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Tag Archives: AGCOM
533.958,88 Euro
Marco Pierani ci fa notare che il regolamento AGCOM sulla tutela del diritto d’autore pur non essendo ancora in vigore, ci costa già oltre mezzo milione di euro, per la precisione la cifra di cui al titolo.
Potrebbe piovere
Pare che i giorni appena trascorsi qui nel Belpaese siano stati i peggiori di sempre per il digitale, per l’innovazione in genere.. Vediamo un po’, giusto come promemoria.
L’AGCOM (Autoritâ Garante per le Garanzie nelle Comunicazioni) si approva un regolamento, secondo molti illegittimo, per “tutelare” il diritto d’autore con una procedura, anche in versione abbreviata, che non trova eguali in nessun altro settore e, guarda caso, a palese favore delle major.
La SIAE e’ una voragine ed ha sempre bisogno di soldi. Cosi’ vuole aumentare l’equo compenso per la copia privata, sempre anche a prescindere che sul supporto siano memorizzate o meno opere protette. L’aumento e’ passato in sede di discussione, ma c’e’ da scommettere che diverra’ legge.
Il Governo, invece, vuole incentivare il mercato dei libri. Soltanto quelli cartacei, pero’. Gli ebook restano fuori. Ed io che mi sto apprestando a lanciare una collana di ebook giuridici…
Sempre in pista di lancio, non ancora legge, tal On. Francesco Boccia, in quota PD, riesce, finalmente, a far passare un emendamento volto ad introdurre la “Google tax”. Visto che Big G (e non solo) fanno un sacco di soldi coi clienti italiani, allora obblighiamo queste imprese a dotarsi di partita IVA tricolore se vogliono vendere anche a noi. Cosi’ faremo cassa. Salvo renderci ridicoli, come giustamente affermato da molti, e metterci un attimino in imbarazzo negli accordi di libera circolazione di beni e servizi.
Ma non erano quelli dell’Agenda Digitale?
Giornalettismo > Regolamento Agcom: perché i diritti d’autore non si difendono violando la legge
(da Giornalettismo del 15 dicembre 2013)
Con il nuovo regolamento AGCOM sulla “tutela” del diritto d’autore la Rete non sarà più la stessa: sarà più controllata, meno liberà, più in mano ad un’autorità amministrativa piuttosto che all’autorità giudiziaria.
Il comunicato stampa dell’Authority è, per la verità, totalmente rassicurante. E, d’altro canto, viste le polemiche dei mesi scorsi, non poteva essere altrimenti.
Vi si afferma che il regolamento è stato approvato all’unanimità, che sono stati consultati tutti i “soggetti interessati”, che c’è stata interlocuzione con la Commissione Europea.
Si sostiene anche che le nuove regole vorrebbero colpire non già l’utente finale, ma le violazioni “massive”, soprattutto, infine, che non rappresentano un limite alla libertà della Rete.
In realtà non è perfettamente così, sono molti a dissentire, in prima fola consumatori e provider, “soggetti interessati” che non hanno avuto la benché minima soddisfazione avanzando le proprie istanze.
Facciamo qualche approfondimento.
Il regolamento, nel suo nocciolo, prevede una spiccia procedura di “notice and takedown”, vale a dire di segnalazione e rimozione di contenuti diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore.
I “rimedi” approntati possono arrivare sino alla “disabilitazione” del sito, financo straniero, che pubblica, anche per mano di soggetti diversi dal titolare, contenuti ritenuti illegali.
In verità, però, non è ben chiaro quale sia la fonte normativa posta alla base del potere regolamentare di AGCOM in materia di diritto d’autore.
E’ una questione fondamentale cui si è cercato di di rispondere con un generico riferimento al decreto legislativo 70/2003 su commercio elettronico, che, però, molti hanno criticato, sin da subito.
L’Authority, comunque, ha sempre sostenuto che i soggetti tenuti all’eventuale rimozione sarebbero stati soltanto i provider, ma il regolamento non prevede tale limitazione; sicché la cosa riguarda veramente tutti, anche l’ultimo titolare di un account su un comune social network.
Ciò fa perfettamente comprendere che se già la posizione dei provider, costretti, loro malgrado, a trasformarsi in veri e propri sceriffi della Rete, è assai gravosa, il peso si tale ruolo è ancora più insopportabile per gli utenti non professionali.
Incidentalmente, non pochi hanno trovato un po’ risibile un ordine di rimozione dell’Autorità inviato ad un soggetto straniero.
Al di là di tali incongruenze, il regolamento prevede qualcosa di ancora più inquietante: una procedura “abbreviata” che è, ovviamente, anche meno garantita.
