(da ZeusNews del 26 marzo 2011)
L’esercizio del diritto di cronaca online prevale rispetto alla riservatezza del singolo soltanto se a termine. Scaduto quest’ultimo, deve ritenersi illecito.
E’ questa, secondo una mia estrema sintesi, la conclusione del Tribunale di Ortona in una vicenda segnalatami da un amico (ma vedo che la Rete è già in subbuglio).
Primadanoi è un quotidiano online molto noto in ambito abruzzese. Anni fa, aveva pubblicato la notizia degli arresti domiciliari imposti a due coniugi per fatti di presunta tentata estorsione.
Successivamente, i coniugi erano stati scagionati e gli atti archiviati. Puntualmente (ma sappiamo tutti che non succede spesso), il quotidiano ha provveduto diligentemente ad integrare quello stesso articolo con la notizia dell’archiviazione e, addirittura, con l’annuncio, fatto dal legale dei due, della richiesta di un risarcimento per l’ingiusta detenzione patita.
Beh, ai coniugi pare non sia bastato. Dopo essersi rivolti al Garante (il quale ha ritenuto la liceità del comportamento del quotidiano), i due hanno provato anche la carta della giustizia ordinaria (civile), ottenendo soddisfazione: risarcimento, cancellazione dell’articolo, vittoria di spese legali.
Giuridicamente, il punto è il bilanciamento tra diritto di cronaca (sotto il profilo del trattamento di dati personali per scopi giornalistici) e diritto all’oblio che, in effetti, in Internet si fa particolarmente sentito.
Lo sanno bene a livello europeo dove proprio in questo’ultimo periodo si è iniziato a parlarne con maggiore concretezza, ma già dal 2009 c’è una proposta di legge presentata alla Camera (e che va proprio ad intervenire tra l’altro, proprio sull’art. 11 d.lgs. 196/2003, v. sotto).
Attualmente, tutto potrebbe ruotare intorno agli artt. 11 e 25 d.lgs. 196/2003 (proprio quelli menzionati dal tribunale di Ortona) secondo cui, in buona sostanza, le attività di comunicazione e diffusione dei dati sono lecite soltanto entro un certo limite temporale (non rigidamente specificato, ma correlato alle finalità). Tuttavia è chiaro che si tratta soltanto di un abbozzo di un diritto all’oblio e che, anche in considerazione della legge in fieri, il giudice abruzzese potrebbe essere andato oltre, per giunta enunciando un principio che, se dovesse consolidarsi, metterebbe in crisi non poche attività telematiche.
Di certo, per una realtà che non può essere paragonata, così semplicemente, alla carta stampata, occorrerebbero norme più chiare e ad hoc.
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