Il periodo di protezione del diritto d’autore NON passa da 50 a 70 anni, malgrado quanto superficialmente sostenuto da molte fonti, forse anche per l’accostamento al termine “copyright” che, appunto, non è mera traduzione del nostro “diritto d’autore”.
Le cose stanno un po’ diversamente e credo che l’opinione pubblica debba essere informata correttamente affinché possa valutare in modo equilibrato.
Spero di essere chiaro, con poche parole.
Il diritto d’autore è, appunto, il diritto dell’autore di un’opera dell’ingegno: Salvador Dalì, Gabriele D’Annunzio, Lucio Battisti, Mogol, Robert Mapplethorpe erano/sono autori (pittori-scultori, scrittori-poeti, musicisti, “parolieri”, fotografi).
Più di recente, con la possibilità di “fissare” certe opere (si pensi al disco, ma anche alla pellicola fotografia o cinematografica), si è intesa tutelare anche una serie di diritti diversi (“connessi”), vale a dire quelli dei produttori nonché degli artisti interpreti ed esecutori: Trevor Horn (quando non canta o suona il basso), Pavarotti, Mina, giusto per fare qualche esempio. I diritti di questi soggetti sono disciplinati dagli artt. 72 e ss. l. 633/41.
I due casi sono ben distinti. La creazione dell’opera origina il diritto dell’autore, mentre altre attività come produzione, interpretazione ed esecuzione hanno portato al riconoscimento dei diritti connessi, conquista realizzata pienamente soltanto di recente per il nostro ordinamento che, si badi bene, non giova soltanto ai “divi” che hanno caldeggiato la riforma, ma anche a tutta quella “manovalanza” spesso invisibile eppure fondamentale anche per l’apporto artistico dato all’opera finale.
I diritti di sfruttamento patrimoniale riservati ali autori avevano già una durata pari a 70 anni (dalla morte dell’autore – questo termine è stato introdotto nel 1996), mentre per quelli connessi ci si fermava a 50 anni dalla fissazione dell’opera (ovviamente, mi riferisco alla regola, anche se ci sono alcune piccole varianti).
L’Unione Europea, con l’approvazione – pur non unanime – di un’apposita Direttiva, ha, dunque, voluto allungare questo termine garantendo, in ultima istanza, compensi a produttori, interpreti ed esecutori – delle sole registrazioni musicali (e non delle altre opere) – per ulteriori 20 anni.
QUI il testo approvato ma non ancora pubblicato. Di seguito una fondamentale motivazione data alla riforma sulla quale discutere
Performers generally start their careers young and the current term of protection of 50 years often does not protect their performances for their entire lifetime. Therefore, some performers face an income gap at the end of their lifetimes. They are also often not able to rely on their rights to prevent or restrict objectionable uses of their performances that may occur during their lifetimes
la motivazione non mi convince. La preoccupazione per gli interpreti ed esecutori mi sembra uno specchietto per le allodole. In effetti il vero titolare dei diritti connessi è il produttore del fonogramma (infatti la legge attribuisce al produttore il diritto di riscuotere i compensi anche per interpreti ed esecutori, che per legge non possono esigerli se non tramite il produttore). Aggiungiamo che di regola i diritti connessi vengono assai spesso direttamente ceduti al produttore come parte del contratto di produzione,
Di fatto è un’ulteriore rafforzamento della posizione dei produttori, che rafforzano il loro potere di controllo delle opere di autori, interpreti ed esecutori che ‘producono’ (di solito dietro compenso…).
http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=News&IDNews=5461
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