Sicché si svela il reale scopo del regolamento, vale a dire quello di offrire un’iniqua scorciatoia alle major che, ora, possono rivolgersi ad una semplice autorità amministrativa evitando il ricorso all’autorità giudiziaria, l’unico soggetto realmente in grado di garantire giustizia.
E’ esattamente questo il punto: sebbene la possibilità di un ricorso giurisdizionale non venga meno, i titolari dei diritti avranno, dall’entrata in vigore del regolamento (31 marzo 2014), la possibilità di godere di questa facile scorciatoia che non è prevista per nessun’altra categoria. Alla faccia dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Giornalettismo > Il copyright e i poteri forti della Rete
(da Giornalettismo del 23 marzo 2012)
Un amico mi ha detto che questo editoriale è equilibrato. In realtà, a me sembra un po’ dai toni accesi, quelli di una volta. Un po’ “sopra le righe”, come una volta ho detto di un altro che se l’è pure presa, il permalosone.
:.:.:
L’anno scorso, d’improvviso, l’AgCom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha affermato di voler redigere un regolamento per la risoluzione delle diatribe sul diritto d’autore online.
L’idea non era piaciuta per il timore che tra i poteri che l’Autorità sembrava volersi attribuire vi fosse anche quello di ordinare l’oscuramento dei siti sospettati di violazioni della proprietà intellettuale. Col sospetto, peraltro, che ciò potesse costituire una scusa per un intervento in realtà meramente censorio.
Insomma, secondo alcuni il solito tentativo di imbavagliare la Rete con uno strumento dall’apparenza legale e, fatto altrettanto grave, bypassando la magistratura.
Personalmente, non ho mai avallato questa tesi un po’ paranoica, ma qualche rischio ci poteva essere. Il perché lo capiremo alla fine dell’articolo.
Fatto sta che, malgrado il sorprendente parere favorevole del costituzionalista (ed ex giudice costituzionale) Valerio Onida, e dopo una “proposta” molto soft di regolamento, il presidente AgCom, Corrado Calabrò, è andato in commissione parlamentare a riferire che non hanno potere regolamentare. Che ci pensi, allora, il legislatore.
Come mai questo clamoroso “revirement”?
Prova a spiegarlo Edoardo Segantini in un editoriale che è il vero bersaglio di queste mie riflessioni: “Poi però Calabrò deve aver avuto paura di mettersi contro la parte del «popolo della rete» più insofferente a qualsiasi limitazione, che trova nei big dell’economia digitale potenti alleati e in Parlamento ascoltatori sensibili”.
Queste e altre amenità qualunquiste contenute nel pezzo in commento, dimostrano, in realtà, sia un interesse di parte (comprensibile, rispettabile, ma non lo eleviamo ad interesse universale), sia un marcato misoneismo che, peraltro, si svela nella vacua locuzione “popolo della rete” (comunque, con le mie fortissime perplessità sull’uso del minuscolo, forse voluto).
Non è la prima volta che Segantini si occupa di temi tecnologici. Ha trattato di social network, banda larga, neutralità della Rete, spesso con curiosità, competenza ed equidistanza, va detto.
Che succede, ora? Credo che dietro ci sia il misoneismo di cui dicevo, forse il voler essere rassicurante come una Rete 4, magari anche una giornata storta: succede.
E c’è soprattutto la partigianeria di chi non vuole adattarsi al mondo che cambia sopra ogni singolo. Sì, perché i “poteri forti” non sono certo le “potenti organizzazioni offshore” – quasi un complottismo occulto – ma, piuttosto, certe note concentrazioni capitaliste – e “tradizionali”, nel senso weberiano – che si arrogano il diritto di pilotare il sapere.
Fermo restando che una semplice authority – peraltro costituita nei modi che anche Segantini dimostra di conoscere perfettamente – non può certo assurgere ad arbitro di un medium – la Rete – che è senza dubbio il veicolo più libero che si conosca: salvo l’intervento dell’autorità, appunto.
Nobili cause, pessimi argomenti
In concreto: se un blogger (che tragga anche un minuscolo introito grazie al suo sito, magari grazie agli adsense di Google) pubblica nel suo sito uno spezzone di un articolo di giornale, di una trasmissione tv o di un brano musicale, rischia di dover scegliere tra una lunga e costosa controversia da dirimere davanti all’Agcom o, semplicemente, l’autocensura.
Questo è il lapidario parere di Alessandro Gilioli, che si può leggere sul suo blog su l’Espresso online. In realtà, si tratta di un’affermazione profondamente sbagliata.
Premetto che la mia contrarietà alle regole volute da AGCOM è nota e ben più articolata (QUI e QUI).
