Il bollino che non c’è

Del futuro del bollino non ho più avuto notizie. Mi risulta che il Governo (e non SIAE, cui non spetta) abbia “notificato” un draft di regolamento (nella forma della bozza di DPCM). Come osservato a suo tempo avallando Guido Scorza, mi sembra inefficace.
Ma SIAE insiste, ovviamente quando ci sono novità a suo favore. Comprensibile, per certi versi: senza il gettito del contrassegno (pochi centesimi ma moltiplicati n volte), l’ente rischia un vero tracollo.
L’ultima novità è rappresentata ad una sentenza della Cassazione (32064/08 III Sezione, depositata il 31 luglio) che, sul valore del bollino, sembra fare un passo indietro rispetto ad una precedente pronuncia.
La sentenza è pubblicata proprio da SIAE. Quale, nel caso interessi, la mia opinione?
Sicuramente, la Suprema Corte sostiene, tra le altre cose, che il bollino è indizio dell’illecita riproduzione. Io, però, non sono d’accordo. Ciò per tre distinti motivi:
– la sentenza della Settima Sezione mi sembra decisamente più rispettosa della giurisprudenza comunitaria, equa e logica; il bollino, cacciato fuori dalla porta, non può rientrare dalla finesta, pur con potenziale ridotto; se il contrassegno non è obbligatorio, non esiste; ciò soprattutto (ma non solo) dopo la pronuncia della Corte UE (perché la più recente Cassazione vorrebbe fissare un principio valido prima, ma anche dopo); Tizio, domani, mette in commercio CD di software, senza bollino proprio perché conosce la giurisprudenza comunitaria e quella di casa nostra; subito arriva la Finanza, gli sequestra tutto e gli comunica che nei suoi confronti sarà avviato un procedimento penale perché la mancanza del bollino è “indizio” di illiceità; vi sembra giusto?
– il contrassegno non è mai stato discrimine tra lecita o illecita riproduzione; piuttosto, il legislatore aveva previsto (ma violando le regole comunitarie che hanno portato alla sentenza Schwibbert) che la semplice mancanza sul supporto portasse all’illegittimità, senza ulteriori accertamenti (scelta scellerata e non soltanto per quanto stabilito in quel di Lussemburgo);
– è la stessa Cassazione che, smentendo quando riferito sopra, ricorda quello che tutti dovrebbero sapere e, cioè, che “la presenza del contrassegno non dimostra in maniera univoca il rispetto della normativa sul diritto d’autore e viceversa la sua mancanza non evidenzia con altrettanta univocità la violazione delle norme sul diritto d’autore”; e soprattutto “il contrassegno viene rilasciato secondo le modalità stabilite nel regolamento approvato  con il D.P.C.M. n. 338 del 2001 in assenza di un esame approfondito circa la titolarità dei diritti da parte di chi ne ha fatto richiesta”.
Ecco, proprio su quest’ultima citazione (ribadisco, fatto notorio), mi domando che senso abbia insistere sulla bontà del contrassegno e sulla necessaria riproposizione dopo la sentenza della Corte di Giustizia. Risposta? Per dare soldi alla SIAE, ovvio. Ma che c’entra con i diritti degli autori visti, poi, i discutibili criteri di ripartizione?
Intanto qualcuno, per non far scappare tutti i buoi, si è inventata l'”obiezione al bollino SIAE”.

 

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What’s net neutrality?

Massimo fa bene a preferire il fare al dire. L’ulteriore considerazione sulle “cose di sinistra” non mi sembra abbia rilevanza se non quella di richiamare, con una vena snob, dicotomie anacronistiche, realmente poco adatte al presente.
Veltroni si accorge del fenomeno social network (che, come vedremo, non c’entra tanto quando si parla del caso Mediaset vs. YouTube) e lo fa, guarda caso, quando il “cattivo” è, sostanzialmente, il suo avversario politico: Mediaset-Berlusconi. Non mi risulta che abbia speso una parola per casi come “Calciolibero” e “GoogleVideo” (per citarne soltanto due): troppo insignificanti i ragazzi di Calciolibero, inopportuno (specie per la sinistra) prendersela coi magistrati peraltro in un caso dove, nominalmente, si tutela un ragazzo un po’ più debole aggredito da quattro scemi di guerra.
Comunque sia, i social network c’entrano poco o, comunque, vengono in ballo in seconda battuta.
Il vero rischio – e non sono il primo a dirlo – è per la network neutrality, ma Veltroni neppure la cita (probabilmente perché non sa cos’è).
QUI la relativa voce su Wikipedia, buon punto di partenza.

