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Tag Archives: bill of rights
Internet non è un luogo
1.RICONOSCIMENTO E GARANZIA DEI DIRITTI
Sono garantiti in “piccione viaggiatore” i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi.
Tali diritti devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione del “piccione viaggiatore”.
Il riconoscimento dei diritti in “piccione viaggiatore” deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i principi in base ai quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.
Quello riportato sopra (con alcune modifiche di cui dirò) è il primo articolo della bozza della Carta dei diritti in Internet fortemente voluta da Stefano Rodotà e Laura Boldrini, sottoposta in questi giorni a consultazione pubblica.
Visto che in Commissione ho un paio di amici stretti e con un altro lo siamo un po’ meno, vorrei dire la mia, magari mi ascoltano.
Un approccio sbagliato.
Internet non è un luogo, ma un mezzo, come lo sono il telefono, il fax, financo il piccione viaggiatore che ho voluto, provocatoriamente, sostituire ai termini “Internet” e “Rete”.
Considerarlo luogo, utilizzando il termine “in”, temo sia soltanto un sofisma, ad essere buoni mera suggestione, col sospetto della demagogia.
Nessuno si sognerebbe mai di definire luogo un piccione viaggiatore o un fax.
Internet, per essendo un mezzo straordinario (il più straordinario, al momento), è, appunto, soltanto un mezzo tra i mezzi.
Incidentalmente ricordo che identificare Internet come un luogo o un’entità a sé (es.: “il popolo di Internet”) o come un “mondo virtuale” (laddove il mondo telematico è “realissimo”) era prerogativa dei soggetti “infolesi” (certi politici e certi comunicatori che amano riempirsi la bocca di termini e concetti sconosciuti).
Ora, molto tristemente, devo constatare che, invece di rientrare, questa tendenza, questo profondo errore concettuale, malgrado l’affermarsi di una certa cultura digitale, si sta espandendo. E temo che questa “Carta”, che nel suo preambolo inizia a parlare ambiguamente di “spazio”, sia una prova inconfutabile.
Persino la Cassazione, recentemente, ha parlato di Facebook (sic) come “luogo”. Ed io lo trovo molto preoccupante (come preoccupa Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani).
Questa tendenza va fermata prima che porti a conseguenze irrimediabili.
Un lavoro inutile.
Tutti i diritti che sono menzionati nella Dichiarazione sono, in realtà, già riconosciuti nella nostra Costituzione, nelle nostra legislazione ordinaria. E così nelle leggi di tanti paesi.
Per cui, proprio non capisco la necessità di mettere in piedi tutta questa macchina che appare un esecrabile spreco di risorse, non soltanto economiche.
neXt > Perché la Carta dei diritti Internet non serve a niente
In queste ultime ore è stata approvata una prima bozza della Carta dei diritti di Internet. Si tratta di un’iniziativa fortemente voluta, in particolare, dal Presidente Boldrini e da Stefano Rodotà.
Non si intende mettere in dubbio la necessità di una Rete libera, tanto meno la buona fede dei proponenti. L’iniziativa, però, presta il fianco a tre critiche a mio modo di vedere non banali, non facilmente superabili.
Nessun organo costituzionale, in particolare legislativo, ha delegato tale attività che aspira a regolare qualcosa, per cui sarebbe particolarmente lecito dire “non in mio nome”.
Le regole (cogenti) per Internet esistono già (es.: dati personali, commercio elettronico, tutela del consumatore, ecc.) e, molto spesso, sono di origini comunitaria, dunque tendenzialmente uniformi almeno in ambito UE.
Con la Carta si pretende di normare un mero “mezzo” (Internet non è un “luogo”), per di più con aspirazioni da legislatore planetario, cercando di imporre le proprie regole ad altri Paesi, muovendo da un Paese ad istituzioni sovranazionali, laddove dovrebbe accadere il contrario.
Allora, non sarebbe meglio evitare anche gli sprechi di commissioni inutili e promuovere fattivamente, senza alcuna pretesa di dettar legge, le libertà fondamentali che prescindono dai mezzi di comunicazione?
Posted in Diritti digitali, neXt
Tagged bill of rights, carta dei diritti di internet, Laura Boldrini, stefano rodotà
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Due o tre cose che vorrei dire sulla Costituzione di Internet
Il tema non è certo nuovo, ma ha ripreso attualità. Lunedì scorso, il 16 giugno, a Montecitorio si è tenuto un convegno sul tema e dal titolo “Verso una Costituzione per Internet”?
Speaker di eccellenza, non necessariamente competenti: Stefano Rodotà, Laura Boldrini e Antonello Soro.
Ecco le mie osservazioni.
1) Premetto che, in linea di massima, anch’io sono contrario a normare la Rete. L’ansia dei legislatori misoneisti è qualcosa che mi ha sempre un po’ spaventato, come se fosse psicopatologica.
Sono sempre stato contrario a questo tipo di regole, sin da quando si voleva introdurre il “diritto ad Internet” nella nostra Costituzione con un curioso art. 21 bis.
Più che temere vincoli, credo che la nostra Costituzione vada già benissimo, almeno su questo punto, e non è proprio il caso di inspessirla con nuove regolette, inutili.
2) Invece, c’è chi, al di là di questo genere di considerazioni, teme comunque le regole credendo che essere limiterebbero inevitabilmente le libertà. E sono tanti, anche perché la Presidente Boldrini ha proprio sbagliato tema, utilizzando termini e figure un po’ preoccupanti.
3) Per quello che ho letto in giro, infatti, i vari speaker hanno parlato di regole e Internet in modo molto diverso. Boldrini e Soro hanno proposto regole alla Rete, confermando, come detto, i timori dei sullodati fobici.
4) Rodotà, invece, ha trovato, già anni fa, la parolina magica che, paradossalmente, rende meglio di quella utilizzata nel titolo del convegno (“Costituzione”). La parolina – in realtà una locuzione – è “Bill of Rights” che, a chi ha compiuto studi giuridici preferibilmente comparatistici, ricorderà più che la Costituzione britannica, una parte (i primi 10) emendamenti alla Costituzione degli Stati Uniti. Tipo il primo, dove è consacrata la “freedom to speech”, la “libertà di parola”, mica poco…
5) Si capisce, allora, che le suddette fobie sono un po’ fuori luogo almeno sulla posizione Rodotà che, peraltro, non è certo l’ultimo arrivato (e, giustamente, ricorda che, al momento, le regole le fa il mercato in modo non proprio democratico).
6) Tuttavia, non sono d’accordo ad introdurre una Costituzione di Internet. Come detto sopra, non serve.
A me la cosa sembra tanto semplice…