Gianluca Navarrini ha commentato la notizia della riforma dell’art. 65 lda traendo spunto da quanto riportato su PI.
Non certo perche’ ha definito la mia soluzione come “semplicistica” (non mi sono offeso, siamo amici), ma devo dire che non sono d’accordo con tutto quello che sostiene.
Sebbene questo blog non abbia pretese scientifiche (ecco perche’ le mie considerazioni possono apparire semplicistiche – e forse lo sono anche), provo ad approfondire.
L’art. 65 lda (nel suo testo attuale – perche’ il Collegato e’ in vigore dall’altro ieri ed e’ il decreto-legge 262/2006) regola, anzitutto, le cd. “rassegne stampa” (e ne esistono di diverse tipologie), precisamente al comma 1 (Gianluca indica il terzo, ma, probabilmente, si tratta di un refuso o qualcosa del genere).
Vediamo, schematicamente, cosa, dove e a che condizioni si puo’ riprodurre e comunciare.
Cosa
– articoli di attualita’ di carattere economico, politico e religioso;
– pubblicati nelle riviste o nei giornali oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico;
– altri materiali dello stesso carattere;
Dove
– in altre riviste o giornali;
A condizione che
– la riproduzione non sia espressamente riservata;
– si indichino la fonte, la data e il nome dell’autore, se riportato.
Il nuovo comma 2, quello incriminato e che indica quando pagare la riproduzione, non e’ perfettamente sovrapponibile al comma 1.
E, infatti, a parte il fatto che riguarda soltanto la riproduzione (e non la comunicazione):
Cosa
– riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali;
Come
– con qualsiasi mezzo.
Esenti
– le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dellarticolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
In buona sostanza, contrariamente a Gianluca non penso che questo nuovo comma si applichi a tutte (e soltanto a) le ipotesi di cui al comma 1. E mi spiego meglio, scusandomi per l’inevitabile legalese.
Stamattina ho sentito Giovanni D’Ammassa (che di diritto d’autore ne sa infinitamente piu’ di me) e, illuminato, ho tratto queste conseguenze.
In primis, questo nuovo compenso e’ “gemello” dell’equo compenso previsto per supporti come CD, DVD e apparecchi di riproduzione (masterizzatori, player, ecc.) e per le fotocopie. Tutto discende dall’art. 5 della Direttiva 29/2001/CE. Cosi’, non c’e’ da prendersela con questo o quel Governo.
Se, poi, si vuol riprodurre qualcosa ci si deve limitare a quello che dice il comma 1 dell’art. 65 lda: non ci piove e, da oggi, bisogna pagare. Comunque, occorrerebbe pagare anche quando la riproduzione avviene in ambiti diversi da riviste e giornali (in effetti, certe rassegne stampa – es.: quelle “aziendali” – non lo sono). Lo deduco perche’ il comma 2 (sul compenso) non rinnova questa precisazione (“riviste o giornali”, scusate la ripetizione) riferendosi semplicemente alle riproduzioni. Dunque, il titolare di un blog (che non sia possibile definire come rivista o giornale) potrebbe trovarsi a dover pagare il compenso.
Pero’, pero’, pero’… Io ho messo il condizionale perche’, sfogliando Dirittodautore.it (diretto dallo stesso D’Ammassa), ho trovato le parole del Sottosegretario Levi pronunciate poco prima del varo delle nuove regole. E si riferisce espressamente ed esclusivamente alle “rassegne stampa”. E un blog, normalmente, e’ ben diverso da una rassegna stampa.
Le parole di un Sottosegretario, pur “padre” della norma, non possono definirsi, “interpretazione autentica”, ma, comunque, possono dare un’indicazione di una certa… certezza (scusate il bisticcio).
Ma c’e’ di piu’. Diamo un’occhiata anche all’art. 70 lda che si riferisce a comunicazioni, riproduzioni (parziali) o citazioni a determinati fini. Eccolo.
2. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento, il quale fissa la modalità per la determinazione dell’equo compenso.
3. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta.
Da qui, occorre ragionare caso per caso per vedere se il compenso e’ applicabile o meno. Ritengo che, nella stragrande maggioranza dei casi, un blog citi per i fini indicati da quest’ultima norma e che, dunque, non debba pagare.
La soluzione sembra sin troppo facile o, almeno, ci sono tanti puntelli. Tanto rumore per nulla come dice Gianluca? Non so… mi, gli, ci ricordo quanto accaduto all’indomani della l. 61/2001 sui prodotti editoriali. Noi possiamo proporre un’interpretazione ragionevole, ma, nella non perfetta chiarezza della legge, non possiamo scommettere che altri la pensino come noi e che non applichino le regole in un determinato modo. Forse, la conversione del decreto potra’ essere l’occasione propizia per i chiarimenti del caso.