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Ride away, happy ‘n’ easy

La luce si diffonde ed io
questo odore di funghi faccio mio
seguendo il mio ricordo verso est

(Lucio Battisti, La luce dell’Est)

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Santa wireless

Non è il mio paesello natio, ma quasi: ci ho vissuto trent’anni, ora sono confinante, ma ci “bazzico” ancora.
Certamente con meno rumore rispetto ad altre iniziative, Santa Margherita Ligure è diventata wireless.
Farò una prova, anche se mi aspettavo una cosa gratuita.

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Scorpione

Io, oggi, ho visto uno scorpione (pure incazzosetto…).
Sondaggio: l’ultima volta che ne avete visto uno? Io (ovviamente prima di oggi) direi 30 e rotti anni fa. Gradito anche il luogo del ritrovamento.
Grazie ad una persona, come al solito…

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Ancora su Google Video…

…per segnalarvi questo breve (ma molto interessante) post di Carlo Felice. Il nocciolo sta nel riferimento a quanto, a suo tempo, riferito da Giornalettismo militante.
Che, contrariamente a quanto (pur comprensibilimente, in astratto) sostiene Guido, potrebbe fondare la tesi del “caso” Google Video.
Vedremo.

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Zingaretti mantiene le promesse?

Forse sì. E malgrado, a suo tempo, mi sia preso i rimbrotti anche di anonimi (che, guarda caso, commentavano da una certa istituzione pubblica…), pubblico volentieri questa notizia freschissima. C’è un piano. Vedremo.

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C’ho quelle fortune

Stamattina ero in giro, per Rapallo, a fare due commissioni. Una importantissima per mia moglie.
Uè, ci hanno bloccato (io ero con lo scooterone, meglio noto come “motorino”) al semaforo, è venuto il verde e ci hanno stoppati. E’ passato Berlusconi, con un largo codazzo, proprio davanti al mio studio. Veniva da Portofino, suppongo.
Son cose. Son stanco, molto, sempre di più. Sagi-Rei, All Around The World (now).

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Tolleranza

Vita vissuta e tolleranza. Efficacissimo quadretto dipinto da Etienne, una mattina in posta.

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Keywords > Convenzione di Budapest

(Attenzione: il presente post è un riassunto/approfondimento di un argomento specifico evidenziato nelle ricerche su motori che hanno condotto qui. Salvo aggiornamenti espliciti, le informazioni vanno collocate alla data del post).

Con la semplice locuzione “Convenzione di Budapest” si intende, normalmente, la Convezione del Consiglio d’Europa “fatta” a Budapest il 23 novembre 2001. Da QUI, proprio sul sito del Consiglio d’Europa (che non è l’Unione Europea, scusate la precisazione), trovate tutto il materiale ufficiale.

Come ogni trattato, i Paesi che lo firmano devono, successivamente, ratificarlo. In Italia, ciò è avvenuto con la legge 18 marzo 2008, n. 48. Per completezza, va detto che vi era stata, in precedenza, una parziale ratifica con la legge 6 febbraio 2006, n. 38 in tema di sfruttamento sessuale dei bambinie pedopornografia via Internet.

