Piccoli informatici crescono

C’è che, qualche settimana fa, ho scaricato una distro Ubuntu. Così, per provarmela in pace. Ma non ho mai avuto tempo.
C’è che mio figlio maggiore (dieci anni) stasera ha deciso di approfittare delle funzionalità live.
Se l’è provata, gli è piaciuta, c’ha pasticciato un po’. Mi commuove la sua curiosità.
E non è poco per uno come me che ha pur sempre una cultura umanistica.

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L’Acqua e i 5 Sensi

Meraviglioso (a dir poco) post di Mitì. Da leggere, sensualissimo.

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Pisanutin

Dice che in Russia, a breve, occorrerà un’apposita licenza per utilizzare un dispositivo WiFi che, comunque, dovra essere registrato. Pur senza particolari basi giuridiche. Un po’ con la scusa della gestione dell’etere (cosa che non ha molto senso, considerata la ridotta potenza) ho l’impressione che gli intenti siano identici a quelli del decreto Pisanu che, pure, non aveva osato incidere sulle reti private.
E sono convinto che si andrà sempre di più verso quella direzione.

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Marche e marchette

L’Italia vive di bolli e marche, lo sappiamo tutti. Ma ci sono anche le marchette.
Questa mattina dovevo recuperare delle copie di atti giudiziari ordinati la settimana scorsa. Quattro facciate. Costo dell’operazione, 0,77 euro (le vecchie 1.500), come previsto dal T.U. Spese Giustizia (lo stesso che prevede un importo di 258,23 per la copia di un CD…).
Prima, ovviamente, passo dal tabaccaio per dotarmi della marca per i diritti di copia. Quelle cartacee non esistono più. Con una macchinetta di Lottomatica (tipo quella per la schedina, per i bolli auto, ecc.) il tabaccaio inserisce l’importo ed esce subito una bella marca adesiva.
Domando il taglio da 0,77 (che ho sempre avuto sino a poco tempo fa), ma mi rispondono che il sistema non consente importi sotto 1 euro. Ne prendo atto, non sto a discutere (non è colpa del tabaccaio, di cui mi fido) e penso che 0,23 euro non sia una cifra su cui perdere troppo tempo.
Però: 0,23 euro * n?

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Porcherie intollerabili

“Usa, è legale l’iniezione letale”.

(via Corriere)

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Spirito

Premetto che sono cattolico per modo di dire (mi sono recentemente riavvicinato in occasione della Prima Comunione di mio figlio maggiore), che non sono uno studioso della vita di Padre Pio, che la denuncia alla magistratura non mi sembra la soluzione per affari terreni o ultraterreni, scopro di non essere l’unico ad avere perplessità su macrabe riesumazioni che mi sembrano avere poco a che fare con la fede cattolica, almeno per come ce l’hanno sempre insegnata.
Mi accodo a Claudio Magris (sul Corriere), umilmente ma con totale condivisione.

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Ri-cercasi praticante avvocato

Dopo un precedente annuncio senza esiti positivi, mi vedo ricostretto ad approfittare di questo spazio.
Cerco un praticante, ne ho proprio bisogno.
Ecco le condizioni, rigide ove non meglio specificato:
– abilitazione al patrocinio (che posso anche aspettare un po’, prima che il collaboratore la acquisisca; di certo, però, non cerco una persona già avvocato);
– preparazione “normale”; non pretendo un genio, ma neppure voglio uno che ha studiato diritto per farsi chiamare “dottore”;
– e voglia di fare, ovviamente; un giusto mix tra curiosità, intraprendenza, voglia di far crescere me (inteso come studio) e se stesso;
– viste le mie competenze, conoscenze informatiche superiori alla media (astenersi patente europea…);
– residente nel Tigullio (perché sarebbe impiegato in zona e altrove; vedi punto successivo);
– patente e auto proprio; con questo lavoro, si viaggia.
Offro uno studio, pratiche interessanti e retribuzione proporzionale all’impegno.

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QuasiCamp meneghino

Leggo e rilancio: il 25 aprile, aperitivo/cena per blogger, a Milano.

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Coincidenze? – UPDATED

Giustamente Guido va oltre, sul bollino SIAE. E parla di rimborsi. Io ammetto la mia ignoranza circa la fattibilità della cosa. Era una cosa che avevo pensato anch’io, ma, appunto, mi sono fermato per ignoranza.
Nell’immediato, però, mi fa parecchio incavolare (ma no… lo trovo patetico…) l’atteggiamento di SIAE.
Le decisioni della Cassazione sono state pubblicate, sul sito della Corte, l”11 aprile (e il dispositivo era già noto i primi di febbraio). Pochissimi, ad oggi, hanno divulgato la notizia.
Difficile, allora, non pensare male quando proprio l’11 aprile la SIAE se ne esce con una notizia sfornata evidentemente ad arte e mantenuta in prima pagina sino, almeno, a questo momento. Mi riferisco alla sentenza di Palermo già citata in altro post.
Può succedere, ma quel giudice ha sbagliato. Come attenuante, si può ricordare che ha sentenzato prima della recente Cassazione.
La cosa grave è che la SIAE continua a raccontare bugie, a minacciare sanzioni penali nel silenzio di tutti.
Questo post è un invito alla ribellione e a diffondere la notizia, il più possibile.
Il contrassegno SIAE su supporti audiovisivi, software e banche dati già per effetto della sentenza di Lussemburgo non è obbligatorio. Chi vi chiede di apporlo, a pagamento, vi imbroglia, vi ruba i soldi.

Aggiornamento delle 14.17, stesso giorno: la notizia sulla sentenza palermitana non è più in prima pagina, ma rimame pubblicata, come sempre presenti sono le minacce di sanzioni penali.

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Bollino e Cassazione: un’importante precisazione

Sto leggendo un po’ di reazioni sulla vicenda del bollino SIAE, definitivamente bocciato dalla Cassazione Penale.
Ho trovato questo breve articolo di BitCity che fa bene a fare una precisazione:

La stessa sentenza però prosegue dichiarando anche che : “in ordine ai reati aventi invece ad oggetto supporti illecitamente duplicati o riprodotti, e che non prevedono come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno (come il reato ex art. 171 ter, comma primo, lett. c), gli stessi restano punibili; in tal caso, tuttavia, la mancanza del contrassegno può conservare valore indiziario, necessitando perciò del conforto di altri elementi, circa la illecita duplicazione o riproduzione”.

Mi permetto di precisare la precisazione. Lo stroncamento del bollino ha ricadute esclusivamente sulle fattispecie che ruotano intorno allo stesso. Non ha alcun riflesso, ad esempio, quando è stata contestata l’illecita duplicazione.
Il fatto è che un legislatore stupido ha privilegiato, come ho scritto per PI, l’aspetto formale (il contrassegno) e non quello sostanziale (l’abusività). Dunque, anche se un giudice dovesse avere la certezza della copia illecita (effettuata da altri diversi dal detentore del supporto), non potrebbe condannare per un fatto-reato che si fonda, invece, sul contrassegno.
La Cassazione, con quel chiarimento, voleva riferirsi, tra le altre ipotesi, alla lett. c) dell’art. 171-ter l.d.a. comma 1, non alla lettera d) della stessa norma (che, sul punto, ha infatti puntualmente determinato l’annullamento della condanna).

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