La sentenza di appello sul caso Vierika

Ictlex pubblica la sentenza resa in appello sul caso “Vierika”, prima causa italiana per malware (quella di primo grado è QUI).
Sunto:
– per la Corte bolognese, la diffusione di in malware (worm) rimane sempre accesso abusivo ex art. 615-ter c.p. in quanto il programma è stato creato proprio per intrufolarsi nel sistema altrui;
– nel caso concreto, i Giudice felsinei hanno accertato che il worm non ha causato un danneggiamento (inteso anche come modificazione, aggiungo “apprezzabile”) dei sistemi; ne consegue che non sussiste la relativa aggravante e, pertanto, in assenza di querela occorre dichiarare il “non doversi procedere”;
– Vierika ha, comunque, determinato un’alterazione dei sistemi; pertanto, resta ferma la rilevanza della seconda imputazione, cioè quella corrispondente all’art. 615-quinques c.p.
Io sono un po’ perplesso, forse per “bastianite contraria”.
Mi pare che la Corte di Appello non abbia preso nella dovuta considerazione il bene protetto dall’art. 615-ter c.p. e, comunque, la condotta tipizzata dalla norma.
Sull’aggravante di quest’ultima e l’art. 615-quinques, poi, c’è un po’ una contraddizione. Non vedo una grossa differenza tra “modificazione informatica” e “alterazione”.
Approfondirò, approfondiremo.

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10 Responses to La sentenza di appello sul caso Vierika

  1. Stefano says:

    Beh, l’ho trovata interessante e, soprattutto, del tutto difforme dalle varie “analisi” del caso. Al tempo del processo di primo grado stavo dando la tesi (proprio a Bologna) e ho assistito a vari momenti del dibattimento: da quando il teste mazzaraco è stato cortesemente invitato a terminare la sua deposizione in quanto non competente (incalzato dall’Avv Monti), a quando lo stesso Avv Monti ha controesaminato Forte, che tenne davvero bene il confronto (secondo me è stato in quel momento che il processo si è deciso a favore dell’accusa) più altri momenti di sicuro interesse. Direi che l’unica reale mancanza di tutto l’impianto è stata l’assenza di querele di parte, altrimenti anche l’altra contestazione sarebbe stata confermata a mio parere. Comunque un caso molto interessante.

  2. Antonio Ferri says:

    Si, ricordo anche io tutto il processo. Leggendo le due sentenze salta innanzitutto all’occhio una differenza tra i nomi delle persone che hanno (nel bene o nel male) effettivamente partecipato all’indagine e chi, invece, ha costruito una carriera su una presenza inesistente. Comunque, non è la prima volta, in quel periodo, in cui la “parola” della Polizia Giudiziaria viene presa per oro colato. In questo caso il lavoro era stato ben fatto, ma ho assistito clienti per pedofilia in cui l’identificazione era stata sbagliata!

  3. Daniele says:

    Ah… io devo dire che sono un po’ amico di tutte le persone menzionate. E, ancora oggi pomeriggio, ho parlato al telefono con uno dei protagonisti. Non facile, per me, distinguere le cose, anche perche’ non conosco gli atti processuali, dovendomi limitare alla critica strettamente e astrattamente giuridica.

  4. Antonio Ferri says:

    Apprezzo la Sua diplomazia 🙂 ma sono sicuro che lei conosce i fatti e troverà altrettanto singolare che nella lista dei testi manca qualcuno all’appello che ha sempre affermato di aver fatto parte del team. @stefano: Comunque ricordo anche io l’episodio del teste mazzaraco, non è stato proprio il top. Comunque io ho trovato la sentenza estremamente condivisibile. Sarebbe interessante leggere opinioni diverse.

  5. Daniele says:

    Non conosco tutti i fatti. Ieri, ho saputo qualcosa di piu’ da una persona – diciamo cosi’ – molto coinvolta (non l’imputato). Ma non ho mai realmente approfondito.
    Comunque, si’, anch’io ho assistito a tanti errori nei processi che ho trattato. Qualche volta mi e’ andata bene.
    Nel caso bolognese, mi hanno detto che non sono stati rispettate al massimo le migliori regole della forensic. Ma devo anche dire che, da quel processo, molto e’ stato fatto.
    Vedremo al prossimo caso di cronaca.