Per quanto riguarda la legge di quest’anno (che riguarda gli aspetti relativi ai reati informatici propri, vale a dire commessi “su” – e non “mediante” – sistemi informatici già disciplinati con la l. 547/93, in parte riformata), riassumo brevemente le novità (peraltro, già da tempo in vigore):
– è stata rivista la definizione di “documento informatico” racchiusa nell’art. 491-bis c.p. (introdotto nel 1993) sino a farla coincidere con quella propria del diritto civile e amministrativo (ora, racchiusa nel Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD);
– vista la diffusione della firma elettronica (“legale”), è stato inserito il nuovo art. 495-bis c.p. che sanziona la “Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull’identità o su qualità personali proprie o di altri “;
– l’art. 615-quinques c.p. (in tema di “malware”) è stato ampiamente rimaneggiato; ora sono punite le condotte aventi per oggetto non soltanto i programmi, ma anche le apparecchiature e i dispositivi; inoltre, ora è sanzionata anche la mera detenzione di quanto sopra, ma, a differenza del passato, è necessario lo scopo di danneggiare illecitamente o favorire l’interruzione o l’alterazione di sistemi, [dati, informazioni o programmi] (dolo specifico); insomma, sembra salvo il “traffico” dei predetti a fini di studio e ricerca;
– l’art. 635-bis c.p. (danneggiamento informatico) è una delle disposizione che ha subito i più pesanti interventi; è stato spezzato (anche con l’abrogazione di altre norme) in quattro; 1) 635-bis c.p. riguardate dati, informazioni e programmi  di pertinenza “privata” (e qui la novità è anche la procedibilità a querela, contro quella d’ufficio del testo precedente; 2) 635-ter c.p. relativo a dati, informazioni e programmi utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti ovvero di pubblica utilità e si noti che le relative condotte sono punite anche se soltanto dirette al danneggiamento, senza che sia necessario il verificarsi del danneggiamento stesso; 3) 635-quater c.p. disciplinante i fatti di danneggiamento di sistemi (concetto più ampio e diverso rispetto a dati, informazioni e programmi) di pertinenza privata anche mediante l’introduzione di malware; 4) 635-quinques c.p. stesse condotte dell’articolo precedente, ma riferite a sistemi di pubblica utilità (anche in questo caso basta il “fatto diretto a danneggiare”);
– di nuova introduzione è l’art. 640-quinques c.p. “Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica”; mai capito che pertinenza abbia con i delitti contro il patrimonio (riguardava di più i delitti contro la fede pubblica), ma fa lo stesso;
– e veniamo alle modifiche diverse dal codice penale, per esempio l’aggiunta (conforme alla Convenzione) di certi reati informatici nel d.lgs. 231/2001 in tema di responsabilità degli enti; i nuovi reati che comportano responsabilità (pur diversificata) sono quelli previsti dagli artt. 491-bis (che non è un reato, di per sé, ma mero rinvio-“moltiplicazione”),  615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-quater, 617-quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies, 640-quinquies; malgrado i buoni propositi della Convezione, i reati in tema di dati personali sono stati candidamente omessi;
– ma ci sono anche ritocchi al codice di procedura penale, negli artt.  8 e 9 della legge di ratifica; si tratta della parte più buia perché sebbene si accenni, ad esempio, a mezzi atti ad impedire l’alterazione dei reperti informatici, la violazione di dette cautele non comporta – come si dice in “legalese” – alcuna sanzione processuale (es.: nullità, inutilizzabilità, ecc.); insomma, se pubblico ministero e polizia non fanno le cose per bene il giudice non è tenuto ad invalidare i risultati di indagini compiute in modo tecnicamente non ineccepibile; tutto come prima, dunque, al di là dell’apparente contentino; comunque sia, a ciò fanno eco  estensioni delle possibilità di acquisizioni, ispezioni, perquisizioni e sequestri;
– con l’art. 10 della ratifica sono state introdotte cervellotiche modifiche all’art. 132 T.U. privacy, riguardanti la nota “data retention”; fortunatamente, esse sono state del tutto cancellate da una più recente riforma, di cui ho parlato in questo post;
– l’art. 11 è un altro passo falso; si individua il pubblico ministero competente per alcuni reati informatici (costituendo, di fatto, una “super procura distrettuale anti-cybercrime”), ma ci si dimentica che c’è anche il GIP/GUP; e giù fascicoli avanti e indietro da una città all’altra; una pezza alla cosa è stata posta soltanto successivamente; l’avevo anticipata QUI, poi c’è stata la definitiva conversione del “pacchetto sicurezza”; ora pubblico ministero e GIP/GUP stanno nella medesima sede distrettuale;
– seguono altri due articoli, secondo me non rilevantissimi in tema di cibercriminalità.

Per maggiori approfondimenti, segnalo il lavoro di Aterno, Cuniberti, Gallus e Micozzi, giuristi che hanno cercato di dare il loro contributo alla ratifica di casa nostra. Hanno fatto quel che hanno potuto.

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