Detto ciò, bisogna riconoscere che lo stesso schema di regolamento menziona le eccezioni alla riproduzione riservata (eccezioni che, comunque, avrebbero operato comunque, pure in assenza del richiamo). Parlo dell’art. 70 l. 633/41 e ne cito i primi due commi:
1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.
. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.
La presenza di avvisi pubblicitari sul blog, in quanto generanti “lucro”, potrebbe in effetti impedire l’operatività del comma 1-bis, ma il comma 1 sarebbe comunque pienamente applicabile perché i fini concorrenziali sono chiaramente estranei all’attività dei blogger. Idem per quanto riguarda il fine “commerciale” che non è semplicemente introitare delle piccole somme per gli ads.
E ci sarebbe anche l’art. 65, per dirla tutta.
Nessun rischio concreto di controversia, dunque, perché il diritto di riproduzione è, a certe semplici condizioni, già concesso dalla legge e i giornalisti, che ne beneficiano quotidianamente, lo sanno benissimo.
Poi, è chiaro che al mondo ci sono anche quelli dalla causa facile, ma si tratta di fenomeni patologici che possono interessare gli psichiatri, non di argomenti seri per opporsi ad una norma.
Fermo resta, peraltro, che la diffusione telematica di opere al di là delle eccezioni di cui sopra oggi è già reato, AGCOM o no, e anche in assenza di lucro: art. 171 lett. a-bis) l.d.a. A maggior ragione se il lucro c’è: art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis).
Ben venga, allora, il contenzioso davanti all’AGCOM?
La montagna e il topolino (autopromozione)
Non mi ero accorto che Guida al Diritto aveva pubblicato un mio pezzo – che, in realtà, avevo consegnato con un po’ di ritardo – sull’ultima delibera AGCOM in tema di diritto d’autore (quella riguardante lo schema di regolamento sul diritto d’autore online).
La segnalo ora, spero di aver scritto qualcosa di nuovo e che possa contribuire alla discussione.
Posted in Diritti digitali, Diritto d'autore
Tagged AGCOM, notice and takedown, sito non raggiungibile
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Tirarsela
Ma chi si credono di essere ad AGCOM?
CONSIDERATO che, in materia di tutela del diritto d’autore, l’Autorità ha visto accrescere progressivamente il proprio ruolo grazie a interventi del legislatore che poggiano su tre pilastri normativi ben identificati.
Da QUI, pag. 2 in fondo.
Perfect day (e autopromozione)
E’ arrivato il giorno fatidico, quello in cui l’AGCOM delibererà l’abusivo regolamento sul diritto d’autore online (e non).
Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito ci informa, peraltro, che Milano Finanza ha anticipato alcuni punti della bozza oggi in discussione. E ci sono non poche sorprese, ovviamente non bellissime.
Anche SIAE ha scelto il giorno giusto e ha visto bene di spendere i soldi degli associati per pubblicare, su alcuni quotidiani cartacei, un inutile avviso a pagamento a strenua e sgangherata difesa del provvedimento AGCOM. E’ consultabile anche sul sito SIAE.
Interessanti le firme (artisti ed enti) in calce: alla fine stanno sempre dalla parte dei propri milionari interessi.
Infine, un po’ di autopromozione: un mio articoletto su Guida al Diritto online col quale cerco di spiegare gli aspetti giuridici della questione, concludendo – lo dico sin d’ora – per l’insussistenza di un potere regolamentare in materia.
Essere e sembrare
L’AGCOM fonda il proprio (insussistente) potere regolamentare su alcuni “sembra”
La competenza dell’Autorità in materia di copyright non sembra soffrire sensibili limitazioni dall’esclusione operata dall’art. 2, comma 1, lettera a) per i “i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da privati ai fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità d’interesse”. La ratio di tale esclusione sembra decisamente infatti quella di salvaguardare una delle principali caratteristiche della rete internet, vale a dire quella di fungere da straordinario veicolo di scambio dei file “generati da privati”.
La fonte QUI, pag. 6
Oscuramenti amministrativi
Oggi, 45 deputati, di assortimento bipartisan, hanno presentato, primo firmatario l’On. Roberto Cassinelli, un’interpellanza per evitare che un’Authority (la AGCOM, nella fattispecie) faccia il bello e il cattivo tempo ordinando di oscurare siti di presunto contenuto illegale sotto il profilo del diritto d’autore.
Va detto che l’interpellanza è figlia di un’iniziativa promossa da Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assonet-Confesercenti, Assoprovider-Confcommercio e Studio Legale Sarzana, che ha già raccolto oltre 3.500 firme.
In effetti, conferire certi poteri ad un’Authority, senza passare, in prima battuta, dall’Autorità Giudiziaria, è una discreta sciocchezza (e ho evitato il francesismo…).