  6. Daniele says:

    @Antonio Ferri
    Si’, in parte e’ diplomazia, in parte e’ anche rispetto per una realta’ che non conosco bene e in prima persona.
    Sono amico di molte delle persone coinvolte. Alcune mi hanno raccontato qualcosa, altre no. Non mi sento di procedere ad una critica sulla base di questi dati parziali.
    Sulla critica giuridica, forse domani esce qualcosa… se ce la faccio 😉
    Stay tuned.

  7. Antonio Ferri says:

    Si, capisco cosa vuole dire: sulle “tecniche di digital forensics” utiilzzate a quel tempo,. E’una cosa che anche la difesa ha cercato di portare come scusa. Peccato che il caso è del 2001, quando non esistevano le “tecniche” di cui tutti parlano e si riempiono la bocca. La prima practice riconosciuta a livello scientifico è la RFC3227 del 2002. Secondo me è invece è stato fatto fin troppo. Molte delle tecniche usate, inoltre, sono riprese da documenti del 2007 a proposito delle copie logiche e e vengono di base riprese anche dalla convenzione di budapest. Non mi interessa del caso Vierika in quanto tale, ma sorrido solo a vedere tante persone parlarne quando, mi sembra di capire, a quel tempo erano ancora a scuola :)- Attendo trepidante il suo commmento giuridico!

  8. Daniele says:

    No, non penso fosse una scusa. Al di la’ delle linee del 2002, ai tempi se ne parlava gia’ un po’. Comunque, sarebbe stata una cosa quanto meno di buon senso.
    D’altro canto, non penso che la nsotra ratifica di Budapest abbia detto molto. Sotto il profilo giuridico, mancano sanzioni processuali. E non e’ poco…
    Quanto al commento… sto facendo una memoria per una cosa *ordinaria*… Non so se ce la faccio per stasera…

  9. Stefano says:

    @antonio ferri e DM. Preso dalla curiosità, e armato di sfacciataggine, ho contattato direttamente uno che conosce realmente il caso. E’ stato molto gentile e, sorridendo, mi ha detto una cosa sulla quale concordo: Le attività di tipo tecnico si effettuano secondo lo stato dell’arte “vigente” nel periodo storico in cui si opera. Si tratta delle basi di tutte le discipline forensi. Un caso può essere riaperto se insorgono nuove tecniche per verificare ricostruzioni alternative, ma non ha senso nel caso Vierika, visto che in quel caso è stato l’indagato a fornire tutte le informazioni e i dati richiesti, come del resto richiedeva il decreto di perquisizione del magistrato. E’ illogico contestare un atto portando a supporto della tesi difensiva un protocollo di tre anni dopo. Sarebbe come dire che un’auto a carburatori del 1970 avrebbe dovuto essere un’euro 5…” Quello che però mi ha meravigliato è stata la sua reazione quando gli ho fatto dei nomi di persone che affermano di aver partecipato al lavoro. La sua risposta è stata: ?!???
    Cmq sto scrivendo un articolo su questa storia, se per voi non è un problema ve lo mando. Ciao

  10. Daniele says:

    Eh… non per fare il furbone, eh… Ma devo confermare che io ho notizie soltanto *per sentito dire*. Mi fido, ma la mia fonte e’ sempre e soltanto quella.
    Dunque, non traggo e non trarro’ conseguenze su questo punto. Personalmente, approfondiro’ soltanto i temi di cui ho accennato nel post. Penso che, da quello che emerge dalla sentenza, si possa astrarre.
    Quanto ai soggetti coinvolti, quelli che me l’hanno detto si sono confermati interessati al caso. Peraltro, di Dario Forte l’ho saputo soltanto negli ultimi giorni (e mi e’ stato confermato ieri per telefono da altra persona che sicuramente sa). Forse mi era sfuggito.
    Insomma, io non posso dire nulla, ma se qualcuno sa, fa bene a parlarne. Ci guadagnamo tutti.
    Personalmente – e non per leccare – Andrea Monti, Dario Forte e Beppe Mazzaraco rimangono miei amici di conoscenza personale. E al di la’ dei battibecchi processuali (ai quali non ho assistito) la loro qualita’ di amici rimane integra.

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