Come ho chiarito nell’aggiornamento al post precedente, un utente Internet può considerarsi persona che ha diritto alla restituzione di un sito “sequestrato”, dunque legittimato a proporre istanza di riesame.
Beh, potrà sembrare una cosa bizzarra, ma, secondo me, non meno di un sequestro preventivo mediante blocco di connessione.
Ho scritto una richiesta formale che vorrei mettere a disposizione di tutti, liberamente e gratuitamente. Ma mi mancano dati importanti del decreto inviato agli ISP.
Ve ne chiedo una copia, per email o al fax 010-91631154. Chi mi aiuta? Tenete presente che, a mio avviso, i termini scadono lunedì (dieci giorni dalla data dell’articolo di Punto Informatico).
Fate girare, danke.
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Premetto che quando facevo penale c’erano ancora le Preture e i Mulini erano bianchi e quindi oggi potrebbe essere cambiato tutto.
Fatta la doverosa premessa, mi risulta che il sequestro preventivo possa colpire solo una res, un bene materiale. Certo, esistono eccezioni previste da norme specifiche in materia di criminalità organizzata, ma, in quanto eccezioni, non possono essere oggetto di applicazione analogica.
Quando comunemente si dice che un sito è stato sequestrato, si semplifica: il sito è immateriale, è un mucchio di bit memorizzati su un server e non può essere sequestrato. E’ lo stesso concetto che impedisce la contestazione del reato di ricettazione a chi acquista software piratato (senza contare il discorso del bollino :)).
Tornando al sito, quello che si sequestra veramente, il bene materiale, è la macchina, il server.
Il sequestro preventivo, per sua natura, incide sulla sfera giuridica dell’indagato. Può anche incidere sulla sfera giuridica di soggetti terzi rispetto al procedimento penale e, infatti, il legislatore ha incluso nella sfera dei legittimati a chiedere il riesame “la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione”, qualora queste siano diverse dall’imputato/indagato (che è, col suo difensore, sempre legittimato). Il tenore dell’art. 322 c.p.p., ancora una volta, ribadisce che abbiamo a che fare con beni materiali.
Nel caso in esame, le peculiarità (chiamiamole così) sono:
1) non è stato sequestrato nessuno dei beni materiali a cui fa riferimento l’art. 321 c.p.p.
2) gli effetti del sequestro incidono sulla sfera giuridica di tutti (provider, utenti), ma non su quella dell’indagato, che continua a disporre liberamente del suo sito, ritenuto illegale dal magistrato.
Se non ho detto castronerie, e se quanto sopra regge dal punto di vista argomentativo, un’eventuale impugnazione del decreto di “sequestro” da parte di un utente Internet non può reggere, in quanto affetta dal medesimo vizio logico del decreto citato. Se è vero che possono essere sequestrati, ex art. 321 c.p.p., solo beni materiali, è altrettanto vero che, imputato/indagato a parte, il provvedimento può essere impugnato solo da chi può vantare qualche diritto sulla cosa materiale oggetto del sequestro o, quantomeno, un rapporto di fatto con la medesima. Parliamo di proprietà (o altri diritti reali), possesso e, probabilmente, detenzione.
Se il sito Internet non è un bene materiale, anche qualora gli utenti possano vantare un qualche diritto a vederselo “restituito” (e neppure questo è scontato), saremmo comunque al di fuori dell’art. 322.
Facciamo un esempio pratico relativo a quello che viene definito “mondo reale”, contrapposto al “mondo virtuale” di Internet (lo so, è una contrapposizione fittizia): nel corso di un’indagine per spaccio di stupefacenti viene sequestrato, ex art. 321 c.p.p., l’appartamento in cui si verificava la condotta crimonosa.
Chi è legittimato a rivolgersi al tribunale del riesame?
1) l’indagato o il suo difensore
2) l’eventuale proprietario dell’appartamento che aveva locato lo stesso all’indagato, magari senza sapere della sua attività.
Il frequentatore abituale, anche per motivi estranei alla condotta criminosa dell’indagato, dell’appartamento, non ha invece alcun titolo. Ecco, l’utente Internet che non riesce ad accedere al sito sequestrato, a mio avviso si trova nella medesima condizione del frequentatore abituale dell’appartamento di cui sopra.
La posizione dei provider è un po’ più qualificata: a causa del sequestro hanno, in qualche misura, perso il pieno controllo dei propri apparati (router, server DNS, firewall) e, almeno quelli, sono cose cioè beni materiali, ma dubito che ciò sia sufficiente ai fini del riesame.
Just my 2 (euro)cents.