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Rigoristi

L’art. 660 c.p., che punisce le “molestie”, fa così:

Molestia o disturbo alle persone.

Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.

Ci si è spesso chiesti, allora, se mediante i servizi telematici, in particolare quello di posta elettronica, si possa commettere questo reato. Perché, a ben vedere, Internet non è un “luogo” e neppure un “telefono”.

L’anno scorso, la Cassazione si era già pronunciata sul punto, optando per la soluzione negativa, in sostanza osservando che il telefono è comunicazione “sincrona”, mentre l’email è “asincrona” (ma la posta push?). Sicché, soltanto il primo può realmente “disturbare” e non la seconda.

Quest’anno, la Suprema Corte si è ripetuta in questa scelta, con argomenti simili, affondando, però, il colpo con un passaggio che ha sconvolto non soltanto me (il grassetto è mio)

In definitiva il principio rigoroso della tipicità, espressione delle ragioni di stretta legalità che devono presiedere all’interpretazione della legge penale, nella specie l’art. 660 c.p., impone che al termine telefono, espressivo dell’instrumentum della contravvenzione de qua, venga equiparato qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di frequenza, di voci e di suoni imposti al destinatario, senza possibilità per lui di sottrarsi alla immediata interazione con il mittente.

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Molestie e Internet

Nell’era dello stalking, finalmente qualcuno (la Cassazione) si accorge che la legge non è tanto aggiornata con la tecnologia…
Su penale.it, da leggere.
P.S.: Che lo dicevo dieci anni fa o poco meno, contro autorevolissimi Autori i quali sostenevano che siccome Internet viaggiava su doppino, allora era il telefono di cui alla norma incriminatrice.
Art. 660 Molestia o disturbo alle persone
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda
fino a lire un milione.

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