Sono proprio giorni caldi, anche per il diritto. Proprio oggi, in Commissione, si sono discussi i vari (troppi) disegni di legge sulla diffamazione.
Tra proposte e relativi emendamenti, sta nascendo un mostro.
Leggo il resoconto di Repubblica. Mi preoccupa subito il tintinnare di manette, ma, poi, mi soffermo sugli emendamenti presentati da Mariastella Gelmini, riassunti in questa frase del giornale
Ci sono poi una serie di emendamenti a firma della vice presidente del Pdl, Mariastella Gelmini, che potrebbero essere ribattezzate anti-Facebook o anti-Twitter. Gelmini infatti pensa di cambiare l’articolo 594 del codice penale sull’ingiuria inserendo, tra i mezzi attraverso i quali il reato viene commesso anche “la comunicazione telematica”, quindi qualsiasi scritto on line. Nella proposta le pene sono aumentate “qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone”, caso tipico delle piazze virtuali dei social network.
Non capisco, qui qualcuno ha preso una cantonata colossale. Le proposte della Gelmini esistono realmente e sono di quel tenore, ma:
– le norme dell’ingiuria sono già pacificamente applicabili (e applicate) alla telematica, compresi i social, anche senza quella specificazione;
– l’art. 594 c.p. prevede già l’aggravante della presenza di più persone; personalmente, però, non l’ho mai vista applicare in un contesto di social network, anche perché potrebbero sorgere non pochi problemi nel riconoscere una presenza “virtuale”, non fisica.
Ergo: non esiste alcun emendamento anti-Facebook o anti-Twitter se non, evidentemente, nella fervida fantasia di chi ha scritto l’articolo.
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