(da neXtquotidiano del 20 luglio 2015)
Della vicenda Hacking Team si è scritto veramente molto, sondando quasi tutti gli aspetti critici: sicurezza informatica, terrorismo, spionaggio, concorrenza, ecc. C’è un tema, però, che non mi sembra sia stato trattato adeguatamente. Tendiamo a credere che i clienti dell società milanese fossero soltanto Stati, magari anche ostili, ma non è così. Perché, pur senza gradi proclami, sono state scoperte fatture emesse a Carabinieri, Polizia Postale e GICO (Guardia di Finanza).
Ma è chiaro che difficilmente queste Forze dell’Ordine, che svolgono attività anche di polizia giudiziaria, agiscono d’iniziativa, specie intercettando (perché è di intercettazioni che parliamo). Mi sembra che nessuno abbia scritto o pronunciato la parolina magica: Magistratura. Che gli inquirenti chiedano sempre maggiori strumenti per accertare e perseguire reati è un dato di fatto. A tale proposito, mi sembra si possano possano menzionare due episodi recenti, passati un po’ in sordina, ma, secondo me, assai significativi, specie se letti insieme alle notizie concernenti Hacking Team.
La seconda notizia risale al mese scorso. Il 26 giugno la VI sezione penale della Cassazione deposita le motivazioni della sentenza 27100/2015 in tema di “virus/trojan di Stato” o “captatori informatici”. La sentenza, al di là delle raffinatezze giuridiche, dimostra che gli inquirenti hanno utilizzato strumenti illegali, vietati dalla legge, dalla Costituzione e delle norme sovranazionali, per spiare i cittadini. Con una piccola app installata sullo smartphone si è potuto prendere il completo controllo dell’apparecchio, spiando i cittadini ben al di là delle regole poste a regola delle intercettazioni. Sorge oggi il lecito sospetto che quegli strumenti fossero forniti proprio da società come Hacking Team (o simili) per il tramite delle Forze dell’Ordine cui è stata emessa fattura. La guardia contro gli abusi investigativi non deve essere abbassata, neppure quando passano per un apparentemente innocuo emendamento.