniscienza di Wikipedia metterei un freno. Non uno stop secco, ma un freno, un po’ tirato. Specie sul giudiziariamente rilevante (e non mi occupo del caso concreto della donna etiope).
Don’t tell anyone: ho personalmente sentito un PM citare Wikipedia (per la definizione di “hacker” parecchio sballata, almeno nella citazione parziale). Ciò a conferma che questa “mania” è, oramai, trasversale.
Ma io raccomando maggiore rigore. Con rispetto per Wikipedia dalla quale attingo spesso. Che, però, quel rigore non ha. E io non la eleggo a Verbo.

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