Utilizzare Facebook sul posto di lavoro può condurre ad un procedimento penale per peculato e abuso d’ufficio? Se si tratta di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio (figure normalmente – ma non esclusivamente – tipiche del pubblico impiego), la Procura di Forlì-Cesena risponde affermativamente. Lo riferisce il Resto del Carlino (che pone l’enfasi soprattutto sul social network, ma il problema è generalizzato) e la notizia si sta già propagando in Rete.
Personalmente, ho qualche perplessità. Non è la prima volta che per l’abuso di strumenti informatici, specie se collegati ad Internet, si ipotizza il peculato. Infatti, si conosce almeno un precedente di Cassazione abbastanza noto.
Il fatto è che, come dice la sentenza citata, per il reato in esame occorre verificare la sussistenza di un danno che però, come sappiamo, in presenza di utenze “flat” non è calcolabile.
Fermo restando che, come tengo sempre a dire, sulla scorta di un articolo giornalistico non si traggono conclusioni giuridiche. In più, da un caso concreto non si trae necessariamente un principio.
Prudenza, dunque.
Perché nel caso di una connessione con tariffa flat il danno non dovrebbe essere calcolabile? E’ vero che non pagando a byte non posso calcolare direttamente il costo sopportato ma è altrettanto vero che potrei aver dovuto ampliare la banda a causa dell’abuso della stessa. Alcune aziende spendono in sistemi di ottimizzazione dell’uso della banda perché non possono procedere all’aumento della stessa banda.
Forse non è banalmente calcolabile ma è sicuramente un danno dimostrabile con un minimo di analisi dell’utilizzo della banda stessa…
Commento al volo senza pretesa di verità! 🙂
Ciao, Francesco aka Quasidot.
In effetti potrebbe essere, ma penso sia un caso relativamente raro, dubito si verifichi nel pubblico.
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