La questione dei lavavetri di Firenze è diventata puramente politica. E ci sono fondate ragioni perché, secondo me, è giusto che un problema di sicurezza sia gestito a livello centrale anche se, come sempre, non entro nel merito del singolo caso.
Ritornerò a breve sul punto, intanto occupiamoci sempre dei titoloni dei giornali che parlano di lavavetri “arrestati”. Sfido chiunque a provare che qualcuno di questi signori sia stato arrestato (in flagranza o quasi) dopo l’ordinanza del Sindaco di Firenze ed in conseguenza di essa. Non è possibile semplicemente perché l’unico reato che si può eventualmente contestare a chi violi detta ordinanza è quello di cui all’art. 650 c.p. Che è una contravvenzione e per le contravvenzioni non è previsto l’arresto. L’arresto di cui si parla (senza sapere di cosa si tratti) è la pena detentiva prevista alternativamente a quella pecuniaria (che si chiama ammenda). Se, poi, la pena dovesse andare definitiva, ovviamente è un discorso diverso.
Ma torniamo al reato espressamente richiamato dall’ordinanza (ma non ce n’era bisogno). Ecco cosa dice l’art. 650 c.p.: “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.
Si dice che i Sindaci non possono prevedere ipotesi penali perché ciò spetta allo Stato. E’ vero, c’è una riserva di legge (statale). Peccato, però, che il “buco” stia proprio nella legge dello Stato. L’art. 650 c.p. è la più classica delle norme penali “in bianco” che si può riempire con ordini di autorità non statali. Esiste da sempre, è criticata da sempre, è applicata da sempre. Soltanto ora ci si accorge che è il cavallo di troia per far legiferare, in penale, soggetti diversi dallo Stato. Basta una ragione prevista dalla norma e il gioco è fatto.