La notizia.
La smentita.
Potrei fermarmi qui anche ricordando che il mondo è pieno di allarmisti, ma vale la pena di fare qualche approfondimento.
Cominciamo col dire che la “notizia” è che la nostra Polizia Postale avrebbe stretto con Facebook un patto segreto per spiare tutti gli utenti del social network più popolare: “Un patto segreto con il social network. Che consente alle forze dell’ordine di entrare arbitrariamente e senza mandato della magistratura in tutti i profili degli utenti italiani “.
Il patto è tanto segreto che i segugi de L’Espresso l’hanno scoperto subito, nei minimi dettagli.
Se, poi, anche l’indignato Alessandro Gilioli conferma il tutto “sulla fiducia”, allora la notizia è vera, al di là di ogni ragionevole dubbio. Sì, perché come dice Gilioli, le fonti del suo collega sono “certe e affidabili“. Mi piacerebbe conoscere le fonti. La Polizia stessa citata nel primo articolo? Mah…
Tutto può essere, ovvio, ma fermiamoci, almeno in prima battuta, al verosimile. Altrimenti, rischiamo di produrre bufale.
Se fosse vero quanto raccontato da L’Espresso, ci troveremmo di fronte a gravissime violazioni di certa rilevanza penale. E tutta questa mega porcheria uscirebbe fuori così, subito dopo e con inusuale “naturalezza”?
Quelli di Facebook non sono dei cretini. Anzitutto, non ucciderebbero così il proprio business “vendendo” i propri utenti.
Per giunta, non vedo cosa abbiano da temere tanto da scendere a pesanti patti, senza essere accusati di alcunché, con una polizia straniera.
E, in effetti, alla fine i vertici della Polizia Postale la spiegano molto diversa, smentendo la notizia. Tendo a credere a quest’ultima versione, quella di una semplice collaborazione, quanto meno per verosimiglianza.
Così, anche L’Espresso pubblica la smentita dalla Polizia, ma insiste sulla veridicità della notizia. Misteriosamente, però, scompare ogni riferimento a quella “arbitraria” intrusione nei singoli profili, mentre si parla di “osservazioni”, cosa ben diversa.
E, d’altro canto, l’esistenza di infiltrati in ambienti potenzialmente criminali, non è certo da considerarsi “indagine illegale”.
Insomma, la risposta de L’Espresso appare parecchio elusiva del nocciolo della questione, cioè la reale messa in pericolo delle libertà dei singoli pur di fronte ad esigenze investigative.
Aggiornamento di poco dopo: leggo che anche il senatore PD Vincenzo Maria Vita ha commentato la cosa. Preferirei omettere giudizi sulla “frettolosità” dell’intervista e l’occasione tutta politica, per nulla tecnica. Osservo, comunque, che anche il parlamentare si rende conto che Facebook avrebbe fatto un clamoroso autogoal, ma non ne trae le dovute conseguenze in punto verosimiglianza della notizia.
Conclusione: un altro che parla di Internet con intenti politici, ma senza conoscere molto l’argomento.
L’incontro di Palo Alto era talmente segreto che è stato strombazzato tre settimane fa dal sito stesso della Polizia di Stato, “occultato” 😉 nei comunicati stampa: http://poliziadistato.it/articolo/20052-Intenet_sicurezza_su_facebook_incontro_Polizia_Postale_e_dirigenti_social_network
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